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«In macchina con Elio scrivemmo a Bra una nostra canzone»

Abbiamo intervistato il musicista e scrittore, ospite a Racconigi di “Libri a Castello” con il suo “Scritti scelti male”: «Vi ricordate Bisio e Cortellesi con “Cuneo”? Nel mio piccolo, sono il paroliere. Scrivo per suscitare stupore e qualche risata, mettendomi alla prova. Tutto è cominciato con zio Paperone»

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Il musicista degli Elio e le Storie Tese, Rocco Tani­ca, è stato a Racconigi per “Libri a Castello” in versione scrittore con il suo libro “Scritti scelti male”. Quale migliore occasione per un’intervista con IDEA? «C’era la pubblicazione del 2008 – ci racconta Tanica -, a cui ero af­fettuosamente legato come mia pri­ma creatura. Mi viene proposta una riedizione. Ho co­minciato riprendendo le virgole e ho finito riscrivendo il te­sto. Ora è un lontano cugino di quel libro: è cambiato lo stile, i miei pensieri, il vocabolario. Ho imparato a usare le “d” eufoniche e ho capito quali racconti perdevano ritmo. E io sono un fanatico del ritmo».

Si cambia così tanto?
«Alcune pagine sembravano scritte dal me stesso studente del ginnasio e bisognava rimetterci mano. Sono soddisfatto del risultato».

Le parole sono importanti?
«Sì, soprattutto per me che non ho il respiro del romanziere, ma ho passione e carburante per racconti brevi dove contano suono, significato, ritmo e scelta delle parole. Mi viene talvolta rinfacciato di avere un vocabolario desueto. Dico che ho imparato a scrivere leggendo le storie dei grandi sceneggiatori di Topolino: a sette anni trovarsi davanti a un “depauperare” come dice Paperone, è un bel modo per avviarsi alla passione delle parole».

C’erano i fumetti e oggi i social?
«Diciamo che i social come tiktok hanno il merito di aver creato un’alternativa solida nella fruizione alla televisione. Non sento spesso ragazzi sotto i 20 anni dire “l’ho visto in tv”, ma “l’ho visto su tiktok”. E poco importa se si tratta di spezzoni di serie tv in onda su Netflix, è un anello in cui vecchi e nuovi media si danno la mano e girano vorticosamente. Il difetto dei social sta nella rapidità di fruizione che non consente al­cun reale approfondimento».

I racconti brevi, in realtà, non sono facili da scrivere…
«Mi ispiro al collettivo poetico “Bufala cosmica”, alla scrittura con limiti di stampo vagamente enigmistico, come Raymond Que­neau, poesie e componimenti che utilizzano solo le consonanti del titolo. La brevità è uno di questi “limiti”, confini da imporre per rimanere nel seminato. Che so, devi descrivere un delitto in 5mila caratteri? Uno prima si ribella, poi scopre che può limare e ce la fa. Un versetto ebraico del Talmud di­ce “la regola rende liberi”, versione classica di “impara l’arte e mettila da parte”. Se domini una disciplina, quella ti lascia libero di andare oltre. Ma se non la conosci, puoi solo annaspare. Più musica conosci e più riesci a suonare, meno ne sai e più ti ripeti, finisci in un gorgo di reiterazioni».

Con Elio avete sperimentato sullo stesso terreno.
«Ed è il motivo per cui sembriamo più colti di quello che siamo. Abbiamo provato più generi, però il desiderio di sperimentazione non significa passione sfegatata per questi “ci­menti”. Se facciamo un brano di salsa cubano non vuol dire che daremmo la vita per il salsa cubano, ma che abbiamo ascoltato un brano di Ruben Blades e ci ha appassionato, ne abbiamo studiato la ritmica realizzando una nostra versione. Il giorno dopo cambiamo genere, perché diciamo: facciamo il verso a Donizzetti? E così scriviamo un pez­zo classicheggiante. Si tratta di guardare ai generi e piluccare, come al buffet in piedi, con il grana e il grissino».

Anche Battiato passava dal sacro alla musica leggera.
«Lo ha fatto perché era un musicista curioso. La curiosità per me ha più valore del virtuosismo, è capacità di stupirsi e quindi di ascoltare con medesimo piacere un canto folcloristico o la Berliner Ba­rock­orchester per poi riproporre la propria versione. Battiato ha insegnato la curiosità a molti».

Voi ci avete messo l’ironia e, in fondo, anche Battiato.
«Sì, ma sono ironie di segno diverso. Il nostro spesso era puro sbeffeggiare, siamo sempre stati giullari dal cervello fino ma tra un virtuosismo musicale e una risata abbiamo sempre preferito la risata, che poi è la prova su strada: se suoni e la gente ride, hai ragione tu. L’ironia di Battiato era più sfumata e se­condo me in gran parte rivolta proprio alle persone che lo santificavano. Era un artista più leggibile di quello che dava a pensare. Quando sentiva svenevolezze tipo “mae­stro lei è lo zenit…”, rideva. Solo che questo suo prendere in giro non è mai stato letto con lucidità».

Quanta ironia c’è nel libro?
«Spero che almeno il 50% delle pagine possano strappare un sorriso, il libro è scritto con due scopi: uno è suscitare stupore e risate, mi piace che entrambe le sensazioni possano risultare inaspettate. Amo scrivere un brano leggero e subito dopo uno di tale cupezza che – come mi ha detto qualcuno – “ti scava dentro”. Mi sono quasi spaventato, si riferiva a un brano su un funerale. Mi piace cambiare registri emotivi come sull’ottovolante, se ti ho fatto commuovere con una storia sentimentale mi diverto a farti inorridire con una battuta scorretta ed evocarti “Le Madeleines” con un altro espediente. Se ci riesco, sono felice del risultato».

E l’altro scopo?
«Mettere alla prova me stesso. Se scrivo provando piacere mi di­mentico di dormire e di alcune cose pratiche: vuol dire che sto producendo buone pagine. Sia per la musica sia per le arti creative, la tecnica può più dell’ispirazione. Cioè se hai tecnica porti a casa il lavoro anche se non hai voglia. Se sei solo ispirato e vagamente talentuoso ma non hai strumenti tecnici, gira male e basta. A me piace scrivere in modo attrezzato e se ho la consegna domani, la rispetto senza problemi. Ma men­tre lo faccio sono distratto dalla tv in sottofondo, dal rumore dei vetri in strada… Quando scrivo e mi perdo, mi sveglio dopo un po’ e dico “cavoli sono passate ore”. Vedo che ho scritto tanto e scelgo cosa tenere e cosa buttare».

Da cosa nasce il titolo del libro?
«Dal tentativo di emulare il mio scrittore umoristico di riferimento, Maurizio Milani. È il mio faro letterario. Non dico che il titolo sia una sua espressione, ma lui usa termini come “sono un alcolizzato grande obeso e il mio è un difetto bello completo”. È un tipico assortimento di soggetti e attributi alla Milani. “Scritti scelti male” vo­leva dare l’idea di una raccolta raffazzonata (non lo è). Mi sono chiesto: Milani avrebbe detto scritti eterogenei? No, scritti male. E ha approvato il titolo».

Era già stato nel Cuneese?
«Per i trascorsi musicali con Elio e le storie tese. Mi è rimasta nel cuore Bra: era ed è la mecca dei musicisti per gli ottimi strumenti a prezzi competitivi nel famoso negozio Merula (a Roreto per la precisione, nda). Almeno un paio di nostre canzoni sono state composte in macchina, aspettando che Me­ru­la aprisse… Ricordo quella volta che con Elio, nella sua auto, abbiamo scritto “First me, second me” e mentre la componevamo dicevamo, “cavoli ma sembra fatta da James Taylor…”. Bene, dieci anni dopo James Taylor l’ha cantata davvero in un no­stro disco! Quindi, la Granda porta fortuna agli Elio. E poi mi ritengo compartecipe di una canzone cantata da Bisio e Cortellesi che si chiama “Cu­neo”, la versione italiana di “New York” di Alicia Key, nel mio piccolo il paroliere sono io. Quindi se vuole parlare di via Sigismondo Leutrum, sappia che sfonda una porta aperta…».

 

CHI È

Rocco Tanica è il nome d’arte di Sergio Conforti. Nato a Milano il 13 febbraio 1964, è tastierista, compositore, comico e anche scrittore. Si è unito ufficialmente al gruppo di Elio nel 1982, curando nel corso degli anni anche la ritmica e rimanendo ufficialmente nel gruppo fino al 2018

COSA HA FATTO

Nei giorni scorsi ha partecipato a “Libri a Castello”, evento letterario di Racconigi, per
parlare del suo ultimo libro “Scritti scelti male” (La nave di Teseo, 2023)

COSA FA

Con gli Elio è stato l’ultima volta sul palco durante un concerto a Barolo il 29 giugno 2018. Ha poi partecipato come ospite ai recenti “concertozzi”. E nel frattempo si sta dedicando con grande entusiasmo all’attività di autore e scrittore