Diploma di secondo livello honoris causa in clarinetto: è il titolo accademico consegnato a Renzo Arbore dal Conservatorio di Musica Umberto Giordano di Foggia «per aver arricchito la diffusione della musica popular, impreziosita da assoli di clarinetto, all’interno della cultura italiana, adottando nuove modalità di comunicazione che hanno sempre orientato al felice incontro tra cultura e popolarità, nel segno della sperimentazione di nuovi linguaggi e di una non comune capacità di riproporre con uno spirito nuovo i modi della comunicazione». L’artista non solo ha sempre suonato lo strumento per il quale ottiene adesso, a 86 anni, il diploma, esibendosi in un originale sound che intreccia rock, jazz e melodie partenopee, ma gli ha dedicato un brano ironico e leggero, ricco di doppi sensi ma senza cenni di cattivo gusto, di genere swing, scritto con Claudio Mattone e cantato al Festival di Sanremo 1986 dove chiuse al secondo posto dietro “Adesso tu” di Eros Ramazzotti. Leggenda vuole che Arbore avesse vinto ma – secondo le versioni – abbia ceduto lo scettro o gli sia stato sfilato, certo dal pubblico si levò un’ovazione e a un certo punto il primo posto in classifica era suo, ad ogni modo non ha mai polemizzato né approfondito, felice per l’argento e ancor di più per aver riportato all’Ariston, con successo, la canzone umoristica che era ferma ai tempi di Renato Carosone. Un merito che rivendica tuttora, quando riepiloga una carriera straordinaria.
Foggia, dove riceve il diploma, è la sua città di nascita, ma la famiglia aveva origini napoletane, svernava spesso all’ombra del Vesuvio, e fu lì che il piccolo Renzo si innamorò d’una musica che ritiene la più bella al mondo, e che è amata comunque da tutti, non solo dai figli di Napoli. Ricorda come nelle tournée internazionali con l’Orchestra Italiana notasse la passione di spettatori con radici venete o friulane, stregati pur senza capire le parole, e sottolinea come il patrimonio sia collettivo attraverso il paragone con il jazz: «Per apprezzarlo, comprenderlo e suonarlo non bisogna per forza essere nati a New Orleans».
Lui imparò ad amarlo a Foggia, da bambino, dov’era stato portato dagli americani come quei jeans che fu tra i primi a indossare, nonostante i mugugni di papà. Si addormentava ascoltandolo, perché lo suonavano al circolo ufficiali proprio di fronte casa sua. La vena artistica si manifestò subito, studiò fino a raggiungere la laurea in giurisprudenza ma intanto suonava, si esibiva, sperimentava. Le prime serate alla Taverna del Gufo, nel centro storico, alternate alle esibizioni da clarinettista nell’orchestra Parker’s Boys, poi diventò disk jockey quando i disk jockey non esistevano, selezionando musica in Rai, dove entrò per concorso, e contribuendo a lanciare in Italia leggende, dai Beatles ai Rolling Stones. Dal jazz imparò l’improvvisazione, che portò avanti sempre, dalla radio – “Alto Gradimento” – alla tv – “Quelli della Notte”, “Indietro tutta” – in un’intensa, poliedrica attività artistica; cantante, autore, conduttore, sceneggiatore, attore, talent scout – da Roberto Benigni a Lucio Battisti, da Marisa Laurito a Nino Frassica – ma soprattutto musicista, clarinettista dalla N.U. Orleans Rubbish Band all’Orchestra italiana con cui, dal 1991 in cui la fondò, al 2022 quando decise di lasciare, ha fatto 1650 concerti in tutto il mondo.