Con Spalletti Italia rimotivata alla sfida europea

Il ct ha saputo ricostruire un’identità azzurra nel contesto del nostro calcio avaro di campioni

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Gli piace arrotondare i concetti, ci gira intorno finché chi lo segue non si perde nei suoi stessi pensieri complessi. Ma Luciano Spalletti le idee ce l’ha ben chiare. Parliamo di calcio e di tattica applicata alle partite, non di questioni vitali. Anche se, lo sappiamo, in Italia il calcio continua a essere una questione vitale. Nonostante il contorno sociale ed economico che si fa sempre più pesante e nonostante il gioco stesso, da un po’ di tempo, non sia più quello di una volta, schiacciato dal peso delle tecnologie che vorrebbero cambiarne lo spirito, gettare al vento i nobili intendimenti dell’In­ternational Board, retaggio di un mondo che non c’è più.
La Nazionale, poi, diventa spesso l’unico motivo di identità condivisa, in particolare in occasione dei grandi eventi come questo campionato europeo in corso di svolgimento in Germania. E allora il compito per Spalletti è doppiamente complicato. Lo è ancora di più in un momento come quello che sta vivendo ormai da un po’ il calcio italiano: mancano giocatori di personalità, manca il talento, manca la possibilità di scegliere gli interpreti migliori in ogni ruolo.
Tutto questo in un contesto di grandi cambiamenti. Si gioca “partendo dal basso”, l’azione si sviluppa con il controllo della manovra, in maniera propositiva. Ma per farlo, serve qualità, senza contare poi che – e qui non c’è stato nessun cambiamento – vince chi fa gol.
L’Italia di Spalletti ha debuttato in Germania con una vittoria ottenuta di misura e in rimonta contro l’Albania, un po’ poco in realtà per giustificare i toni trionfalistici che qualche commentatore ha usato. Bisogna però riconoscere che raramente in precedenza si era vista una Nazionale con la stessa lucidità nei fraseggi a centrocampo, la stessa capacità corale di avanzare verso la porta avversaria arrivando a creare i presupposti per la conclusione. Non è facile del resto, dare un gioco organizzato a un gruppo che lavora insieme per pochi periodi dell’anno, giusto per preparare i grandi eventi. Eppure Spalletti ha scelto proprio questa strada: unire il gruppo attorno a un progetto condiviso di bel gioco e buone intenzioni.
Serve prudenza perché l’avversaria dell’esordio europeo non rappresentava un metro di paragone attendibile dal punto di vista qualitativo e perché stasera (giovedì) è in programma per il secondo turno un confronto subito decisivo, quello contro la Spagna. Che dal canto suo, ha debuttato con una larga vittoria contro la Scozia facendo leva sul precoce talento del 17enne Yamal. Uno di quei talenti che noi facciamo fatica non tanto a individuare ma a sostenere.
Intanto però è emersa questa speciale qualità di Spalletti, che è stata alla base anche della sua strepitosa ultima stagione di Napoli, culminata in uno scudetto entusiasmante perché ricamato su trame di gioco spettacolari. Dietro al gioco c’è un elemento in più, peraltro indispensabile nello sport (e non solo): la qualità dei rapporti umani. L’impressione è che il ct abbia saputo creare in azzurro un gruppo deciso a conquistare risultati, ma soprattutto a lavorare in blocco per questo.
Piace intanto l’atteggiamento dei calciatori (come ama chiamarli Spalletti), si intuisce una voglia di emergere che non sempre è scontata. Soprattutto si nota l’equilibrio, la capacità in­dotta di non andare mai fuori schema oppure oltre i limiti.
Il ct ha rimarcato, dopo la gara con l’Albania, la tendenza degli azzurri alle “bischerate”, quelle che la squadra si concede quando è troppo comoda. Un problema atavico, antropologico che è emerso in diverse occasioni, anche se la sensazione è che potrà essere facilmente superato se i risultati dovessero dare ragione al lavoro svolto dal tecnico assieme al suo staff. Dentro c’è anche il ricordo del fratello Marcello, morto poco tempo fa. E pure il discorso fatto ai ragazzi per responsabilizzarli nell’uso della playstation o comunque dei momenti di relax, per cui stare davanti ai videogiochi fino a notte fonda non è la scelta migliore per un atleta a questi livelli (e per chiunque).
Ora la sfida con la Spagna darà molte risposte agli interrogativi. Ma intanto un primo risultato è stato ottenuto, perché la Nazio­nale – passata dall’imprevisto trionfo di Londra al precedente Europeo con Man­cini fino al Mondiale mancato – ha riscoperto un volto accattivante. Pur in assenza di fuoriclasse.
In Germania nel 2006 c’erano Totti, Del Piero e Cannavaro. Oggi c’è ancora Buffon ma in un altro ruolo. E ci sono giocatori che possono diventare importanti, da Calafiori a Bastoni, da Barella a Cambiaso. E chissà che gli ampi giri di parole del ct Spalletti non ci portino più lontano di quanto si possa pensare.

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