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«Uno staff giovane che lavora in team e porta risultati»

Il primario Francesco Varvello racconta i passaggi che hanno portato il suo reparto, all’Ospedale di Verduno, a eccellere come centro training per nuove tecniche

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Appena quarantatreenne, il dottor Francesco Var­vel­lo da circa un anno è il primario di Urologia dell’Ospedale “Ferrero” di Verduno. Origini montatesi, ormai albese, nel suo curriculum si susseguono il diploma presso il liceo scientifico “Cocito”, la laurea in Me­dicina all’Università di To­rino, la specializzazione presso l’Università del Piemonte Orientale, due master universitari e alcuni riconoscimenti internazionali.
Con lui abbiamo fatto il punto sull’attività condotta in questi dodici mesi, dei numeri conseguiti dalla struttura che guida e dei risultati che l’hanno portata ad eccellere anche a livello nazionale come centro di training dove gli urologi si recano per imparare tecniche mininvasive per l’ipertrofia prostatica.

E c’è un aspetto che alimenta questi successi, forse comune a tanti settori, eppure per nulla scontato, tanto più in un reparto ospedaliero; ne è convinto il dottor Varvello: «Il gioco di squadra. Se la nostra struttura ha ottenuto questi risultati è grazie a tutto lo staff; un gruppo particolarmente giovane (l’età media è intorno ai quarant’anni), di diverse provenienze e con una spiccata capacità di lavorare in team. Anche per questo la Direzione, che ringrazio, crede molto nel nostro reparto e ci sta consentendo di ampliarne l’organico. È la prossima sfida, anche se trovare specialisti oggi non è facile».

Esattamente, di che cosa si occupa il vostro reparto di urologia?

«Quando si pensa alla nostra specialità forse non si ha idea di quanto sia vasta; in termini generali possiamo affermare che l’urologia è la specialità chirurgica che si occupa dell’apparato urinario e dell’apparato genitale maschile. La maggior parte della nostra attività è dedicata alla cura dei tumori che colpiscono la prostata, il rene e la vescica. Poi c’è tutto il discorso connesso all’ipertrofia prostatica e alla calcolosi urinaria. E ancora, ci sono i settori più specifici dell’urologia connessi alla salute sessuale e all’apparato riproduttivo degli uomini (andrologia), ma anche l’uroginecologia (con il problema dei prolassi), il tema dell’incontinenza, la chirurgia protesica (da anni facciamo interventi sia per l’incontinenza maschile che per la disfunzione erettile). L’unico ambito di cui non ci occupiamo in modo specifico è la neurourologia, che tratta i problemi urologici di origine neurologica, per la quale esiste in Piemonte un centro specializzato a Torino».

Quindi, a differenza di quanto comunemente si pensa, an­che le donne possono necessitare di visite urologiche.
«Certo, perché anche le don­ne hanno l’apparato urinario. Seguiamo molte donne per calcoli renali, patologia molto diffusa che sugli accessi al pronto soccorso per questioni urologiche riguarda un caso su due. Ci sono poi patologie di confine tra l’urologia e la ginecologia, come quelle legate al prolasso urogenitale che, all’ospedale di Verduno, sono seguite dal reparto di urologia. Affatto secondarie sono poi tutte le problematiche inerenti all’incontinenza e alle relative terapie mediche, fisioterapiche e chirurgiche».

Siete considerati tra i migliori centri nell’utilizzo della chirurgia robotica per la cura delle neoplasie dell’apparato urogenitale. Ci può fornire qualche dato e qualche dettaglio sulla vostra attività?
«Nell’ultimo anno e mezzo abbiamo incrementato del 50 per cento gli interventi per tumori della prostata e della vescica e del 30 per cento quelli per le neoplasie del rene. Grazie al sistema “Da Vinci Xi” donato nel 2018 dalla Fondazione Ospedale Alba-Bra ci siamo specializzati negli interventi robotici mininvasivi. L’urologia è la specialità che più si presta all’adozione della chirurgia robotica: è ormai dimostrato infatti che per quanto riguarda gli interventi sulla prostata e sul rene i risultati che otteniamo rispetto alle tecniche di chirurgia a cielo aperto e di laparoscopia convenzionale sono nettamente superiori. Per quanto riguarda le terapie mini invasive per l’ipertrofia prostatica siamo specializzati nell’utilizzo di tecnologie come il “Green Light Laser” (con oltre mille interventi effettuati) e il sistema “Re­zum”, di più recente introduzione (oltre 300 interventi effettuati). Il “Green Light Laser” ci permette di intervenire sull’adenoma prostatico con risultati estremamente buoni e senza sanguinamento sfruttando il potere coagulativo del laser che colpisce il tessuto e lo vaporizza riducendo peraltro notevolmente anche il decorso post operatorio. Il sistema “Rezum” consiste invece nella trasmissione di calore sottoforma di vapore acqueo all’interno prostata con risultati simili a quelli ottenuti con l’intervento chirurgico, ma limitandone gli svantaggi sulla sfera sessuale e soprattutto sull’eiaculazione; questo aspetto è particolarmente importante soprattutto nel caso dei pazienti più giovani. Queste tecnologie permettono di raggiungere ottimi risultati ma il problema dei costi ne ha per il momento limitato la diffusione. Per fortuna la nostra azienda ci ha sempre sostenuto permettendoci di perfezionare queste tecniche che progressivamente hanno sostituito gli interventi tradizionali».

Queste innovazioni hanno aumentato l’attrattività della vostra struttura?

«La risposta è affermativa: sono sempre meno i pazienti del nostro territorio che scelgono strutture esterne all’Asl Cn2, mentre sono in aumento coloro che da altre realtà territoriali (anche extra regionali) si rivolgono al “Ferrero” per le proprie problematiche urologiche. Questa è una buona cartina di tornasole del nostro lavoro e simili risultati stupiscono positivamente e soddisfano».

Parliamo di prevenzione del tumore alla prostata, quali gli screening?
«Su questo è bene essere chiari: non esistono a livello nazionale programmi dedicati di prevenzione come per altri tipi di cancro, e c’è un motivo: pur sapendo che il tumore alla prostata è il più diffuso tra gli uomini, non ci sono ad oggi studi che dimostrino in maniera inequivocabile che una diagnosi precoce riduca la mortalità; è uno degli aspetti più controversi della nostra letteratura. La prevenzione è quindi affidata all’iniziativa dei singoli pazienti che, informati sui possibili benefici e rischi dello screening, scelgono individualmente di sottoporsi ai controlli. Per quanto riguarda l’Asl Cn2 abbiamo mantenuto negli ex ospedali di Alba e Bra gli ambulatori urologici di primo livello ai quali si può accedere facilmente, spostando a Verduno solo le visite e gli esami di secondo livello».

Quando è consigliabile un controllo urologico?
«In assenza di famigliarità per neoplasie della prostata la prima visita specialistica è consigliata intorno ai 50 anni. In caso di famigliarità i controlli devono iniziare dieci anni prima. Si stabilirà poi insieme all’urologo la cadenza delle visite che, in base all’andamento degli esami, potranno essere più ravvicinate. Ma la prevenzione dei tumori della prostata non è l’unico motivo per il quale eseguire visite urologiche. Sono infatti molto diffusi negli uomini i disturbi minzionali secondari all’ingrossamento della prostata per il quale lo specialista può consigliare esami, terapie, trattamenti».

BaNNER
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