«Le nostre automobili sono ferme in coda vi spiego perché»

Abbiamo chiesto al direttore di Quattroruote di raccontarci lo scenario attuale: «In Europa solo il 12,5% sceglie le auto elettriche, le previsioni erano tra il 25 e 30 per cento. Intanto il prezzo medio delle vetture è quasi raddoppiato. Non esportiamo più e i cinesi vengono qui a vendere macchine a benzina»

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Automobili, che co­sa sta cambiando? Lo abbiamo chiesto al direttore del mensile Quattroruote, cioè Gian Lu­ca Pellegrini, partendo dall’enigma delle auto elettriche. «L’Eu­ropa ha deciso di mettere una data di scadenza – ci ha spiegato – come per lo yogurt. Dal 2035 si potranno vendere soltanto automobili a emissioni zero, che in questo momento sono esclusivamente macchine elettriche. L’unica alternativa, l’idrogeno, non è ancora commercialmente realizzabile. Noi di Quat­tro­ruote lo diciamo da anni: attenzione che questa transizione, progettata partendo da premesse sbagliate, non è realizzabile nei tempi e nei modi prospettati».

Perché allora è stata fatta questa scelta?
«Ci sono state implicazioni di carattere geopolitico, economico, commerciale, strategiche. E oggi ci stiamo rendendo conto delle prime conseguenze. Scelte sbagliate anche da parte dei costruttori che hanno accettato l’imposizione credendo che fosse funzionale al cambiamento del modello di business, perché nell’ultimo periodo avevano venduto me­no macchine, guadagnando però molto di più perché nel frattempo si erano alzati i prezzi medi: in Italia prima della pandemia il prezzo medio di un’auto era di 18.000 euro, ora siamo a 30.000, è quasi raddoppiato».

Errori di valutazione?
«Forse le case automobilistiche sono rimaste abbagliate dalla prospettiva di vendere milioni di macchine e hanno accettato la svolta verso l’elettrico. Adesso si rendono conto che in realtà l’Europa è finita in una morsa. Ci muoviamo in un mercato globale, non possiamo più essere autoreferenziali. Da una parte gli Stati Uniti hanno chiuso le barriere, dall’altra i cinesi controllano completamente la filiera dell’elettrico: dall’estrazione delle materie prime fino alla produzione delle batterie. Producono macchine interessanti, non soltanto elettriche, e stanno velocemente arrivando da noi».

Cosa farà il governo europeo?
«Ha fatto una scelta dalla quale non può tornare indietro. Del resto cosa ha detto Von der Leyen dopo la rielezione? Il Green deal resta, ci potranno essere piccole deroghe, ma il 2035 è una data identitaria. Solo che per i cicli dell’automobile, è come se fosse dopodomani. Ecco perché i produttori iniziano a tagliare i costi, dopo averne già tagliati negli anni passati».

Quale è lo scenario imminente?
«Non si vendono più macchine in Europa come succedeva prima e si è chiuso il principale mercato di esportazione, la Ci­na. Le case automobilistiche avevano annunciato che sarebbero passate all’elettrico anche prima del 2035, ora capiscono che non c’è un mercato. Sono andato a rivedermi le previsioni degli analisti: dicevano che nel 2024 le vendite di automobili elettriche in Europa sarebbero state comprese tra il 25 e il 30 per cento del mercato. Siamo al 12,5%, cioè meno della metà. Poco più di 80 persone su 100 acquistano auto tradizionali».

Questo che cosa significa?
«Che non abbiamo mai chiesto ai consumatori se volevano comprare il prodotto che tutti avevano già iniziato a produrre, cioè le macchine elettriche. Di­men­ticando la
tec­nologia che conoscevamo. benissimo, quella delle macchine termiche. Ora i consumatori hanno risposto: no, le macchine elettriche non le vogliamo. E la cosa grave è che i cinesi non ci “invaderanno” con le macchine elettriche, lo faranno con quelle a basso costo con motore a benzina. Costano po­co e gli europei non le fanno più».

Prima parlava dei tagli.
«Avete visto la Volkswagen: l’altro giorno ha fatto questo di­scorso drammatico a dipendenti e sindacati, “abbiamo sbagliato tutto, dobbiamo prepararci a lacrime e sangue”».

Le tecnologie sono in evoluzione. Magari a breve il mercato dell’elettrico diventerà attrattivo.
«Certo, è una tecnologia agli inizi. Per arrivare alla piena ef­ficienza dei motori termici, ci abbiamo impiegato 100 anni. L’elettrico conoscerà un’accelerazione tecnologica molto for­te. Però c’è una serie di cose che non riguarda il prodotto ma la produzione di energia, perché se non si usa la rinnovabile onestamente l’elettrico non ha senso. C’è da mettere in piedi un’infrastruttura di ricarica degna di questo nome. Guardi, io conosco il tema perché da anni guido macchine elettriche. Sa qual è l’unica differenza che esiste tra un’auto tradizionale e un’elettrica?».

La modalità di ricarica?
«Il fatto che devi sapere dove e come caricare l’elettrica. Que­sto impone un cambio di abitudini da parte dei consumatori che è stato sottovalutato. Spes­so ne parlo con i costruttori e loro non capiscono. Io dico: ma voi questi problemi non li avete? La risposta è: ma noi non guidiamo macchine elettriche».

È indicativo.
«Prendiamo il tema del­lo sviluppo delle colonnine. Praticamente è fer­mo, perché quelli che dovrebbero investire nelle colonnine si stanno rendendo conto che non c’è un business. Alcune aziende del settore, fateci caso, si stanno disimpegnando. Alla fine non ci si deve stupire se in Europa si vendono poche auto elettriche».

E in Italia, in particolare?
«Siamo messi ancora peggio, in Italia si vende il 3% di macchine elettriche. Ma dentro a questo dato ci sono le macchine immatricolate da costruttori e concessionari. E perché? C’è un meccanismo che sta diventando sempre più severo, per cui si pagano le multe sulle emissioni di Co2 superiori ai limiti imposti dall’Unione europea. Più automobili elettriche vendi, meno multe paghi. Così i concessionari non mettono più in commercio le automobili normali che la gente vorrebbe».

Questo ci porterà verso nuovi modelli di fruizione, magari un noleggio sempre più facile?
«Si venderà di più la mobilità e meno l’automobile. Ma per ora non sta in piedi. Per esempio, che ne sarebbe dell’ecosistema delle concessionarie?».

Un aspetto positivo: le nuove auto sono sempre più sicure.
«Sì, però intanto se ne vendono sempre meno e quindi il parco circolante continua a invecchiare. Noi in Italia lo sappiamo benissimo. Quindi forse ci dovremmo concentrare sul fatto che bisognerebbe aiutare le persone a comprare macchine un po’ meno vecchie. E invece attualmente in Italia più della metà delle macchine usate che sono state vendute nell’ultimo anno hanno oltre 10 anni d’età. La gente vende la propria macchina vecchissima per comprarne una vecchia».

Previsioni per l’automotive?
«La componentistica italiana è riuscita ad affrancarsi dalla dipendenza nei confronti di Fiat. Ora c’è per esempio un rapporto molto stretto con la Germania. Il problema è che adesso sono proprio i tedeschi ad essere in difficoltà…».

CHI È

Giornalista, ha trascorso tutta la sua carriera a Quattroruote, iniziando come stagista all’età di 25 anni e assumendo gradualmente ruoli di
maggiore responsabilità nel corso degli anni fino alla Direzione. Nel gennaio 2023 ha assunto la responsabilità anche di Ruoteclassiche

COSA HA FATTO

Riferisce di aver iniziato a leggere Quttroruote nel 1977 e di essere entrato in redazione nel 1988. Nel 2014 è diventato il direttore della testata specializzata in automobili. Ha guidato «praticamente tutte le auto apparse sul globo terracqueo negli ultimi 30 anni»

COSA FA

Nell’ultimo periodo, come direttore di Quattroruote, ha evidenziato le criticità dell’elettrico, scrivendo un fondino (“non piace e l’avevamo previsto”) che ha aperto un dibattito sul tema. Nell’intervista ha spiegato a IDEA la sua opinione