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I campioni italiani che fecero la storia della Grande Boucle

La partenza dal Belpaese sarà anche l’occasione per omaggiare i corridori azzurri che hanno trionfato nel corso degli anni, rendendo magico il rapporto tra l’Italia e la corsa francese

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Il Grand Départ del Tour de France 2024 – annunciato nel dicembre 2022 – porterà per la prima volta nella storia la fase iniziale della corsa ciclistica più famosa al mondo in Italia. Per quanto negli ultimi anni la partenza dall’estero sia ormai divenuta una consuetudine – nel 2022 si è partiti dalla Danimarca, mentre nel 2023 dai Paesi Baschi -, la scelta di dare il via alla competizione dal nostro Paese ha radici più profonde e intende essere un vero e proprio omaggio alla tradizione ciclistica italiana e al forte legame che l’Italia ha da sempre con la corsa francese.
Come riconosciuto dallo stesso Christian Prudhomme, di­rettore della manifestazione, durante gli eventi di presentazione, lo Stivale rappresenta per il Tour qualcosa di speciale e la sua storia romantica, fatta di grandi campioni e di corridori coraggiosi, è in gra­do di emozionare e coinvolgere gli appassionati come poche altre al mondo. Proprio sulla scorta di queste motivazioni, che hanno convinto l’Amaury Sport Organisation a scegliere il Belpaese, le tre tappe saranno caratterizzate da molteplici riferimenti alla storia degli italiani che hanno trionfato al Tour, riempiendo così di significati e suggestioni ulteriori le già assai vibranti emozioni della Grande Boucle.
Il primo filo rosso, da questo punto di vista, sta nella scelta dell’anno. La più importante competizione ciclistica del mondo partirà dall’Italia proprio in questa edizione, nel 2024, per celebrare il centenario del primo successo az­zurro. A conquistare la ma­glia gialla, nel 1924, fu Ot­tavio Bottecchia, ciclista di San Martino del Colle (Tre­viso), che legò il suo nome alla corsa transalpina grazie all’intuizione di un vecchio campione francese, Henry Pé­lissier, e fu poi capace an­che di centrare il bis nel 1925. Una doppietta d’autore, che fece seguito al secondo posto ottenuto nel debutto del 1923, portata a compimento solo due anni prima della sua misteriosa morte sulle strade friulane.
Gli omaggi al ciclismo italiano proseguiranno, come detto, anche nei singoli percorsi delle tre tappe attraverso svariati riferimenti evocativi che renderanno onore ad alcuni dei più grandi interpreti dell’italico pedale, iscrittosi al prestigioso albo d’oro della competizione. La partenza da Firenze sarà il modo migliore per ricordare la figura di Gino Bartali, campione toscano indissolubilmente legato al Tour de France. Dopo il debutto del 1937, quando fu costretto al ritiro per una brutta caduta, “Ginettaccio” conquistò la corsa francese nel 1938 per poi ripetersi a dieci anni di distanza nel 1948. Nel luglio di quell’anno passione sportiva e mondo politico andarono a intrecciarsi tra loro. L’attentato a Palmiro To­gliatti rischiava di trascinare l’Italia in una vera e propria guerra civile, i successi del buon Gino però distolsero la popolazione dai propositi di rivolta e ristabilirono l’equilibrio. La tappa toscana sarà inoltre l’occasione per ricordare il successo di Gastone Nencini, il “Leone del Mu­gello”, trionfatore al Tour nel 1960 che, proprio come Bar­tali, si rivelò uno straordinario esempio non solo nello sport, ma anche nella vita, im­pegnandosi attivamente a fa­vore della democrazia.
Dopo la Toscana, la Grande Boucle toccherà la Romagna, la terra di Marco Pantani. La mente tornerà indietro nel tempo, a quel magico 1998 che ancora oggi fa venire i brividi a tutti gli appassionati. Dopo lo straordinario successo del Giro d’Italia, il “Pirata” – che già si era posto all’attenzione negli anni precedenti con i successi ottenuti in particolar modo sulla mitica salita dell’Alpe d’Huèz – incantò anche le strade di Francia portando a casa una storica doppietta ed eguagliando così miti assoluti della bicicletta come Coppi, An­quetil, Merckx, Hinault, Roche e Indurain. Il Tour di quell’anno era dilaniato da roventi polemiche, lo scandalo doping sembrava affossare la manifestazione. Le imprese del piccolo scalatore romagnolo, capace di ribaltare il pronostico inizialmente favorevole al tedesco Jan Ullrich (vincitore nel 1997), salvarono la corsa e proiettarono il suo nome nella leggenda. La stessa leggenda che circonda da sempre la figura di Fausto Coppi, il “Campionissimo”, che verrà omaggiato nel corso della terza tappa – quella che coinvolgerà la provincia Cu­neese – toccando le zone in cui nacque la sua grande passione per il ciclismo. Tra le sue tante formidabili vittorie vanno annoverate anche le due conquistate nella corsa a tappe francese (1949-1952) accoppiate tra l’altro con il precedente successo al Giro d’Italia. Il primo trionfo, quello ottenuto nel 1949, viene rimembrato ancora oggi per la grande capacità del commissario tecnico Alfredo Bin­da (al timone della Nazionale Italiana in quell’edizione) di far convivere Coppi e Bartali e di far prevalere gli interessi di squadra rispetto a quelli dei singoli. Il secondo, quello del 1952, è invece rimasto nell’immaginario collettivo per il famosissimo “scambio di borraccia” con lo stesso Bartali, av­venuto sul celebre passo del Galibier e immortalato dal fotografo Carlo Martini. Uno scatto divenuto iconico, che certifica il rapporto di rispetto e lealtà tra i due rivali e che, tra mito e realtà, ancora oggi suscita dibattiti sulla sua autenticità.
A completare il quadro delle vittorie italiane al Tour sono i successi conseguiti da Felice Gi­mon­di e Vincenzo Ni­bali, l’ultimo azzurro ad aver fat­to risuonare l’inno di Ma­meli in terra di Fran­cia. Il corridore bergamasco trionfò nel 1965, ad appena 22 anni, da neo-professionista, quindi al­la sua prima partecipazione nella grande corsa a tappe, precedendo il francese Raymond Pou­lidor, nonno del campione olandese Mathieu van der Poel. Il siciliano, invece, con­quistò Parigi nel 2014, diventando il sesto ciclista della storia a completare la “Tripla Corona”, ossia la vit­toria in almeno un’edizione di tutti e tre i grandi Giri (Tour, Giro e Vuelta), e il secondo – dopo Bernard Hinault – a salire sul podio degli stessi in almeno due occasioni. Lo “Squalo dello Stretto” è inoltre ad oggi l’ultimo corridore italiano ad aver conquistato una vittoria di tappa, in virtù del trionfo ottenuto sul traguardo di Val Thorens il 27 luglio 2019. L’incredibile storia che lega l’Italia al Tour de France non è però scritta solo dai corridori che hanno conquistato la vittoria finale, ma è anzi arricchita anche dal cuore e dalle gesta memorabili di al­tri campioni che sono stati capaci, con il loro ta­lento, di conseguire ri­sultati ugualmente im­portanti sull’asfalto d’Ol­tralpe.
È il caso, ad esempio, di Gianni Bu­gno e Clau­dio Chiap­pucci, sa­­liti sul podio negli anni del dominio dello spagnolo Miguel In­durain, a segno ininterrottamente dal 1991 al 1995, ma anche di Mario Cipollini, straordinario velocista, autore di 12 successi di tappa, numero che lo rende ancora oggi il record­man italiano, a pari merito con Bartali.
Da non dimenticare, spaziando nel tempo, anche i graffi di Fran­cesco Moser, Guido Bon­tempi, Fabio Aru e Fiorenzo Magni. Il “Leo­ne delle Fiandre” riporta alla mente il 1950, anno in cui arrivò ad indossare la maglia gialla prima che le intemperanze dei supporter francesi nei confronti di Bartali portassero al ritiro della Nazionale Italiana e all’interruzione del suo sogno. Uomini e aneddoti di una storia – quella che lega l’Italia al Tour – destinata a rimanere indelebile e a scrivere nuovi avvincenti capitoli negli anni a venire.

Articolo a cura di Domenico Abbondandolo

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