«Più informazione e le giuste tecniche per la montagna»

Luca Giaj Arcota è il presidente regionale del Soccorso Alpino e Speleologico: «Aiutare gli altri in alta quota è una missione quotidiana»

0
3

Luca Giaj Arcota, presidente regionale del soccorso Alpino e Speleologico, da 30 anni si occupa di soccorrere le persone in montagna. Una mis­sione difficile fatta di velocità, competenza, consapevolezza e spirito di gruppo.

Ci può raccontare un po’ della storia del Soccorso Alpino e Speleologico Piemontese?
«Il Soccorso Alpino e Spe­leologico Piemontese (Sasp) è un’articolazione regionale del Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico (Cnsas), nato ufficialmente il 12 dicembre 1954. Inizialmente, era no­to come Corpo di Soccorso Alpino. Nel 1968, la componente speleologica si è aggiunta, completando la struttura attuale. Da allora, il Sasp ha giocato un ruolo fondamentale, grazie anche al vasto territorio piemontese che include oltre 1.000 chilometri di montagne e valli».

Come è strutturato?

«Il Sasp è organizzato in 11 Delegazioni Alpine e 1 Spe­leologica, suddivise in 53 stazioni operative territoriali. At­tualmente, contiamo su circa 1.185 operatori tecnici volontari. Ogni stazione è composta da un minimo di 12 soci e copre uno o più comuni limitrofi. La nostra struttura garantisce una copertura capillare del territorio piemontese, assicurando interventi tempestivi ed efficienti».

Che anno è stato il 2023, ha qualche dato sulla vostra attività?

«Nel 2023, il Sasp ha gestito 2.181 eventi di soccorso, effettuando 1.529 missioni. Ab­biamo soccorso 1.793 persone, impiegando un totale di 34.596 ore uomo. Le nostre attività principali includono il soccorso sanitario in ambienti montani e impervi, nonché la protezione civile in collaborazione con il settore Protezione Civile della Regione Piemon­te».

Ci sono dei fattori che influenzano la vostra attività di soccorso?
«Il fattore meteorologico è fondamentale. Prendiamo in esa­me quest’anno che è caratterizzato da un forte innevamento persistente. Nelle ultime settimane riceviamo moltissime ri­chieste di interventi, a causa di questo innevamento anomalo che presuppone un approccio molto più tecnico del solito. L’arrampicata pura e semplice si va a miscelare con delle parti di roccia e ghiaccio che complicano il percorso».

Un altro elemento è legato alla maggiore frequentazione della montagna.

«Questo è avvenuto dopo il periodo Covid, si è verificato un maggiore avvicinamento alla montagna, indipendentemente dalle capacità tecniche. Si va dalla passeggiata, all’e­scursione più impegnativa fi­no alla via alpinistica o scialpinistica nei periodi invernali».

Quanto contano la consapevolezza e un approccio “giusto”?

«Tantissimo, a volte c’è un approccio troppo “allegro”. Per questo noi proviamo a fare un’opera di sensibilizzazione, cercando di fare capire alle persone che la montagna è una co­sa meravigliosa ma che va “presa” nel modo corretto: va frequentata con le giuste capacità, le giuste tecniche, le giuste attrezzature e soprattutto la giu­sta informazione».

Quali sono invece gli aspetti cruciali in un soccorso in una situazione di emergenza?
«La situazione di emergenza è caratterizzata dal fatto che bisogna, in tutti i casi, evacuare il ferito o la persona in difficoltà, nel più breve tempo possibile, cercando di contenere i danni che ci sono già e di affidare velocemente la persona alle cure dei medici. Tutti quanti i no­stri tecnici volontari hanno un allegato sanitario 118, quindi comunque hanno una formazione sanitaria di base che fa la differenza quando ci approcciamo su un incidente. In quasi tutte le squadre e le stazioni ci sono degli infermieri o dei medici che trattano il ferito in un modo molto più professionale rispetto a quello che può essere il semplice aiuto dato da un volontario con un semplice allegato sanitario».

Nella vostra attività non mancano i salvataggi complicati o le operazioni all’estero.

«Nel 2023 l’integrazione dei nostri tecnici nelle operazioni di elisoccorso notturne, iniziata il 1° giugno ci ha permesso di effettuare operazioni speciali al buio, come il recupero di due escursionisti ipotermici sulla Bisalta. Inoltre, siamo intervenuti con successo in operazioni internazionali, co­me il salvataggio di uno speleologo americano bloccato a -1.000 metri in una grotta in Turchia».

Un cambio di passo.
«Un tempo il Soccorso Alpino era visto come il presidio all’interno delle valli dove ognuno viveva. Mentre oramai, di fatto, il Corpo del Soccorso Alpino è una realtà nazionale, conosciuta ed apprezzata, che viene chiamata all’estero, come ad esempio nel caso della Turchia lo scorso anno, o nel 2014 quando c’era stato quell’incidente in una grotta in Alta Baviera, in cui l’entrata in scena del Soccorso Alpino Spele­o­logico Italiano era stata la chiave di volta per salvare uno speleologo a 900 metri di profondità».

Ci sono inoltre interventi im­portanti anche in Italia.

«Possiamo ricordare la valanga di Rigopiano, i terremoti in cui siamo stati impegnati con le forze disponibili sul territorio, penso all’Aquila, Amatrice, l’Umbria, ma potrei andare avanti per un bel po’. Si tratta di un’evoluzione che testimonia il riconoscimento di una capacità e un modo di operare decisamente avanzato».

La formazione continua è un elemento indispensabile.
«Noi abbiamo praticamente tutto un sistema che garantisce l’operatività del nostro volontario a tutto tondo. Noi ogni cinque anni abbiamo delle verifiche, una sessione estiva e una sessione invernale. Questo serve praticamente a garantire l’operatività dei soccorritori. Il nostro protocollo sanitario prevede che ogni due anni l’aggiornamento del corso Blsd per l’uso dei defibrillatori. Abbia­mo poi delle verifiche sanitarie periodiche che valutano lo stato fisico, ma soprattutto le capacità del personale mediante scenari che simulano un incidente».

I vostri obiettivi futuri?
«La nostra famiglia è grande e abbiamo bisogno di finanziamenti. La Regione ci aiuta, ma i costi ci sono e non mancano i progetti importanti. Abbiamo iniziato l’anno scorso il rifacimento di tutti i ponti radio e dell’intera rete radio. Un costo di milioni di euro che deve essere spalmato dal punto di vista finanziario, ma soprattutto dal punto di vista tecnico».

Non si stanca mai di tutto questo stress?

«Non è solo una questione di adrenalina. Trasformare la propria passione in qualcosa di utile e di aiuto al prossimo è qualcosa di impagabile».

Articolo a cura di Daniele Vaira