Sono sempre di più i risparmiatori, possessori di buoni fruttiferi postali della serie Q, che agiscono nei confronti di Poste Italiane per ottenere la corresponsione di maggiori somme rispetto a quelle determinate e corrisposte negli uffici postali. Come dobbiamo comportarci, nel caso? Ne abbiamo parlato con l’avvocato Alberto Rizzo, legale braidese specializzato in materia di diritto bancario e postale.
Quali sono le somme richiedibili a Poste?
«La differenza tra quanto richiesto dai risparmiatori e quanto determinato dall’intermediario, pari anche a 5.500 euro per buono, trae la sua origine dal metodo di applicazione della ritenuta fiscale da parte di Poste. Ai fini del calcolo dell’importo dovuto per la tassazione, infatti, si è posto il problema di individuare il momento in cui sorge il dovere impositivo in capo all’intermediario e, in particolare, se tale momento sia coincidente con quello della maturazione periodica dei rendimenti (quindi anno per anno), ovvero con quello del pagamento e, pertanto, alla scadenza del titolo. La questione non è di poco conto poiché incide sulla determinazione della base imponibile e, quindi, sul reddito finale netto prodotto dall’investimento».
Qual è la posizione di Poste?
«Poste ha deciso di adottare un criterio di applicazione della ritenuta fiscale annuale, ossia di procedere al computo dei rendimenti tramite capitalizzazione al netto della tassazione. Con tale sistema viene, perciò, tassata la somma investita anno per anno e, quindi, anche nel periodo di indisponibilità della stessa da parte del risparmiatore».
Cosa dice la normativa in materia?
«Le norme di riferimento di rango primario alla cui applicazione è affidata la tassazione impongono, invece, di identificare il momento impositivo con quello del pagamento del reddito prodotto dall’investimento (cioè con l’incasso del buono) e, quindi, di procedere al computo dei rendimenti in regime di capitalizzazione composta, al lordo tassazione. La conseguenza del criterio adottato da Poste Italiane, già ritenuto errato da numerosi Tribunali e da alcune Corti d’Appello, è di ridurre fortemente gli importi maturati anno per anno dai buoni fruttiferi postali, giungendo a corrispondere somme notevolmente più basse alla fine del trentesimo anno».
Le sentenze sono favorevoli ai risparmiatori?
«La questione non potrà che ulteriormente alimentare il contenzioso tra i risparmiatori e Poste Italiane. A tal fine, è opportuno che ogni persona in possesso di un buono della serie Q faccia esaminare lo stesso, per capire se ha diritto a farsi corrispondere un importo maggiore rispetto a quanto determinato da Poste. E ciò anche se il buono è già stato incassato, purché non siano decorsi dieci anni da tale momento».
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