La frontiera di John

Un trapianto di rene su paziente sveglio cambia la medicina, ma non è solo una notizia scientifica: l’organo infatti è stato donato al giovane NICHOLAS dal suo miglior amico fin dai tempi delle elementari

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Una storia incredibile. Una nuova frontiera della medicina varcata. John Nicholas, 28 anni, ha ricevuto un trapianto di rene da sveglio e ha lasciato l’ospedale già il giorno successivo all’intervento. È successo al centro trapianti della Northwestern Medicine di Chicago dove il team chirurgico specializzato, anziché ricorrere alla normale anestesia generale, ha utilizzato un tipo di anestesia simile a quella impiegata durante i cesarei, detta spinale o epidurale. La scelta non è stata dettata da particolari problemi del paziente con la procedura tradizionale, al contrario gli è stata proposta in considerazione del profilo di candidato perfetto: giovane, con fattori di rischio ridotti e ben disposto a seguire “live” l’operazione durata attorno a due ore.
«Il trapianto di rene da svegli – spiega il dottor Vincente Garcia Tomas che ha monitorato le curve del dolore durante l’intervento – potrà aiutare i soggetti che presentano controindicazioni rischiose e contribuire ad accorciare la degenza ospedaliera, consentendo di riprendersi più comodamente a casa». E Satish Nadif, direttore del Northwestern Medicine Comprehensive Transplant Center che ha eseguito l’intervento con il professor Vinayak Rohan auspica adesso «un maggiore accesso ai trapianti per i pazienti a rischio rispetto all’anestesia generale e, nel contempo, la riduzione della degenza ospedaliera», di solito attorno ai dieci giorni e adesso stimata in 24 ore, rilevando la metamorfosi dell’intervento ad “ambulatoriale”.
«È stata un’esperienza interessante – la testimonianza di John -: vedevo cosa stava succedendo in tempo reale. A un certo punto ho chiesto se dovessi aspettarmi che la spinale facesse effetto, invece i medici avevano già portato avanti buona parte dell’operazione e io non mi ero accorto di nulla: non ho provato alcuna sensazione o dolore».
Cronaca di un’operazione innovativa e riuscita, d’un doppio lieto fine con John che risolve il suo problema, ritrova le funzioni perdute o ridotte da una lunga lotta alla malattia rilevata a 16 anni, e apre nel contempo una frontiera nuova di cui molti potranno giovarsi: unico limite, fin qui, sarebbe la cornice scientifica della notizia, preziosa e rigorosa, ma poco emozionale. Invece, nel tratto di vita che precede l’ingresso in sala operatoria, si nasconde una storia umana profonda, fatta di generosità, amicizia, speranza e coraggio. Oltre alla scelta dell’anestesia, straordinaria è difatti la provenienza dell’organo: a donare il rene doveva essere la mamma di John, che però non ha più potuto in seguito a una diagnosi di cancro al seno, così il suo posto è stato preso da Pat, il migliore amico fin dalle elementari. John aveva appena appreso dai medici che lo seguivano che cercare un donatore era ormai necessario e ne parlò con gli amici, aggiornandoli come sempre sul suo stato. Pat non registrò solo l’informazione, ma scaricò il modulo per la donazione e lo compilò subito, poi, appresa la compatibilità, non ha esitato e ha donato un suo rene: «Ci siamo sempre sentiti quel tipo di amici che si vedono nel momento del bisogno – dice John, commosso e orgoglioso della forza di un rapporto cominciato da bambini e fortificato nel tempo -: non era retorica o esagerazione, quello che è successo dimostra che era vero. Il trapianto significava tantissimo per me, mi ha davvero cambiato la vita».