L’opinione di Nicola Gratteri

«Alle forze dell’ordine servono subito giovani ingegneri capaci di contrastare chi agisce nel cyberspazio e sta riciclando milioni di dollari»

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IL FATTO
La lotta alla mafia sta diventando sempre più complessa alla luce dello sviluppo tecnologico che offre opportunità sempre maggiori anche alla criminalità organizzata

Gli investigatori hanno scoperto che i “mafiosi 2.0” hanno ormai capito l’importanza di assoldare i migliori hacker per poter agire con disinvoltura sul web e sfruttare le potenzialità dell’intelligenza artificiale. Le nuove macromafie, lontane parenti da quelle tradizionali, sono molto più camaleontiche rispetto al passato e di fatto si sono trasformate in organizzazioni ibride: lucrano sempre con i vecchi metodi ma puntano con decisione sul metaverso e sul dark web. Se prima si servivano di avvocati, commercialisti, broker, notai, agenti immobiliari, oggi reclutano soprattutto ingegneri informatici e hacker capaci di aprire le porte delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale, oppure cercano chimici in grado di scoprire molecole sintetiche tali da creare nuove droghe non ancora categorizzate come tali.
Tutto questo per ribadire come la criminalità organizzata sia sempre capace di correre fortissimo mentre gli investigatori devono costantemente aggiornarsi per tenere il loro passo. Spesso però facendo i conti con carenze d’organico e spending review.
È questa la fotografia scattata nei giorni scorsi dal rapporto “Cyber organized crime. Le mafie nel Cyberspazio”, voluto dalla Fondazione Magna Grecia e curato da Antonio Nicaso e Walter Rauti, in cui si propone un innovativo indice per valutare la vulnerabilità di imprese e istituzioni agli attacchi informatici. «Le organizzazioni criminali considerano ormai il “vecchio” pizzo come qualcosa di superato», ha spiegato il procuratore della Repubblica di Napoli Nicola Gratteri. Il magistrato che per una vita ha dato la caccia in Calabria alle ‘ndrine, ha raccontato di aver scoperto a Napoli che la camorra aveva creato una banca online con sedi anche in Lituania e Lettonia che riciclava miliardi di dollari, con seimila clienti in Lombardia e nel Lazio. I camorristi erano riusciti a riciclare così più di 3,5 miliardi di euro, di cui solo due sono stati nel frattempo e per ora sequestrati. «La cosa che ci ha sorpreso è che nelle banche sequestrate abbiamo scovato tecnologie che la nostra Polizia giudiziaria nemmeno si sogna – ha proseguito Gratteri – e purtroppo nelle azioni di contrasto alle mafie, l’Italia è rimasta indietro rispetto a Paesi come Germania, Olanda e Belgio che ora devono aiutarci. Nelle forze dell’ordine mancano del tutto giovani ingegneri in grado di dare quella spinta di cui il nostro sistema ha bisogno. Stiamo perdendo troppo tempo e tanto campo».
Il dark web rappresenta un luogo ideale per le mafie: è relativamente sicuro e permette di mantenere l’anonimato grazie alle tecnologie disponibili di pseudonimia e crittografia. Fra dark e deep web è possibile comprare e vendere di tutto: anche le vite umane perché si commissionano omicidi. Allo stesso tempo si può riciclare denaro o si possono commettere frodi finanziarie ed estorsioni online, sapendo di poter eludere le frontiere tradizionali e sfuggire alle indagini.