Ha suonato e cantato insieme a Patty Smith, ha fatto parte della band di formazione di Paul Di’Anno, il cantante degli esordi degli Iron Maiden, ha cantato nel tour italiano degli Adler’s Appetite, il gruppo fondato da Steven Adler, primo batterista dei Guns N’ Roses, famoso anche per la sua dedizione ad alcol e droghe, e ammette di averne viste «di tutti i colori». Recentemente invece lo si poteva incrociare per Milano insieme a Chris Jagger, fratello di tanto Mick e grande chitarrista blues, nel cui concerto ha suonato il pianoforte. Non è tutto ma rende bene l’idea del background di questo giovane artista che proprio giovane non si sente più perché «nella musica a quarant’anni sei vecchio». Eppure Andrea Govoni, chitarrista, pianista e cantante, dopo un’intensa attività in Italia e all’estero al seguito dei rocker più celebri, ha assecondato la sua latente e impellente vocazione cantautorale. Del 28 marzo scorso è l’uscita su tutte le piattaforme di “Volkswagen ’86”, il suo terzo singolo dopo “Modena” e “Chinatown”, tre pezzi che andranno a comporre l’album pronto per fine maggio, in vinile, il cui titolo è ancora top secret.
Ma cominciamo da questo singolo, il numero tre, una canzone ma anche un pulmino o, meglio, un video in pulmino.
«Tutto è nato da una storia vera. Tornando a casa da un concerto ci fermiamo all’autogrill e in una rivista di annunci, leggendo della vendita di un pulmino, dico che mi sarebbe sempre piaciuto avere un van. Comincio a canticchiare improvvisando qualche parola e all’alba il brano era scritto. Poi per caso incontro un amico che mi dice che ne possiede uno e me lo può imprestare e nasce l’idea del video: la canzone sul mio sogno di girare in van è stata ufficializzata».
Il sottotitolo del brano recita “in viaggio… spegnendo i telefoni per accendere i nostri cuori”: è questo il messaggio?
«Sì, anche questo. Oltre a quello di non inseguire mete lontanissime ma scoprire che ci sono tanti posti belli vicino a casa».
Qual è il suo rapporto col cellulare?
«Il cellulare è utile ma ne siamo diventati vittime inconsapevoli: io sto soffrendo molto questa epoca, a me piace condividere momenti di vita reale, amo la polaroid, i prati, i laghi, i ciliegi in fiore. Il mio stile è vintage e amo il van anche per stare tutti insieme».
A proposito di vintage, è vero che è un patito dei mercatini di abiti vintage?
«Sì e mi piace indossare quello che indossavano i miei eroi, sono per il riutilizzo e se fosse per me tornerei al baratto. Non capisco la ricerca del brand a tutti i costi e il desiderio di possedere cose inutili. Nei mercatini si trovano capi molto belli».
Nelle note di presentazione si legge che “il tema musicale è una sonorità spensierata che saltella come il motore del Volkswagen ’86, rinunciando a scimmiottare la cassa dritta”: cosa sarebbe questa cassa dritta?
«È l’opposto dell’originalità, quello che sta succedendo adesso nella musica mainstream e che Morgan ha definito “canzone unica”, in cui la sonorità è la stessa a parte il testo e poche note».
Invece?
«Invece io non voglio seguire cliché ed essere per forza di moda e per questo ho anche rifiutato certe proposte di produzione. E nel mio album ci sarà il valzer, il barocco, il twist, delle ballate sospese, senza tempo».
Facciamo un passo indietro e andiamo alla sua prima canzone, dedicata alla sua città, “Modena”.
«In realtà ho cominciato con le ultime. Le prossime saranno quelle che ho da tempo nel cassetto e che ho tenuto nascoste».
Pensavo che “Modena” rappresentasse le origini, la partenza dalla sua città natale. “Modena io non torno” è per l’appunto un verso.
«È un “non torno” poetico, Modena è come la grande mamma che non ti vuole mollare e dalla quale provi a scappare, ma io e l’Emilia Romagna non ci separeremo mai. Anche se vivo a Milano e viaggio in tutto il mondo».
Ma come è tornato alla musica italiana dopo tante esperienze con artisti internazionali?
«È che crescendo ci si lasciano le influenze alle spalle e io ho capito che Govo (così lo chiamano gli amici, nda) aveva delle storie da raccontare. Nonostante io nasca con il rock anni Ottanta: Nirvana, Aerosmith, Queen, ma anche Dalla, Ligabue, Vasco. Artisti liberi, mai intrappolati nel mainstream, che riescono a unire il lato romantico e divertente a quello più rock. Vasco, per esempio, dice che è cresciuto con i Sex Pistols ma poi ha scritto anche “Alba chiara”».
Ho letto da qualche parte che ha detto “sono quello che scrivo”: è vero anche l’inverso?
«Il disco sarà tutto autobiografico. E a mezza estate uscirà anche un video girato in Romagna, a Milano Marittima, un posto del cuore, con una traccia che risale a vent’anni fa. Sarà un brano frizzante, come un fulmine a ciel sereno, perché non resisto all’ebbrezza dell’estate».
Modena, la Romagna, il van con gli amici. Ma anche “Chinatown”, il quartiere di Milano: autobiografico anche questo?
«Sì, il Chinatown di Milano è un luogo che frequento spesso, in cui la comunità cinese è molto fitta, molto più che a Londra dove ho vissuto nel 2000. Si vedono figure così belle che simulano la perfezione. Modelle ma non solo, tutta la comunità cinese mi colpisce».
“Pelle di seta, occhi a mandorla, capelli neri pettinati in giù”: un passaggio della canzone. Deduco che questo rappresenti il suo ideale di donna.
«(Ride) Io non ho un prototipo di donna da preferire e per me la bellezza è anche nei difetti, ma certo che quelle donne che sembrano finte, di porcellana… Ho letto che gli occhi a mandorla sono considerati i più belli».
Lo ha letto?
«Pare che fare il gesto degli occhi a mandorla sia politicamente scorretto e a proposito mi ero informato».
E quindi?
«Quindi nel video non lo faccio ma il termine lo uso. E poi io non sono politicamente corretto».
È fidanzato, accompagnato, single?
«Sono libero perché troppo concentrato sul lavoro e ho poco spazio per l’amore. Però se arriva, il cuore è pronto».
Cos’è per lei il rock?
«Un’attitudine, uno spiritello, uno stile di vita. Può essere rock anche un musicista classico o un jazzista».
Chiudiamo con la mitica Patty: ci lasci una pennellata per Patty Smith.
«A Modena, dopo una cena con la band, ho aperto il suo concerto cantando brani miei e cover di Bob Dylan e dei Doors. Quando lei è entrata in scena ha voluto che io restassi lì e ha cantato con il mio microfono. “Because the night”. Insieme».
A cura di Alessandra Bernocco