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Regole per la contabilizzazione del calore

Come si fa? Quando è obbligatoria? Inquilino o proprietario: chi deve pagare questi sistemi? A quali incentivi è possibile aderire? Quesiti e relative soluzioni tecniche che necessitano di consulenza professionale

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La contabilizzazione del calore è una delle leve più importanti per favorire l’efficienza energetica in ambito residenziale, dal momento che è in grado di conferire a ogni utente l’autonomia gestionale sui propri consumi termici. Rappresenta inoltre un prerequisito per l’efficienza energetica residenziale, tanto da essere spinta esplicitamente dall’Unione europea. Il suo vantaggio principale è quello di favorire la consapevolezza per mettere in atto comportamenti energetici virtuosi: soltanto attraverso la conoscenza puntuale dei propri dati di consumo è possibile intraprendere azioni dirette verso una gestione consapevole e oculata del proprio impatto energetico e ambientale. Dal dicembre 2017 poi, è obbligatorio contabilizzare i consumi di riscaldamento e dell’acqua calda sanitaria prodotta dai condòmini i cui appartamenti sono serviti da impianti di riscaldamento e/o di acqua calda sanitaria centralizzati. Ciò significa che l’amministratore di condominio, con l’ausilio di strumenti di misurazione, riesce a determinare i consumi “reali” e di conseguenza le spese da imputare al singolo condòmino. Inoltre, sempre tramite il D.lgs. n. 102/2014, è diventata obbligatoria la termoregolazione di questi impianti! In pratica, il condòmino deve poter gestire la quantità di calore prelevata da ciascun appartamento.
Va ricordato ancora che i consumi vengono suddivisi tra quelli involontari e cioè dovuti alle dispersioni dell’impianto e dei costi comuni e quelli volontari e cioè riconducibili all’azione del singolo utente sui sistemi di termoregolazione. Superfluo rimarcare che questi due tipi di consumi devono essere contabilizzati in modo diverso. Come? I consumi volontari possono essere calcolati attraverso la contabilizzazione diretta, di solito utilizzata su impianti a distribuzione orizzontale o attraverso quella indiretta. Nel primo caso, in genere, i contabilizzatori sono costituiti da un misuratore di portata e due sensori di temperatura che rilevano la temperatura di mandata e quella di ritorno del circuito di utenza. Ogni appartamento è idraulicamente separato ed è quindi possibile installare il contatore di calore diretto sulle tubazioni in ingresso all’appartamento. La contabilizzazione indiretta invece viene sfruttata su impianti a colonne montanti a servizio di radiatori o termoconvettori. La stima avviene tramite dei ripartitori montati sui singoli corpi scaldanti. Realizzare un impianto di contabilizzazione del calore di questo tipo non comporta alcuna modifica strutturale all’impianto esistente. Il ripartitore misura il calore emesso dai radiatori e, conoscendo la potenza del radiatore e i relativi parametri di funzionamento, determina il consumo reale. La termoregolazione sui radiatori avviene mediante valvole termostatiche, che sono dei dispositivi in grado di regolare automaticamente il flusso di acqua calda in base alla temperatura richiesta. Il ripartitore è dotato di un display che indica una cifra che attesta un numero adimensionale, chiamato Ur (Unità di Ripartizione). Dal 1° gennaio 2027, tutti questi sistemi esistenti installati dovranno essere leggibili da remoto.
Normativamente occorre sottolineare che partendo dal DL 102 del 2014, negli anni sono state emanate modifiche ed integrazioni. Tra le più rilevanti sono da evidenziare le prescrizioni introdotte dal DLgs 14 luglio 2020, n. 73 che hanno determinato la scomparsa del metodo di ripartizione dei consumi involontari secondo la Uni 10200 basata sui millesimi di fabbisogno detti anche millesimi termici. Ne segue che, in assemblea, i condomini possono scegliere e deliberare il metodo da utilizzare. Scelta da realizzare prima che venga adottata la ripartizione. Seguendo il “metodo semplificato” introdotto dalla norma, sarà possibile ripartire la spesa in tal modo: almeno il 50% della spesa totale deve essere coperta tramite il reale consumo (prelievi volontari), e suddivisa tra i condomini tramite le letture dei contabilizzatori o dei sotto-contatori. La restante quota involontaria potrebbe essere ripartita, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate. Spontaneo dunque domandarsi allora: come scegliere la percentuale tra spese volontarie e involontarie? I professionisti del settore suggeriscono: nelle abitazioni di recente costruzione, la quota fissa è inferiore rispetto alle vecchie abitazioni: le dispersioni sono inferiori; optare per una quota fissa bassa, aumenta le disparità tra gli appartamenti e prevedendo una quota consumo alta, il condòmino è spinto verso il risparmio!

BaNNER
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