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«Sapere la storia per una società più consapevole»

Intervista a Mario Turetta, segretario generale del Ministero della Cultura e direttore dei Musei Reali

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Venerdì 17 e sabato 18 si svolgerà la XXIII edizione di “Cherasco Storia”, premio internazionale attribuito ad autori capaci di trattare temi storici con rigore scientifico e qualità espositiva. Quest’anno il premio si tinge di rosa, con la vittoria ex aequo della storica francese Marie Favereau e dell’israeliana T­amar Herzig. Oltre a loro, la giuria ha scelto di insignire – con premi collaterali – altre personalità di spicco. Per la sezione Arte e Cultura, il riconoscimento verrà assegnato al torinese Mario Tu­retta, segretario generale del Ministero della Cultura e di­rettore dei Musei Reali di To­rino.

Che cosa rappresenta per lei questo premio?
«Questo premio si propone di esaltare la storia come disciplina fondamentale di ogni convivenza civile e di favorire nei giovani la passione per la ricerca e l’indagine approfondita del passato. La cultura e l’arte sono veicoli potenti con cui possiamo esplorare e interpretare la storia, trasmettendo valori, tradizioni e visioni del mondo alle generazioni future. Pertanto, accogliere questo premio è per me non solo un grande onore ma un’opportunità per riaffermare l’impegno nel promuovere la valorizzazione della storia e nell’ispirare nei giovani una passione duratura per la ricerca e l’indagine del passato».

Prima di ricevere il premio, sabato sarà protagonista di un intervento con le vincitrici.
«Sono estremamente lieto di condividere questo momento con personalità così illustri. Ciascuna di loro ha contribuito in modo significativo nel campo della cultura e della storia, e avere l’opportunità di condividere idee e prospettive con loro rappresenta per me un’occasione straordinaria di arricchimento e di scambio intellettuale e culturale».
Quanto è importante coltivare il valore della storia attraverso simili manifestazioni?
«È di fondamentale importanza per diversi motivi. In primo luogo, la storia rappresenta il tessuto su cui si basa la nostra comprensione del mondo e della società in cui viviamo. Attraverso il suo studio e la sua promozione, possiamo approfondire la nostra consapevolezza del passato, comprenderne le sfide e trarne insegnamenti preziosi per il presente e il futuro. Inoltre, il premio offre un’opportunità unica di valorizzare e celebrare studiosi, accademici e intellettuali che dedicano le loro vite alla ricerca e alla diffusione della conoscenza storica. Ricono­scere e premiare il loro impegno con simili manifestazioni non solo li gratifica, ma incoraggia e ispira altre persone a seguirli in questo importante percorso. Infine, promuovere la cultura e la storia aiuta a rafforzare il legame tra passato, presente e futuro. Con una migliore comprensione della nostra storia, possiamo co­struire società più consapevoli, inclusive e resilienti, in grado di affrontare le sfide contemporanee con saggezza e prospettiva storica».

In che modo oggi la cultura e l’arte possono esprimere ap­pieno il proprio potenziale, so­prattutto verso i giovani?

«In passato ho ricoperto la carica di direttore generale della Direzione Generale Educazio­ne, ricerca e istituti culturali del Ministero della Cultura che si occupa di promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e della sua funzione civile a livello locale, nazionale e internazionale. Rive­stendo questo incarico ho ma­turato la certezza che la cultura e l’arte possono esprimere appieno il proprio potenziale verso i giovani attraverso l’integrazione dell’educazione ar­ti­stica nelle scuole, garantendo l’accessibilità, utilizzando le nuove tecnologie, incoraggiando il coinvolgimento attivo e promuovendo la diversità culturale. Queste iniziative sono fondamentali per stimolare la creatività dei giovani, sviluppare la loro consapevolezza culturale e arricchirne le vite».

L’evento sarà per lei anche l’occasione per visitare la Granda. Che legame ha con la provincia di Cuneo?
«Sono piemontese e sono cresciuto professionalmente in Piemonte. Quindi il mio rapporto con la provincia di Cuneo è profondo e ricco di significato. La Granda ha una storia e un patrimonio culturale straordinari, e ho avuto il privilegio di esplorarne alcune delle sue meraviglie durante visite precedenti. La bellezza dei paesaggi, ma soprattutto la ricchezza della cultura mi hanno sempre affascinato. Cu­neo ha una grande vivacità culturale e artistica, ed è capoluogo di una grande provincia dinamica e piena di bellezza artistica e naturale, a partire dal Castello Reale di Racconigi, che fa parte del sistema delle Residenze Sabaude».

Quanto è stimolante il suo incarico di segretario generale del Ministero della Cultura?
«Ricoprire questa carica è estremamente stimolante e gratificante, e ringrazio il ministro Sangiuliano per la fiducia riposta nell’affidarmela. È un ruolo che mi permette di lavorare e contribuire in modo significativo alla promozione e alla valorizzazione del patrimonio culturale del nostro Paese. Tra le iniziative che stiamo portando avanti, tra l’altro, c’è la nota “Capitale italiana della Cul­tura” che mira a valorizzare le nostre città e il loro patrimonio, a sostenere e incoraggiare le autorità locali a incrementare la propria capacità progettuale investendo in cultura. Allo stesso tempo è un ruolo di grande responsabilità in quanto è mio dovere garantire il coordinamento e l’efficienza dell’azione amministrativa del­le direzioni centrali e degli uffici periferici del Ministero, ga­rantendo l’attuazione degli indirizzi del Mi­nistro, svolgendo compiti di controllo su questioni strategiche e operative».

Quali sono gli obiettivi più stringenti che intendete conseguire?
«Gli obiettivi primari includono la promozione della cultura e dell’arte, la conservazione del patrimonio culturale, lo sviluppo dell’educazione culturale e l’internazionalizzazione della cultura italiana. Obiettivi che si svilupperanno anche attraverso il coordinamento dei rapporti con l’Unesco, il coordinamento delle politiche dei prestiti all’estero dei beni culturali, la partecipazione del Mini­stero a eventi e manifestazioni in Italia e all’estero. Sono questi alcuni degli obiettivi più stringenti».

È anche direttore dei Musei Reali di Torino. Cosa può dirci su questo suo altro incarico?
«Come direttore avocante dei Musei Reali di Torino, già Polo Reale – che ho contribuito a far nascere grazie alla collaborazione e al lavoro di tutto il sistema torinese e piemontese – ho l’opportunità di guidare un’istituzione culturale di grande prestigio e importanza storica. I Musei Reali racchiudono una ricca collezione di opere d’arte che offre ai visitatori un viaggio affascinante attraverso la storia e la cultura del Piemonte e dell’Italia. Il mio ruolo è quello di preservare e valorizzare questo patrimonio, curando la realizzazione di mostre, eventi e iniziative educative che coinvolgano il pubblico e contribuiscano a promuovere la conoscenza e l’apprezzamento dell’arte e della storia. È un incarico che mi riempie di orgoglio e mi stimola costantemente a perseguire l’eccellenza nel campo della gestione mu­seale e della divulgazione culturale. A questo proposito vo­glio sottolineare come i Musei Reali di Torino proseguono il loro lavoro di riorganizzazione delle preziose collezioni di arte antica, e dopo il recente allestimento della collezione Gualino e della pittura del Settecento, al secondo piano della Galleria Sabauda si potrà ammirare la “Collezione del Principe Eu­genio di Savoia Soissons e la Pittura Fiamminga e Olan­dese” che ha aperto al pubblico l’11 maggio come nuovo allestimento permanente. Sono orgoglioso che oggi Torino abbia la più importante raccolta italiana, insieme con quella degli Uffizi, di pittura fiamminga e olandese. Tra le 180 opere in mostra, alcune delle quali uscite dai depositi in cui giacevano da tempo, non si contano i capolavori. Come il “Vecchio dormiente” di Rembrandt, uno dei rari dipinti autografi del pittore olandese presente nei musei pubblici italiani».

Articolo a cura di Domenico Abbondandolo