Dosa le parole e cerca di rimanere sempre concentrato, la velocità che aveva da corridore è rimasta nelle risposte semplici e rapide. Daniele Bennati è l’attuale commissario tecnico della nazionale azzurra di ciclismo. La sua è una carriera importante, che lo ha visto correre tra i professionisti per 17 anni, a partire dal 2002. Del resto in più occasioni quando ha parlato del suo sport, gli occhi hanno sempre brillato come le parole. «Il ciclismo è passione, chiunque lo viva da vicino se ne innamora. Basta venire alle corse per non rimanere delusi. Io mi sono avvicinato al ciclismo cercando di emulare i grandi campioni di quell’epoca: Bugno, Indurain, Pantani, Cipollini», ha affermato.
Compie i suoi primi passi nel mondo del ciclismo da dilettante alla Grassi Mapei. Ha indossato maglie di squadre di prima grandezza come Lampre, Liquigas e Movistar, solo per citarne alcune, togliendosi lo sfizio di primeggiare a Parigi, nell’ultima tappa del Tour de France 2007 (dopo aver vinto anche la 17^ tappa), sotto l’Arco di trionfo. Se non fosse stato ciclista, non ci sarebbe stato un piano B perché ha ammesso candidamente: «Io non mi vedo senza la bicicletta». Ha sempre avuto lo sprint nel sangue anche se alcuni anni fa aveva confidato a fior di labbra: «Tutti mi hanno sempre visto e descritto come un velocista, ma io penso di essere stato un ciclista completo». Del suo passato non gli manca proprio tutto: «Di certo non le rinunce e i sacrifici che bisogna fare, ma quando sei in gara è come se fossi dentro una centrifuga e non ti accorgi di niente», era stata una delle sue confessioni.
Nel suo palmarès ci sono 54 vittorie, tra cui anche tre tappe al Giro d’Italia, il Giro della Toscana, il Giro del Piemonte e sei tappe della Vuelta. Ha fatto il suo esordio in maglia azzurra ad un mondiale strada élite nel 2005 (azzurro n. 211) a Madrid. Ha poi partecipato ai Mondiali di Copenaghen (2011), Ponferrada (2014), Richmond (2015), Doha (2016) e Bergen (2017), ricoprendo in diverse occasioni il ruolo di capitano in corsa. Il suo soprannome è stato “Pantera”, nato per caso come ci ha raccontato lui: «Ho avuto la fortuna di far parte di un ciclismo che era pieno di campioni in Italia ed era più facile appassionarsi ed essere motivati. Il soprannome nacque per caso dopo una mia vittoria a Parigi, nell’ultima tappa del Tour de France del 2007 sugli Champs Élysées. Fu un giornalista a chiamarmi “Pantera Bennati” e mi rimase addosso».
Sul Giro d’Italia si mantiene cauto, ma speranzoso: «Sarà sicuramente un bello spettacolo, mi sembra molto ben distribuito e mi aspetto qualche bella prestazione dei corridori italiani. Non ho partecipato a molti Giri d’Italia in carriera, ma ho vinto tre tappe e la maglia ciclamino e rimangono emozioni indimenticabili. Così come sono forti il legame e le sensazioni con il Piemonte, visto che ho vinto per ben due volte l’omonimo Giro». Ma il suo pensiero è rivolto a fare una buona annata con la squadra: «Vogliamo crescere, fare risultati e ottenere medaglie». Un po’ come la sua Inter, di cui è un grande tifoso.
L’approccio da commissario tecnico, invece, non è stato una novità, come ci ha confidato lui stesso: «Sono stati determinanti gli ultimi anni della mia carriera dove ero un c.t. in corsa sia nelle squadre di club che in nazionale». Un ruolo in cui ci vuole visione, programmazione e un certo istinto e in cui non conta solo l’aspetto tecnico, ma anche le motivazioni per cercare di valorizzare uno sport e con esso un movimento. Il comune denominatore di tutte le esperienze di Bennati, compresa quella da commentatore Rai, è un amore totale per lo sport e per il ciclismo che non smette mai e che è qualcosa di profondo e che chiude tutto ad anello. «Parte tutto dalla passione. Il ciclismo è disciplina, ma è anche una lunga storia fatta di insegnamenti, di persone che ti fanno crescere in un alternarsi di momenti felici e difficili», ha detto in una delle sue non numerose interviste.
Articolo a cura di Daniele Vaira