È un momento particolarmente propizio per la carriera artistica di Cristiano Omedè, attore nato e cresciuto nella provincia astigiana, da diversi anni ormai albese d’adozione. Dopo aver partecipato in passato a numerose produzioni di successo, come ad esempio “Rocco Schiavone” e “Il Paradiso delle Signore”, l’attore piemontese è da qualche mese al centro della campagna pubblicitaria dell’azienda di telefonia mobile Optima ed è tra i protagonisti del film di Stefano Moscone “Al termine della notte”, che sarà presentato nei prossimi giorni in anteprima internazionale al prestigioso Giffoni Film Festival. Alla luce di queste interessanti novità, Rivista IDEA lo ha intervistato.
Omedè, che effetto fa essere protagonista di una campagna pubblicitaria di grande successo?
«La collaborazione nasce nel 2023, un po’ per caso, visto che cercavano un protagonista per la loro campagna e fra le varie opzioni la coincidenza ha voluto che scegliessero me. Visto il successo riscosso, superiore alle attese, quando per il 2024 hanno deciso di pianificare lo spot per il secondo anno, mi hanno chiamato direttamente. Non capita spesso e questo per me è l’orgoglio più grande. Essere testimonial di un marchio così importante è sicuramente piacevole, anche perché ho avuto la possibilità di lavorare con persone con cui si è instaurato un bel rapporto umano, aspetto che fa la differenza. Per di più la campagna è anche divertente, quindi dà un’immagine un po’ diversa rispetto a quello che ho sempre fatto fino ad ora».
D’altra parte negli anni ha instaurato un legame piuttosto solido con le pubblicità.
«Esatto. Tra l’altro mi era già capitato di iniziare la carriera con una campagna pubblicitaria internazionale, per quattro anni, quindi so cosa voglia dire in termini di responsabilità e di riscontro con il pubblico. Devo dire che tra i lati più simpatici di questa campagna con la Optima c’è sicuramente il fatto che, al secondo anno in cui entri in maniera costante nelle loro case, le persone comincino a trovarti familiare».
Le novità relative al suo percorso artistico non si fermano qui. Proprio in questi giorni sarà presentato “Al termine della notte”, film di Stefano Moscone che la vede tra i protagonisti. Di che progetto si tratta?
«È un progetto che mi ha sorpreso, arrivato in un periodo di alti e bassi dove ero abbastanza in crisi in merito al mio futuro professionale. A dicembre Stefano Moscone, anche lui albese, mi ha chiamato e mi ha prospettato la cosa facendomi capire di apprezzare il mio modo di lavorare. Ho preso parte a questo film con una squadra per il 90% piemontese e tutta giovanissima. Non mi aspettavo che l’anteprima internazionale arrivasse proprio nella prestigiosa cornice del Giffoni, tra l’altro nella sezione più importante. È stata la ciliegina sulla torta».
Di che genere di film si tratta? Qual è il ruolo che interpreta?
«Si tratta di un film intimo che racconta una favola sci-fi, ambientata in una Torino piuttosto inedita. Stefano è riuscito a dare un’impronta molto sensibile ai personaggi. Interpreto il ruolo del papà della protagonista, la piccola Luna».
Che tipo di personaggio è?
«È un papà di questi tempi, che deve fare i conti con la vita di tutti i giorni e con un carattere anche abbastanza schivo. Un personaggio molto pratico, un meccanico, al quale però non manca una certa sensibilità. Follemente innamorato di Luna, è separato dalla mamma di sua figlia ma la piccola spingerà per farli tornare insieme».
Che esperienza ha vissuto sul set?
«Conoscevo già gran parte del cast tecnico: il clima è stato divertente, leggero, ma anche estremamente professionale. Stefano ha creato un’atmosfera di collaborazione e di grande umanità. Credo che proprio questa serenità respirata sul set abbia contribuito a produrre un risultato che secondo me farà tanta strada».
La partecipazione al film sarà anche un modo per celebrare i suoi quindici anni di attività. Quando ha capito di voler fare l’attore?
«Ho iniziato a recitare sin da bambino. C’è un cortometraggio che mi sono autoprodotto per i dieci anni di carriera, “L’origine di nuovo”, che racconta molto bene tutti questi aspetti. Più che fare l’attore, però, per me si trattava dell’esigenza, che poi nel corso degli anni è diventata urgenza, di comunicare. Nella mia vita ho vissuto tante fasi, tutte caratterizzate da questa necessità. Quella che più di tutte mi ha dato l’opportunità di esprimere, sperimentare e conoscere me stesso è stata la recitazione».
Cosa la emoziona di più del suo lavoro?
«La generosità: è un lavoro che in questi anni mi ha sempre dato tutto ciò di cui avevo bisogno nel momento giusto. Mi definisco un attore anomalo. La mia carriera è sempre stata piuttosto dinamica, ho spaziato in varie forme e vari settori, e proprio quella relativa alla mia poliedricità nel mondo dello spettacolo è la parte che più mi appassiona e attorno alla quale vorrei sintetizzare tutte le mie diverse esperienze».
Ci sono incontri che reputa particolarmente importanti per lo sviluppo della sua carriera?
«Sì, devo essere grato per tre incontri. Il primo è quello con Massimo Scaglione, regista teatrale e televisivo, direttore artistico della scuola di recitazione presso la quale mi sono diplomato. Altri incontri fondamentali per me sono stati quelli con Katina e Bruno Genero, coreografa e musicista, conosciuti negli anni di formazione. Sono state persone importanti, che mi hanno ispirato e mi sono state d’esempio».
Tra cinema e tv ha poi avuto modo di conoscere tante celebrità. Ci sono aneddoti particolari da raccontare?
«Fra le primissime esperienze ho avuto l’occasione di trascorrere una giornata sul set di “Venuto al mondo” di Sergio Castellitto, la cui protagonista era la bellissima Penelope Cruz. Racconto sempre questo aneddoto: ero in una stanza con altri attori, davo le spalle all’ingresso e all’improvviso sento un’energia fortissima. Mi giro e vedo che la Cruz era appena entrata nella stanza».
Altre curiosità da svelare?
«Tra gli italiani ricordo con affetto Marco Giallini, con cui ho condiviso quasi una settimana sul set della fiction “Rocco Schiavone”. Mi hanno colpito la sua umanità e la sua semplicità, da lui ho scoperto tra l’altro l’esistenza delle casse portatili bluetooth. Sul fronte televisivo, invece, tra gli incontri più piacevoli ci sono quelli con Gerry Scotti e Antonella Clerici: cito loro perché sono sempre genuini e danno la sensazione di conoscerli da una vita».
Cosa consiglierebbe ad un giovane con la sua stessa passione per lo spettacolo?
«Di interrogarsi se è davvero quello che vuole fare».
Articolo a cura di Domenico Abbondandolo