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«Per Collisioni il successo va oltre i biglietti venduti»

Nostra intervista a Filippo Taricco, il direttore artistico del festival musicale che ad Alba ha richiamato più di 40mila persone in due settimane

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«Alcuni festival stanno invecchiando con i lo­ro fondatori. Noi, tre anni fa, abbiamo fatto una scelta diversa: dare spazio ai più giovani e rinnovarci sempre. Ora che questo ciclo artistico si è concluso, possiamo dire che è stata una scommessa vinta e ne terremo conto anche per il futuro». Filippo Taricco è il direttore artistico del festival Colli­sioni. Per la sua 16esima edizione, dal 5 al 13 luglio, ha richiamato ad Alba più di 40.000 persone. Con oltre 10 ore di musica, in 4 appuntamenti, 12 artisti hanno calcato il palco di piazza Med­ford: Calcutta per la serata inaugurale, i Club Dogo per la seconda e Nayt, Silent Bob, Maida e Tedua per la terza; l’ultima, invece, è stata con Artie 5ive, Tony Boy, Paky, Anna e Capo Plaza. Per tracciare un bilancio della manifestazione, inizia da quando, ormai diversi mesi fa, l’organizzazione li ha annunciati, aprendo le vendite dei biglietti: «Ricordo bene che, soprattutto su Facebook, molti han­no commentato quasi scandalizzati. Era già successo l’anno scorso e quello prima ancora. Si chiedevano chi fossero questi cantanti, non li avevano mai sentiti nominare. Avere sul palco gli idoli delle nuove generazioni, per noi, è stata una scelta precisa e consapevole. L’abbiamo presa, con un orizzonte triennale, subito dopo la pandemia, quando sono ripartiti i grandi eventi».

Visti i numeri, la ritenete vincente?

«Anche quest’anno non si potrebbero fare altre valutazioni, con una media di oltre 10.000 spettatori a concerto. Ma il successo della nostra scelta non si misura solo sui biglietti venduti».

Quali altri parametri vi rendono soddisfatti?
«Abbiamo dato spazio a musica e artisti che troppo spesso non hanno accesso a manifestazioni come la nostra. È un’operazione culturale: rendersi conto delle nuove forme d’arte e dare loro dignità e spazio».

Molti faticano a comprenderne il valore artistico. Le loro critiche sono tutte basate su pregiudizi infondati?
«Non si può generalizzare, ma c’è una questione che caratterizza la contemporaneità: la scarsità del dialogo tra generazioni. La amplifica il mondo digitale, che spinge ciascuno di noi a coltivare sempre di più i propri interessi e le proprie nicchie, chiudendo lo sguardo. In questo contesto, si tende a criticare ciò che non si conosce e ad andare sull’usato sicuro».

Soprattutto nel settore musicale, infatti, sembrano andare forte le “operazioni nostalgia”: band storiche all’ennesimo annuncio dell’ultimo tour, concerti-fiume con i successi di tutta la carriera… Voi avete fatto una scelta diversa.
«Esatto. Era un rischio, ma è stato giusto correrlo. Smet­tere di seguire i giovani significa rinunciare a leggere la contemporaneità».

Chi erano i ragazzi che avete accolto in piazza Medford?
«Arrivavano da tutto il Piemonte, alcuni anche da fuori Regione. Nelle prime due serate erano soprattutto giovani adulti, fino a 35 anni. Le altre hanno richiamato in città moltissimi adolescenti, già dai 12 anni. Tra i loro genitori ci sono molti che hanno vissuto tra il pubblico le prime edizioni di Col­lisioni. Adesso sono stupiti, perché non ritrovano lo stesso festival a cui erano abituati. Ma questo non è un problema, anzi: aver saputo rinnovarci è il nostro valore aggiunto».

Anche lo slogan dell’edizione di quest’anno, “La guerra dei mondi”, richiamava il tema dello scontro generazionale. La musica può essere un terreno fertile per l’incontro tra generazioni?
«Può, ma non deve esserlo per forza. Non si tratta di far apprezzare a tutti le nuove forme artistiche, ma di dare a tutte loro pari dignità. Alcune di loro potranno fare breccia anche tra nuove categorie di pubblico, altre potrebbero continuare a parlare anche in futuro a un’unica generazione, ma questo non influirà sulla loro qualità. Io ho quasi 50 anni: alcune sonorità che abbiamo ascoltato al festival mi sono quasi del tutto aliene, ma non significa che siano di scarso valore».

Quali sono, secondo lei, i valori artistici degli musicisti che avete ospitato?
«La penna di Tedua è molto interessante. Calcutta, non ho dubbi, sarà ricordato tra i migliori cantautori della no­stra epoca. Le sonorità di Anna stanno segnando una svolta nel panorama musicale».

La vostra scelta artistica era stata annunciata come un percorso triennale, che è terminato quest’anno. Come im­magina il futuro di Collisioni?
«Ne parleremo presto con tutti i nostri partner, compreso il nuovo sindaco di Alba Alberto Gatto. Banca d’Alba ha creduto con convinzione e generosità nelle nostre proposte per le nuove generazioni e, se ci sarà interesse, le porteremo avanti con lei. Terremo gli occhi aperti sulle novità, ma torneremo a ospitare anche artisti ed eventi che guardino anche a un pubblico più adulto».

A proposito di artisti, chi saranno i primi che inviterà all’edizione 2025?

«È presto per dirlo, anche se le idee non mancano. Pubbli­camente, ne parleremo solo nei prossimi mesi».

Come tutti i grandi eventi, Collisioni è una macchina complessa anche dal punto di vista organizzativo. In cosa innoverete la logistica dell’evento?
«Le norme di sicurezza, giustamente, pongono vincoli sempre più stringenti. Ri­spetto a tanti eventi simili al nostro, siamo convinti che la nostra logistica funzioni be­ne. Ovviamente, si può sempre migliorare. Proveremo a farlo valutando la possibilità di aprire un secondo punto di accesso all’area spettacoli, per smaltire più velocemente le code».

Articolo a cura di Luca Ronco

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