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«Qui c’è un progetto che tutti insieme portiamo avanti»

Nicola Perullo, professore di Estetica, è il nuovo rettore a Pollenzo: «Il cibo ha tanto di umanistico»

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«Vogliamo crescere in una dimensione globale, ma non tagliamo i legami con il territorio, anzi: li rafforziamo. Es­sere qui è una delle nostre forze, da valorizzare creando sempre più senso di comunità, anche grazie alle attività accademiche». Nicola Perullo è il nuovo direttore dell’Universi­tà di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. È in carica dal 1° settembre, subentrato a Bartolo­meo Biolatti. Originario di Li­vorno, professore di Estetica, tra i principali studiosi internazionali di filosofia del cibo e rapporti tra arte e cibo, autore di decine di saggi scientifici, collabora con Pollenzo dal 2004 e, dal 2009, è stato prorettore dell’Università. «Inizio questo mandato nel segno del­la riconoscenza e dell’infinita gratitudine verso Pollenzo e la sua comunità – si presenta -. Spe­ro di poter dare il mio contributo per restituire, almeno in piccola parte, quello che ho ricevuto».

Rettore, cos’ha ricevuto da Pollenzo in questi vent’anni di lavoro in Università?
«Questa istituzione mi ha dato, forte, il senso di un progetto culturale. In ambito accademico, spesso, si tende a lavorare in dipartimenti stagni, in gruppi chiusi e precisi: ognuno con il suo metodo, la sua disciplina, le sue tecniche. Qui ognuno studia con il proprio approccio, ma si condivide tutti il progetto di mostrare il cibo in una luce diversa».

Qual è questa luce?

«Quella che intende il cibo come un elemento essenziale per la vita, sotto tutti i punti di vista. Per questo bisogna studiarlo e, soprattutto, capirlo. Noi non facciamo cucina e non studiamo solo tecniche. C’è tanto di umanistico nell’ambito del cibo. Vent’anni fa, quando abbiamo inaugurato l’Uni­versità, ero tra i pochi filosofi a dedicarmi al cibo. Adesso sia­mo molti di più ed è certamente un buon segno».

Tra gli obiettivi che intende raggiungere durante il suo mandato, quale mette al primo posto?
«Dal punto di vista strutturale, adesso la sfida è continuare a essere appetibili sul mercato. Lo dico come un manager e non da filosofo: nel 2004 eravamo da soli; oggi in Italia ci sono quasi 20 corsi di laurea in Scienze Gastronomiche. Sia­mo una realtà unica e dobbiamo continuare a esserlo».

In che modo?
«Caratterizzeremo sempre di più Pollenzo come un luogo dove si studiano gli impatti del cibo sulla vita. Qui approfondiamo ciò che rende il cibo possibile (l’ambiente, l’ecologia, il clima, la geografia) e i suoi effetti (l’identità, le economie, le produzioni dei prodotti). Non siamo e non saremo una scuola che insegna a lavorare il prodotto. Lo conosciamo, lo ap­pro­fondiamo, ma il focus è an­che su ciò che viene prima e dopo di lui».

L’internazionalizzazione del sapere è una delle sfide delle Università contemporanee. An­che Pollenzo guarderà sempre di più all’estero?
«Vogliamo essere sempre di più un’eccellenza italiana che non guarda solo all’Italia. Mi spiego: accogliere studenti e studiosi dall’estero è un grande arricchimento per la nostra comunità. Vale lo stesso per la sperimentazione di metodologie, tecniche, approcci che sono più sviluppati nel resto del mondo che da noi. Questo non significa che taglieremo i rapporti con il territorio, anzi: li rafforzeremo».

Il Cuneese è un valore aggiunto per la vostra realtà accademica?
«È la terra che, più di tutte, ha fatto dell’enogastronomia un pi­lastro economico. Dal punto di vista della sensibilità al cibo e della sua qualità, ci sono po­chi territori al mondo così avanzati. A volte ci hanno proposto di spostarci altrove o inaugurare nuove sedi. Per ora, non è nei nostri piani. L’Uni­versità di Pollenzo è nata qui e qui rimarrà».

Spesso si parla di Pollenzo come di una comunità. L’unico modo per crearla, coltivarla e farla crescere è relazionarsi di persona? O anche la didattica digitale ha del potenziale?
«Noi crediamo nel valore delle persone, delle relazioni e delle esperienze nel campus. Pre­serveremo questo valore. È giusto farlo, in un periodo dove il digitale si sviluppa sempre di più. Non lo critichiamo, ma è un’offerta diversa dalla nostra».

Quando ci riferiamo a Pollenzo, di che numeri parliamo oggi?

«Abbiamo festeggiato i nostri primi 20 anni e, rispetto al 2004, siamo cresciuti tanto. Restiamo però un’Università di piccole dimensioni: circa 500 studenti iscritti per ogni anno di corso. La taglia ridotta è anche un vantaggio: ci permette di essere agili e a misura di studente».

Le Università private, a volte, rischiano di essere un luogo d’élite. Cosa avete in mente per scongiurare che la vostra realtà sia per qualcuno inaccessibile?
«L’obiettivo è abbassare l’esclusività della nostra realtà. È giusto che sia sempre più meritocratica e meno legata al censo di chi vuole iscriversi. Al tem­po stesso, siamo consapevoli di essere una realtà costosa rispetto alla media del panorama italiano ed europeo. La nostra qualità, però, giustifica la retta. E facciamo sempre il possibile per garantire più borse di studio e finanziamenti possibili».

Rettore, parliamo di lei. Che rapporto ha con il cibo?

«Di grande passione e amore. Mi sono avvicinato all’enogastronomia quando ero studente universitario. Ricordo ancora il mio primo corso di degustazione. Per anni, ho tenuto ben separati il mio percorso accademico e questa passione. Poi li ho fatti convergere e ho dedicato sempre più energie alla ricerca filosofica sul cibo».

Il suo legame con gli studenti?
«Da insegnante, è fondamentale essere sempre in relazione con loro, senza barriere. Con­tinuerò a farlo anche da rettore. Non smetterò di insegnare. Porterò avanti le mie attività didattiche, proprio per preservare i contatti con i nostri studenti».

Questi sono i suoi primi giorni in servizio alla guida dell’Uni­versità. Nei prossimi giorni, cosa prevede la sua agenda?

«C’è tanto lavoro da fare. In­nanzitutto gli esami, dopo i corsi che sono terminati nei mesi scorsi. Poi mi dedicherò all’accoglienza delle matricole e avvierò dei colloqui con le diverse componenti della no­stra Università».

Articolo a cura di Luca Ronco