L’incessante ricerca di nuovi orizzonti, attraverso l’adozione di tecniche innovative e di un approccio ecosostenibile, nel pieno rispetto delle regole della bioedilizia, rappresenta appieno la filosofia dell’Impresa Fratelli Sartore, azienda di costruttori di Santa Vittoria d’Alba, tra i principali riferimenti nella zona di Langhe e Roero già da quattro generazioni. In quest’ottica aziendale si inserisce anche l’inaugurazione del piccolo padiglione dimostrativo “La casa del the in terra battuta”, realizzato sulle meravigliose colline del Roero, nel comune di Monticello d’Alba, su un terreno di proprietà di Marco Sartore. Presentato lo scorso 20 aprile, il progetto ha visto coinvolti – come principali protagonisti – Marco Sartore, che con i fratelli Teresa e Stefano guida la terza generazione dell’impresa di famiglia, l’architetto e professore di Tecno-logia dei materiali al Politecnico di Milano Sergio Sabbadini e l’architetto Dario Castellino, progettista cuneese da sempre coinvolto su tematiche ambientali e di recupero.
L’idea di costruire una casa in terra cruda è nata infatti da un viaggio studio in Giappone, rivelatosi per loro occasione ideale per studiare nuove tecniche costruttive. Considerata la passione comune per i materiali naturali, e in modo particolare per la terra cruda, si è deciso pertanto di provare a costruire materialmente una struttura completamente in terra locale, senza l’ausilio di altri elementi estranei, in piena linea con la filosofia aziendale e con le sempre più frequenti richieste di costruzioni a basso impatto ambientale.
Come rivelato durante l’esposizione del progetto, oltre che dal punto di vista tecnico-costruttivo, la realizzazione della “Casa del the” ha rappresentato inoltre una sfida anche per la sua valenza architettonica ed estetica, data la collocazione e l’eccezionalità del materiale usato. A livello paesaggistico, vista la posizione dominante su un crinale di una collina immerso nei vigneti e campi di grano, si è scelto di ispirarsi, come dimensione e forma, all’archetipo delle cappelle votive, da sempre molto presenti in zona, formate da un’unica e piccola aula con uno dei lati corti a forma absidata. Per quanto riguarda il lato estetico, poi, la scelta simbolica è stata quella di conferire alla forma in pianta l’aspetto di due mani che accolgono e proteggono il visitatore, lo isolano dall’intorno e lo proiettano idealmente verso il paesaggio, con l’idea di trasmettere un senso di vicinanza alla cultura giapponese e alla sua tradizione nel creare luoghi calmi e appartati in cui meditare e condividere la ritualità del the.
L’intento è quello di far avvicinare il visitatore lentamente facendogli sperimentare in pochi metri spazialità molto diverse tra loro, attraversando un piccolo specchio d’acqua, un vestibolo dove potersi togliere le scarpe, una grande porta di vetro, un ingresso circolare a spirale che lo obbliga a ruotare lo sguardo e ad essere proiettato verso una grande vetrata, uno spazio chiuso scaldato da una stufa a legna e un terrazzo esterno a sbalzo nel vuoto. I muri sono monolitici e possenti, mentre il pavimento e il tetto – composti da travi e tavole in legno bruciato con la tecnica dello Shou Sugi Ban – sono leggeri. L’obiettivo futuro è quello di destinare il suggestivo spazio anche alla meditazione yoga e all’assaggio dei vini e degli ortaggi coltivati all’interno della proprietà. Un duplice desiderio che testimonia ancora una volta l’attenzione alle radici e il fascino per le contaminazioni che caratterizzano l’Impresa Fratelli Sartore.
Hanno collaborato al progetto: l’ingegner Ivan Menso per la parte strutturale, l’architetto e artigiano del pise’ Timour Ersen come formatore per l’avviamento cantiere ed Enea per l’interazione con materiali di cava.
Articolo a cura di Domenico Abbondandolo