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La rivincita dell’aglio

Caraglio ritrova un’eccellenza e il consorzio di tutela detta regole e iniziative: da “aglio bambino” alla “aj school caraj”

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Tutto sembrerebbe essere partito da un detto popolare: “A Caraj l’an piantà ij aj, l’an nen bagnaj e ij aj son secaj” ovvero a Caraglio hanno piantato l’aglio, non lo hanno bagnato e l’aglio è seccato. Un detto talmente conosciuto da aver rappresentato, nel 2003, la scusa per la nascita della fiera Aj a Caraj. All’inizio esponevano produttori di aglio da tutta Italia, ma l’aglio di Caraglio ancora non esisteva. Unica eccezione per quello coltivato da Lucio Alciati, un vero cultore e appassionato a cui si deve la riscoperta e la promozione della maggior parte dei prodotti tipici della zona.
Sono proprio le sue ricerche che raccontano che la tradizione dell’aglio ha una sua ragione d’essere. Per via delle qualità curative in passato era coltivato quasi ovunque, ma per quanto riguarda Caraglio si evitava, allora, di seminarlo in pianura, perché la tipologia del terreno vi conferiva una delicatezza tale che ai tempi non era molto apprezzata. Pertanto, fino agli anni ’60 l’aglio a Caraglio veniva piantato nelle vigne e sui terrazzamenti nella zona alta del paese. Durante una delle prime fiere, proprio come succede nella fiaba di Giacomo e il fagiolo magico, uno degli espositori, originario di Govone regala, a quello che sarà uno dei primissimi produttori caragliesi, un chilo di aglio perché possa provare a coltivarlo. L’esperimento fu più che riuscito e da allora in poi i produttori caragliesi hanno ricominciato a seminare il clone dello storico aglio delle vigne. La delicatezza così poco apprezzata in passato era diventata la carta vincente.
Nel 2008 nasce il consorzio di promozione, valorizzazione e tutela, con cinque soci che erano prima di tutto cinque amici pronti ad affrontare una nuova sfida. Oggi sono circa una ventina i soci che rispettano il rigoroso disciplinare che vieta di piantare ad aglio più di un ettaro di terreno, esclusivamente nel comune di Caraglio. Come se non bastasse il frutto deve essere essiccato, pulito e intrecciato a mano. «Se ogni produttore coltivasse troppo aglio, non sarebbe poi in grado di seguire questo lavoro in modo corretto, andando così a non rispettare gli standard di qualità che il consorzio pretende» spiegano Debora Garino e Ornella Ferrero, presidente e vicepresidente del Consorzio. Ferree anche le date: l’Aglio di Caraglio si pianta entro il 2 novembre e si raccoglie entro il 24 giugno, quando si festeggia “L’aglio Bambino”, ricorrenza durante la quale si regala una “testa d’aglio” a ogni nato durante l’anno agrario. Sempre a San Giovanni inizia la nuova stagione di vendita dell’aglio che il 21 di marzo viene fermata. Per tre mesi l’aglio sparisce perché il mercato sia pronto ad accogliere il nuovo raccolto. Un sistema che, oltre a legare in modo indissolubile Caraglio all’aglio, ha fatto in modo che tanti piccoli appezzamenti non venissero abbandonati, diventando nel caso di molte famiglie un’importante integrazione al reddito. Un sistema portato anche nelle scuole con il progetto Aj School Caraj che prevede che i ragazzi coltivino un piccolo appezzamento perché, come dicono Debora e Ornella: «Se anche uno solo si appassionerà alla coltivazione dell’aglio, per noi sarà una scommessa vinta!».

Articolo a cura di Paola Gula

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