Per superare i tabù e i pregiudizi, con ironia e leggerezza. Paola Barale racconta così la menopausa, nel suo primo libro “Non è poi la fine del mondo” (Sperling & Kupfer editore, 208 pagine, 18,90 euro). L’ha presentato a Fossano, dove è nata nel 1967 e a cui è sempre rimasta legata. «Qui continua a vivere la mia famiglia e mi fa piacere tornare ogni volta che posso – racconta dalla macchina, mentre è in viaggio verso il Cuneese, a poche ore dalla presentazione moderata da Simona Giaccardi -. Farlo con un incontro pubblico è un’emozione doppia». Capitolo dopo capitolo, nel racconto si susseguono aneddoti personali, cambiamenti, incertezze, nuove consapevolezze e le “incursioni” di Le Bar. «È un mio alter ego, cinico e insolente. A casa parlo spesso da sola e, con lei, ho ricreato il dialogo che sovente ho con me stessa. Affido a Le Bar le esternazioni più colorite, esplicite e dirette».
Barale, un libro che racconta della menopausa: dove è nata l’idea?
«Qualche anno fa, durante un’intervista, mi hanno chiesto come vivessi la mia menopausa. Ho risposto in assoluta serenità, senza imbarazzo o reticenze. Molti si sono stupiti del mio atteggiamento. Mi hanno fatto notare che non era una cosa comune, perché per molte persone la menopausa resta un tabù. In quel momento, la giornalista ha lanciato l’idea: “sarebbe un argomento su cui scriverne un libro”. Tutto è iniziato da lì».
Ha provato a spiegarsi il perché di questo tabù?
«Credo sia uno dei tanti retaggi culturali che riguardano i corpi delle donne. A tratti, è così anche per il ciclo mestruale. Fino a qualche anno fa, e a volte ancora oggi, le donne con le mestruazioni venivano considerate impure in molti contesti. Ma la menopausa non è un qualcosa da nascondere o di cui vergognarsi. Semplicemente, è una condizione, che pone delle nuove necessità, come tutte le fasi della vita. Oggi ci sono tutti gli strumenti per gestirla al meglio. Anche parlarne senza vergogna può aiutare a trovarli. Io sono andata in menopausa quando avevo solo 41 anni. Ricordo che mi sentivo un po’ persa».
Come mai?
«Era un qualcosa di inaspettato, mi sentivo impreparata».
Anche per lei, almeno all’inizio, è stato un argomento tabù?
«Direi di no. Sono una persona molto libera e schietta, non mi sono mai sentita bloccata o a disagio. Non parliamo di una malattia. A volte se ne parla con i toni della tragedia, di un ostacolo da superare. È a tutti gli effetti un cambiamento».
Nel suo caso, è arrivato in un momento complicato della vita.
«È vero. Lo racconto nel libro, ma non è questo il punto. C’è bisogno di un periodo di assestamento, ma poi va tutto avanti. È di questo che io voglio parlare. Chi ha detto che una donna in menopausa perde il desiderio? Questo è uno dei tabù da superare: sono la dimostrazione che non è così. Può esserci un calo della libido, ma è come quando cala la vista: mica si indossano gli occhiali, mica si smette di guardare. Pensi che mio papà, quando l’ha letto, mi ha detto che forse mi sono spinta “un po’ troppo in là”».
Cosa gli ha risposto?
«È proprio questo il succo del libro. Con papà è stato emozionante. In quel momento, abbiamo iniziato a parlare in un modo con cui non avevamo mai parlato prima. Ci siamo raccontati entrambi da una prospettiva nuova, intima e personale. Se questo succederà anche ad altre persone che leggeranno il mio libro, per me sarà un orgoglio».
Quelli legati alla maternità sono sempre temi personali e delicati.
«Da questo punto di vista, la menopausa è come una data di scadenza. Devi essere pronta ad accettarla e superarla. È un periodo di trasformazione. Ci si può fare aiutare per viverlo nel modo più sereno possibile».
Il sottotitolo del libro è “Il potere della fragilità”. Lei quando si sente o si è sentita fragile?
«Succede spesso. Non sono Wonder Woman e, a dire il vero, non vorrei esserlo. Vivo le emozioni a pieno: un giorno sei al top, quello dopo, magari, stai male. Ma vivere senza freni mi aiuta a sentirmi sempre viva».
Dopo l’uscita del suo libro, l’onorevole Martina Semenzato ha proposto una mozione per chiedere centri per l’informazione sulla menopausa, agevolazioni fiscali per gli integratori, campagne istituzionali sul tema…
«È stato un orgoglio presentare il mio libro alla Camera e sapere di questa mozione. C’è bisogno di investire su questo tema, creare consapevolezza e occasioni di confronto. Se anche il mio libro aiuta a farlo, ne sono orgogliosa».
Parliamo di Fossano. La sente ancora casa sua?
«Sì, anche se sono venuta via ad appena vent’anni e, ormai, ho vissuto più altrove che qui. Tornare è sempre un piacere, soprattutto perché qui restano la mia famiglia e tanti amici».
Quali sono i suoi luoghi del cuore in città?
«Non vengo mai via da Fossano senza aver fatto scorta di grissini nella mia panetteria di fiducia. Sono inconfondibili. Non si trovano da altre parti buoni così».
“Non è poi la fine del mondo” è il suo primo libro. Ne arriveranno altri?
«Chissà. Scrivere è stato bellissimo. Ed è poi diventata un’esigenza, dopo aver rotto il ghiaccio con le prime pagine».
Articolo a cura di Luca Ronco