Pasticcere dell’anno. L’ultimo premio di Fabrizio Galla. Consegnato da Iginio Massari in un seminario organizzato dall’Accademia Apei nelle sale del Museo Egizio di Torino per «l’eleganza e l’eccellenza che contraddistingue ogni sua realizzazione».
Nato nel 1973 a Chivasso, Galla ha “scoperto” da bambino i dolci nel ristorante dei genitori, il Tre Colombe, e nella panetteria d’uno zio, poi ha studiato alla scuola d’Arte Bianca di Torino e nel 2016 ha aperto la prima pasticceria a San Sebastiano da Po, da anni insignita da “Tre Torte” nella guida “Pasticceri & Pasticcerie” di Gambero Rosso. Altre sedi sono nate a Milano e Torino, boutique di confetteria, cioccolateria, mignon, pasticceria dolce e salata, gelateria, pane. Il vero segreto è un dosaggio perfetto prima che d’ingredienti di tradizione e innovazione, con il rispetto di ricette antiche e il romanticismo del vecchio laboratorio artigianale sposato alla suggestività delle location, alla bellezza del designer, all’esposizione curata che ingolosisce, alle forme avveniristiche scrigno di sapori d’altri tempi. Senza mai esagerare, come dimostra l’utilizzo dei social: Galla non li demonizza, ma li centellina, affidandosi per lo più a un metodo vetusto però infallibile: il passaparola, «filosofa vincente che resiste in un mondo che va sempre più veloce». Non casualmente la prima pasticceria, benché nella provincia piemontese, attirava clienti liguri e lombardi richiamati da altri che avevano descritto la bontà dei prodotti, la competenza dei maestri, la gentilezza dietro i banconi.
Una storia con radici profonde, fatta di libri ma anche di pratica, iniziata a Cogne e poi in via San Massimo a Torino: sedicenne, era apprendista nella pasticceria Falchero, specializzata in mignon, carpiva i segreti degli impasti e svolgeva compiti curiosi, per esempio collocare i vassoi sui sedili posteriori dei taxi vuoti mandati dai clienti della collina. Di solito, voltandoci indietro, sentiamo profumi, sapori perduti: quelli di Galla rivivono, ancora genuini e inebrianti, il cioccolato e le nocciole tostate, la crema pasticcera e lo zabaione che in Piemonte è speciale perché, come ricorda il maestro, è la nostra infanzia, le nostre nonne. Tra le sue specialità, in un trionfo di cubi, girelle, mignon, praline, bunet, cheesecake, mignon che rappresentano la cultura dolciaria piemontese, c’è la Jessica, il cui nome è ispirato alla Rabbit, eletta miglior torta al mondo alla Coupe du Monde de la Patisserie nel 2007: sette strati, dalla cialda croccante di nocciola alla mousse di cioccolato fondente. Il tempo fermato è anche nelle stagioni che s’avvicendano come una volta, tra gusto e colori, con l’estate rossa di ciliegie e gialla d’albicocche. Perché rivisitare, aggiungere tocchi d’arte, personalizzare è bello, ma sperimentare oltremisura fuorvia: Galla vuole che chi assaggia comprenda i gusti senza smarrirsi in ricerche interpretative laboriose. Una filosofia di successo, approfondita attraverso importanti esperienze estere – San Francisco su tutte – e condivisa con la moglie Federica, responsabile di laboratorio, miglior pasticcera nel 2018. E curatrice dei social. Senza esagerare. «Essere pasticcere dell’anno significa molto per me. Non lavoro per i premi, ma perché amo il mio mestiere, tuttavia questa è indubbiamente una grande soddisfazione professionale: un premio che racconta un percorso in continua evoluzione, perché sono sempre alla ricerca di stimoli e novità per realizzare prodotti che rendano felici le persone: per me vederle sorridenti in negozio è la gratificazione più grande».
Il premio più dolce
Fabrizio Galla, piemontese, è stato nominato pasticcere dell’anno. Storia di una vocazione profonda e dell’arte innata di fondere innovazione e tradizione.