L’aeroporto internazionale si trova su una piccola penisola a sud ovest. L’aereo sorvola per un po’ il mare in tempesta, c’è molto vento ma lui si allinea sulla pista di atterraggio senza problemi. Il clima dell’Islanda è molto variabile, ci accoglie con pioggia e cielo color piombo. Subito mi rendo conto che il cielo bianco, che vedevo spesso nelle fotografie, è in realtà il cielo che trovi quasi tutti i giorni su quest’isola oltre il 62º parallelo. L’Islanda è grande un terzo dell’Italia con una popolazione di circa 390.000 abitanti, di cui più di un terzo vivono a Reykjavik, unica grande città. Il resto vive in piccoli villaggi sparsi su tutta l’isola collegati tramite aeroporti o strade con poco traffico. Non esiste la ferrovia perché avrebbe bisogno di troppa manutenzione visto il continuo movimento del terreno.
Giugno è il mese della luce, siamo nel periodo delle notti bianche, le giornate sfumano una dentro l’altra senza interruzioni, il sole, se in tarda serata c’è ancora, scende all’orizzonte per poi iniziare a salire subito dopo e non è possibile capire dove finisce un giorno e inizia l’altro. L’estate è una lunga giornata ininterrotta.
Spostandoci verso Reykjavík notiamo subito i prati verdissimi con una meravigliosa fioritura di lupini viola. Raramente si vedono alberi o cespugli e sono tantissime le colate laviche di antiche eruzioni parzialmente ricoperte da muschi e licheni.
Reykjavik, letteralmente “Baia del fumo”, nome ispirato probabilmente al vapore che si sprigionava da una sorgente termale che oggi alimenta la piscina pubblica di Laugardalslaug, fu fondata nell’874 dal primo colono norvegese e rimase per molti secoli solamente una grande fattoria in riva al mare. Oggi è una città giovane ancora in cerca del suo carattere. Sono scomparse le casette di torba per far posto ad anonimi palazzi di cemento. Il centro storico è pedonalizzato e sulle stradine si affacciano negozi di abbigliamento sportivo, ristoranti alla moda, bar e pub. In riva al mare sorgono alcuni edifici modernissimi come la sala concerti Harpa, costeggiando la riva si arriva a Höfði, una sobria costruzione bianca su due piani che divenne famosa per aver ospitato uno storico incontro tra Reagan e Gorbaciov per la riduzione delle armi nucleari.
Viaggiando a sud incontriamo il ghiacciaio Vatnajökull con una superficie di circa 8.100 km², il più grande d’Europa. Alcune sue lingue di ghiaccio formano delle lagune, la più estesa è Jökulsárlón. È uno spettacolo incredibile, con il gommone ci avviciniamo agli enormi iceberg azzurri che rimangono intrappolati per molto tempo nella laguna. Bisogna sapere che la parte visibile dell’iceberg è solamente il dieci per cento della massa totale e la laguna, profonda 300 metri, li ospita sino a quando diminuiscono notevolmente e possono passare attraverso il canale che li porta in mare aperto.
I ghiacciai islandesi sono il residuo di un’antica calotta glaciale che ricopriva l’isola fino a 10.000 anni fa. Sotto i ghiacciai si celano aree vulcaniche che quando si attivano provocano la fusione di grandi quantità di ghiaccio e ondate di piena che devastano le zone circostanti con inondazioni e dense nubi di cenere.
I ghiacciai alimentano i corsi d’acqua di colore plumbeo. I fiumi superano spesso dei notevoli dislivelli tra gli strati basaltici che ricoprono l’isola formando imponenti cascate come Godafoss, Skògafoss, Gullfoss, per citare alcune tra le più spettacolari.
Il vulcanesimo provoca spesso dei fenomeni geotermici: fiumi caldi, fumarole e solfatare. Strokkur è un geyser in attività che emette acqua calda, fino a 30 metri di altezza, a intervalli regolari.
L’Islanda è un paradiso per i birdwatcher per l’abbondanza di esemplari, arrampicandosi su un promontorio si fotografano le Fraternicula Arctica, comunemente chiamate Pulcinella di mare, dei buffi uccelli con il becco rosso che su quel promontorio nidificano. Un po’ inquietante è stato il nostro incontro con le sterne artiche codalunga che non hanno esitato a difendere il luogo in cui avevano nidificato, scendendo in picchiata per beccarci in testa!
Testi e foto di Grazia Bertano