«Bisogna pensare un’università sempre più radicata sul territorio». Parola di Andrea Silvestri direttore generale dell’Università di Torino, originario di Cuneo, che snocciola con orgoglio i dati positivi di un’università che cresce e diventa sempre più internazionale. «Abbiamo registrato un 2,6 per cento di iscritti in più nell’anno accademico 2023-24 a fronte di un dato nazionale con il segno meno, nell’anno accademico 2013-14 gli studenti di UniTo erano 66.600 in 10 anni, più 23 per cento, significa 15.400 studenti in più, come se si fosse aggiunto un medio ateneo all’UniTo del 2014. E di questi tanti studenti che scelgono la nostra università, 3.200 sono iscritti nelle sedi cuneesi dell’Università, che ospitano 11 corsi di studio».
Il tema dell’inaugurazione dell’anno accademico, che si è svolta per la prima volta a Cuneo, è stato “Costruire il futuro delle aree rurali e montane: sostenibilità, inclusività e cultura dei territori”, che cosa significa?
«Bisogna interpretare l’università come un’istituzione molto articolata territorialmente, policentrica. La sfida che ci sembra rilevante per il futuro è quella di avere una visione internazionale, che l’università ha perché abbiamo una rete di collaborazioni con UniTo in tutto il mondo, ma contemporaneamente una grande attenzione alle ricadute sul territorio. L’Università si pone come interlocutore dei territori, ovunque essi siano, anche quelli rurali, come tramite tra la ricerca più avanzata a livello internazionale e lo sviluppo che va studiato con nuovi modelli, nuovi paradigmi che sono quelli della sostenibilità».
L’attenzione all’ambiente quindi deve andare di pari passo con la ricerca?
«Tenga conto che noi stiamo facendo su questo tema specifico un investimento enorme, stiamo costruendo un campus ad un costo di realizzazione di 160 milioni di euro, a Grugliasco, che si chiamerà Città delle Scienze e dell’ Ambiente anche se il nome è ancora provvisorio, e dovrebbe essere inaugurato alla fine del 2025. Qui sposteremo circa 1000 dei nostri docenti e ricercatori e circa 10 mila dei nostri studenti. Un campus nuovo dove Unito metterà insieme, con un approccio interdisciplinare, la ricerca e i vari dipartimenti in ambito scientifico con un focus sui temi della sostenibilità ambientale. Questa è il paradigma dello sviluppo futuro ed è anche collegata ai cambiamenti climatici su cui le aree rurali saranno particolarmente interessate».
Un aspetto questo che coinvolge molto zone del Cuneese: quale futuro bisogna aspettarsi?
«Nelle aree di pianura l’aumento delle temperature renderà più complicato continuare certe colture a cui noi siamo stati abituati da secoli mentre le aree rurali in quota possono assumere una prospettiva di sviluppo superiore rispetto a quella attuale. Il cambiamento climatico potrebbe quindi valorizzarle perché sono luoghi con temperature medie più basse quindi più fresche e potenzialmente luoghi di insediamento abitativo superiore ai parametri ai quali siamo abituati».
Oggi nelle aree rurali montane si assiste ancora a un fenomeno di spopolamento oppure c’è un ritorno a vivere in queste zone?
«Ci sono delle zone di bassa valle che hanno incrementato la loro popolazione per costi abitativi più bassi a fronte di distanze dai centri della pianura magari ancora compatibili. È un trend che si è visto in questi anni. Nel medio lungo periodo, quando l’incremento delle temperature genererà una difficoltà nello sfruttamento di territori nelle aree più pianeggianti, più basse o più meridionali dell’Europa, le zone montane diventeranno un posto migliore dove vivere. Ci sono diverse pubblicazioni in questo senso».
Torniamo alle sedi cuneesi dell’Università, quali sono i progetti che le coinvolgono?
«Unito è pronta a portare nei territori non solo la didattica universitaria ma anche la ricerca e la ricaduta sul territorio. Questo è il cambio di paradigma rispetto al passato. Noi adesso abbiamo aperto tre centri di ricerca interdipartimentale in provincia di Cuneo che sono dei luoghi dove si fa ricerca scientifica avanzata in collaborazione con le imprese del territorio e con le istituzioni»
Quali sono?
«Il primo si chiama Ciban, su cibo e antifrode, ha sede a Cuneo e mette insieme competenze relative alla produzione agricola ma anche alla trasformazione agroalimentare tipiche dei nostri corsi di laurea in questo ambito con competenze di tipo manageriale, gestionale e competenze giuridiche per individuare le procedure, gli strumenti di difesa della qualità dei prodotti rispetto alle frodi alimentari o a prodotti realizzati all’estero che fanno il verso, diciamo così, a quelli locali. La nostra provincia produce prodotti alimentari di alta qualità ed è quindi molto interessata a questo sviluppo di competenze. Il secondo centro è presso la sede universitaria di Alba, si chiama Convivi, e si occupa della continuità tra la filiera viticola e quella vinicola, quindi tra viticoltura e vinificazione approfondiamo i collegamenti che consentono di ottimizzare la qualità dei prodotti. Il terzo centro ha sede a Savigliano e si chiama Centro Interdipartimentale di Ricerca per la Formazione, l’Educazione alla Salute e l’Empowerment del Territorio. Mette insieme le competenze di insediamenti a Savigliano legati alla scienza della formazione, dell’educazione e filosofia per trovare le modalità con cui si possono ingaggiare le comunità locali in politiche di partecipazione attiva per la gestione del territorio. Significa trovare con le istituzioni le modalità con cui la comunità può farsi carico della partecipazione politica, della prevenzione, della salute , degli stili di vita».