È cominciata l’estate e come ogni anno si ripropone il problema della fotoprotezione. Per capire di cosa si tratta, ed in particolare per approfondire quale sia l’atteggiamento più prudente, abbiamo chiesto il parere del dottor Fausto Perletto, laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Torino e attivo nel suo studio di piazza Michele Ferrero 3 ad Alba (tel. 0173-441081), a Milano e Porto Cervo in qualità di medico estetico.
«È ormai acclarato che il sole, fonte di energia, rappresenta un pericolo per la nostra pelle se non ben dosato», sottolinea. «La radiazione UV solare fa parte del clima quindi dell’ambiente esterno generale ed è anche correlata alle abitudini e alle scelte di vita di ogni singola persona. Quando parliamo di fotoprotezione, dobbiamo prendere in considerazione fattori meno studiati come la luce visibile, le radiazioni infrarosse l’inquinamento ed il clima: tutti fattori che svolgono un ruolo significativo nel fotoinvecchiamento e nella pigmentazione. Al giorno d’oggi, è molto importante disporre di prodotti cosmetici che possano agire a livello primario per la riparazione e ad un livello secondario, per quanto attiene all’efficacia protettiva. In relazione all’esposizione solare le lunghezze d’onda che causano maggior danno alla cute non sono solo le UV ma anche quelle derivate dalla luce blu che può provocare danno cellulare».
Esporsi al sole dunque è dannoso?
«Il sole non deve essere considerato un nemico della pelle perché può portare molti benefici psichici e fisici. Tra questi c’è la sintesi della vitamina D, necessaria per la mineralizzazione ossea e sostegno delle nostre difese immunitarie e la liberazione di endorfine, gli ormoni del buon umore. Occorre però sapere e conoscere i rischi di un’esposizione prolungata e senza protezione. Ecco perché non tutti sono a conoscenza che ridurre le ore trascorse all’aperto non basta per avere una corretta esposizione ai raggi solari: gli elementi da considerare sono la stagione, le ore del giorno, la latitudine e il fototipo. Circa la metà dei raggi UVB raggiunge la terra tra le 11 e le 15, ora legale, pertanto evitare quelle ore permette di risparmiare il 50% di possibilità di fotodanneggiamento indotto dagli UVB. Inoltre, chi ha la pelle chiara (in particolare fototipi I e II) deve limitare la fotoesposizione perché possiede meno difese immunitarie verso i raggi ultravioletti. A ciò si sommi che anche la radiazione infrarossa ha degli effetti importanti sul fotoinvecchiamento cutaneo».
Cosa fare allora?
«Scegliere e affidarsi a formulazioni che abbiano la capacità di prevenire il danno tramite l’attivazione del meccanismo di riparazione del Dna danneggiato. E poi, servono anche risposte alla crescente preoccupazione riguardo alla sicurezza dei fotoprotettori per la capacità di indurre effetti sul sistema endocrino e sull’ambiente. In quest’ultimo caso ci si interroga sulla completa biodegradabilità e su un biocumulo che potrebbero danneggiare flora e fauna marina».
Quali allora i consigli per una corretta esposizione al sole?
«Assume, e non mi stancherò mai di sottolinearlo, grande importanza l’utilizzo di prodotti che siano ecofriendly e con filtri UVA/UVB in essi contenuti, conformi al protocollo delle Hawai.
Per non impattare più di tanto sull’ecologia marina. Riassumendo, l’efficacia di un fotoprotettore si fonda su un’azione di blocco delle lunghezze d’onda nocive e di favorire processi antiossidanti e di riparazione del Dna».
Si sente spesso parlare di Spf: cosa significa?
«È l’acronimo di Sun Protective Factor: ovvero la misura della quantità di protezione dal sole che la nostra pelle ottiene applicando un filtro solare. Il concetto è stato introdotto nel 1962. Nello specifico è la misura di protezione nei confronti degli UVB che sono la quota di UV maggiormente responsabile della comparsa di eritema solare (il rossore della pelle dopo l’esposizione). L’Spf è il rapporto tra la quantità minima di sole necessaria per indurre eritema sulla pelle con filtro solare e la quantità minima di sole per indurre eritema sulla pelle non protetta. Inoltre, non esiste solo l’Spf ma esiste anche la UVA-Pf, ovvero la protezione dai raggi Uva che sono, invece, responsabili dei danni alle cellule degli strati più profondi della pelle e della comparsa dell’iniziale pigmentazione dopo l’esposizione solare».
Il cibo può essere considerato un alleato nell’esposizione solare?
«È noto che gli antiossidanti sono utili per contrastare l’azione dannosa del sole e favorire una buona abbronzatura. Ecco allora che alimenti come verdura, frutta, pesce e cereali che ne contengono in buone dosi rappresentano una soluzione, facile da consumare specie in estate!».