Fa effetto pensare a quanta sottovalutazione ci sia stata, in tutti questi anni, per un tema così importante come quello affrontato nel convegno “Sla: metabolismo e nutrizione. Nuove frontiere nella presa in carico” ospitato nella sede dell’Università di Scienze Gastronomiche, promosso dall’alleanza tra Centri Clinici NeMo, Aisla e SLAfood, sotto l’egida di Slow Food. Ma è proprio da Pollenzo che parte un nuovo percorso. «No ho mai demonizzato la Sla, è parte della mia vita e non mi porterà mai via il mio presente», ha detto Davide Rafanelli, presidente di SLAfood e consigliere nazionale Aisla, paziente del NeMo di Milano che ha messo al servizio della comunità Sla le sue competenze nel mondo del food per sostenere i progetti di presa in carico nutrizionale e iniziative come quella di Pollenzo. «Questo convegno rappresenta una svolta per l’approccio con la malattia. L’alimentazione corretta porta benefici anche psicologici che ricadono sulle persone e le famiglie – ha aggiunto – , la strada è lunga e dobbiamo avere il coraggio di percorrerla». Un parterre di oltre 20 esperti, tra cui clinici, ricercatori, terapisti e psicologi, si è confrontato nelle due giornate di convegno sull’importanza della nutrizione nel percorso di malattia. E intanto sono state messe le basi per interventi anche istituzionali. Giorgio Calabrese, noto nutrizionista ed esperto della Commissione medico-scientifica di Aisla che ha affrontato il tema della disfagia, ha lanciato la proposta di una task force specifica sulla base di un’alleanza operativa per reperire fondi, «dove il privato si impegni a fare il pubblico». L’assessore regionale alla Sanità, Federico Riboldi ha rilanciato: «D’accordo per la collaborazione tra pubblico e privato, ma il ruolo principale deve spettare all’istituzione pubblica». Poi ha auspicato: «Condivisione, dialogo, multiprofessionalità e responsabilità diventino parole chiave per l’ampliamento dell’accesso ai servizi al maggior numero di persone ma, al tempo stesso calibrati sul singolo soggetto».
Al centro c’è la persona con Sla e il suo desiderio di vivere appieno la vita. Per questo si passa anche da scienza e pratica clinica sulla malattia, con i professionisti delle scienze del gusto, dell’alimentazione e della cultura della condivisione del cibo, per una formazione esperienziale e pratica.
Spiega Federica Cerri, neurologa, referente Area Sla del Centro NeMo di Milano e coordinatore scientifico del Convegno: «I nuovi obiettivi scientifici si rivolgono sempre più all’interazione tra metabolismo e nutrizione, sia per approfondire le cause della malattia, che per migliorare la pratica clinica».
Sul territorio piemontese si stima che siano 450 circa le persone affette da Sla con problemi di disfagia. Diventano 65mila tenendo conto di altre patologie come Alzheimer, demenza, stroke, Parkinson e sclerosi multipla.
«La cucina è un atto di amore – ha detto lo chef Roberto Carcangiu, presidente dell’Associazione Professionali Cuochi Italiani e vicepresidente SLAfood -. Quando la ricerca e il talento in cucina sono al servizio dell’altro si esprime al meglio la nostra professionalità e la nostra passione. In questo percorso anche la ristorazione collettiva può e deve fare molto».
È proprio di Davide Rafanelli l’intuizione della realizzazione delle giornate di Pollenzo: «Provo sulla mia pelle cosa significa essere costretti a rinunciare ad un buon pasto mangiato insieme ai propri cari, per questo è fondamentale che si faccia gioco di squadra per preservare il desiderio di ciascuno di godere delle gioie quotidiane della vita. È vero, la Sla è una “ladra del gusto”, ma non può privarci della bellezza e dell’emozione di vivere il presente». Un nuovo racconto della malattia, per formare anche i futuri professionisti delle scienze gastronomiche a comprendere i bisogni della persona con Sla. Così racconta Maria Giovanna Onorati, delegata del Rettore e Responsabile delle politiche di antidiscriminazione, disabilità e inclusione sociale dell’ateneo: «A Pollenzo il cibo è studiato come motore di integrazione culturale e sociale e viene concepito come fattore importante di inclusione anche in ordine a bisogni nutrizionali diversi delle persone».
Conclude Fulvia Massimelli, presidente nazionale Aisla: «Questo evento dimostra come sia possibile tracciare nuove strade lavorando insieme. Pensiero, innovazione, scienza e formazione, infatti, sono strumenti fondamentali per affrontare la Sla. Questa è la forza che unisce Aisla e i Centri NeMo, nati dalla volontà di chi vive ogni giorno la malattia e che oggi rappresentano un modello concreto replicabile sui territori italiani». E guardando avanti: «Ci auguriamo di poter avere anche qui in Piemonte un Centro multidisciplinare per le malattie».
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