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La forza del perdono

Alberto Cirio, governatore del Piemonte, tende la mano al contadino che gli ha vandalizzato un noccioleto: dalle Langhe un piccolo grande esempio da seguire in un mondo di veleni, strascichi e ripicche

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Alberto Cirio, presidente Regione Piemonte

La forza, la profondità, la bellezza del perdono sorprendono dinanzi a gesti tragici che non suscitano desiderio di vendetta ma di pace. Rimaniamo basiti e ammirati quando, scavando nella cronaca, c’imbattiamo in parenti di vittime che reagiscono con parole di distensione e non d’accusa, ma la vera forza, la vera profondità, la vera bellezza è lontana dalle situazioni estreme: il perdono che aiuta a vivere meglio è insito nelle piccole cose, che piccole poi per chi le subisce non sono, perché è nella quotidianità che la lezione fortifica e la vita migliora, senza inasprimenti, veleni che si trascinano, matasse inestricabili attorno al primo filo del dispetto, del rispetto mancato, della cattiveria gratuita. Così, diventa bell’esempio l’abbraccio, prima ideale e poi fisico, di Alberto Cirio, presidente della Re­gione Piemonte, a Giovanni Romello, l’agricoltore sessantenne a processo per avergli danneggiato il noccioleto. «Tutti nella vita possono sbagliare – ha detto il politico -, chiunque può avere un momento di debolezza. Poi, a volte, in agricoltura tra vicini qualche disavventura capita. L’ho perdonato ma non aveva bisogno del mio perdono. Diciamo che ho accettato le sue scuse e andiamo avanti da buoni vicini. Non ci siamo ancora parlati direttamente, ma ci parleremo presto. Credo che da buoni “langhetti”, figli della terra di Langhe, non si parla, ci si saluta solo con un cenno e probabilmente ci ab­bracceremo anche».
Tutto comincia ai primi di aprile, quando un lavoratore impiegato nella tenuta presa in affitto a Cherasco dall’azienda di Cirio scopre che oltre duecento piante sono state danneggiate, alcune tagliate e altre sradicate: la denuncia immediata apre diversi filoni d’indagine, temendosi anche risvolti legati all’attività istituzionale del presidente, tra l’altro atteso in quei giorni da un incontro con Matteo Salvini, ministro delle infrastrutture, in vista dell’inaugurazione di un nuovo tratto dell’autostrada Asti-Cuneo. Nulla di tutto ciò, nessun avvertimento come s’era sospettato: la verità è molto più semplice e vicina, il signor Giovanni che ha un terreno attiguo confessa il misfatto e balbetta il motivo, a fatica perché nemmeno lui ha una risposta lucida, quasi non si riconosce nell’atto vandalico compiuto. «Non so che cosa mi sia preso quella notte. Ero arrabbiato con il mondo. Sono andato nel campo di Cirio e gli ho tagliato le piante di nocciole, altre le ho strappate. Non mi sono accorto di averne danneggiate tante». Lo ha fatto per invidia, per rabbia sociale, perché il governatore è ricco e lui povero, perché ha solo la terra, perché l’agricoltura è sostentamento duro e non passatempo. Non è un criminale, Gio­vanni. S’è scusato e ha risarcito. E il perdono lo consola quanto la clemenza dei giudici. Cirio, 52 anni, non s’accosta in realtà all’agricoltura per hobby: laureato in giurisprudenza, con una lunga esperienza nel settore turistico e agroalimentare, è imprenditore agricolo specializzato proprio nella produzione di nocciole nelle Langhe. Parallelamente, ha seguito un importante percorso politico che lo ha portato da vicesindaco di Alba ad appena 22 anni al Parlamento europeo e al vertice della regione Piemonte, sempre attento ai suoi luoghi del cuore – ha portato al riconoscimento delle colline di Langhe Roero e Monferrato come Patrimonio dell’Unesco – e alla difesa e valorizzazione delle produzioni italiane di qualità.