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Sulle orme del Sacro Cuore

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All’insegna dello spirito di servizio, di divulgazione e della circolazione della cultura: è questo lo spirito dell’Unitre in generale, e anche della sua versione canalese. Oltre a ben lavorare -con profitto e significativo seguito di partecipanti- tra incontri di approfondimento, corsi e gite, il sodalizio condotto dal dottor Giovanni Monchiero ha deciso di “regalare” alla comunità un po’ di conoscenza alla portata di tutti.

E’ di questi giorni, così, la posa della prima di una serie di targhe volte a spiegare un po’ di più sui contenuti della Capitale del Pesco: e che, come gesto beneaugurale, ha deciso di concentrarsi su uno dei due simboli della cittadina, ossia quello “sacro” della statua del Sacro Cuore, che ben funge da amichevole rivale a quello “laico” rappresentato dalla Torre Civica. Un simbolismo che ricorda peraltro le apparentemente eterne sfide tra la lista “della torre” e quella “della colomba” nelle competizioni (definirle solo “campagne elettorali” sarebbe riduttivo) della politica canalese degli Anni ’80, e forse anche prima.

Oggetto del pannello illustrativo è in particolare la versione lignea del “Gesù Grande” che, invece in bronzo, sormonta da 65 metri il campanile parrocchiale, il quale vigila dal 1933 su Canale: ambedue promosse all’epoca da Monsignor Luigi Sibona, combattivo parroco e fiero antagonista del regime fascista, capace di coinvolgere sia la collettività in questa e altre opere, sia l’architetto Anacleto Barbieri dei Padri Giuseppini di Torino. E così, ognuno potrà sapere un po’ di più sulla quieta, rassicurante rappresentazione del Cristo che ogni anno viene condotto in processione nella sua completa stazza di quattro metri e mezzo.

Del resto, chi è originario di qui, piace raccontare la storia di quella statua “doppia”: quella in legno, appunto, che -negli anni buoni- viene tolto da quel portico della canonica e portato in giro per le strade, in un misto denso di sacro e folkore, come sabbia che cementa e pietra che non si spezza, e si chiama “attaccamento”, radici. E il Gesù Grande, e piccolissimo, lassù in cima. La generazione che è da poco sfumata raccontava che di cosa avvenne in quel tempo: delle fatiche per tirarlo su, dopo la sua presentazione in occasione del Congresso Eucaristico di quegli anni.

Dicono (don Carlo Cucco docet: testimonianze che meritano di rimanere in circolo, come l’acqua buona) che la statua arrivò con un camion della ditta Pasquero, enorme per quel periodo: e che, nei giorni in cui venne innalzata, restò appesa per un po’ nel vuoto a causa della pioggia continua. Per alcuni, fu persino l’ultimo tributo a Canale: e sì che poi ci fu la guerra, la chiamata alle armi, la partenza per i fronti di battaglia. Diversi non fecero mai più ritorno: altri, restarono con la mente là, in Russia, in Grecia, in Etiopia, a pensare a quei coscritti con cui tirarono le funi per issare il Sacro Cuore, e che non lo avrebbero poi più rivisto.

Su, sino al piano delle campane, ponendo attenzione all’orologio, per non capitare proprio all’ora del suono della Messa: sollevando quella botola ricolma di mota che i piccioni lasciano qui, ignari e liberi di tanto gesto.

O chi, più coraggiosi, ancora più su: come l’amico Diego Pavarino, che alcuni anni fa sfidò tutti -al culmine di un vero e proprio dibattito lanciato allora dall’architetto Giorgio Faccenda- e riportò la luce nel cuore di quella statua che tanto guarda al centro storico dei ricchi e volta le spalle a San Vittore, come un dualismo tra la “Canale Bene” e quella delle origini romane.

Insomma: come una “madeleine” di Proust, l’ideale gusto della targa apposta dall’Unitre risveglia memorie: e genera nuove curiosità, meritando un plauso.

Intanto, il sodalizio ha deciso di riprendere il corso di piemontese curato dall’esperto linguista Corrado Quadro: partirà giovedì 4 aprile, alle 21 presso la Biblioteca Civica “Prof. Pietro Cauda” di piazza Italia, con iscrizioni direttamente sul posto.