L’altra Hollywood

Kjersti Flaa, cronista norvegese, pubblica su YouTube le interviste alle star evidenziando risposte arroganti e capricci. Senza paura di rimanere tagliata fuori dai giri delle produzioni e con il sostegno di milioni di visualizzazioni

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C’è un’altra Hollywood, oltre i set e le luci. È un groviglio di risposte arroganti e attese infinite, l’integrale di interviste in cui le star, confidandosi, svelano il lato permaloso, capriccioso, indelicato. Di solito il pubblico divora versioni tirate a lucido, ripulite da gaffe e figuracce a doppio fine: trasmettere l’immagine perfetta del personaggio, come prassi impone, e nascondere, da parte giornalistica, mortificazioni e maltrattamenti, un po’ per orgoglio e un po’ per timore, perché se metti a nudo i difetti dei big difficilmente si concederanno a nuove domande, così rischi l’emarginazione in un mondo professionale dove la differenza è dettata dai rapporti.
A rompere il fronte, Kjersti Flaa, 51 anni, reporter d’intrattenimento norvegese trapiantata negli States, protagonista di grandi incontri e importanti ritratti, che ha deciso di rendere pubbliche, sul proprio canale YouTube, le clip di interviste macchiate da silenzi, frecciate e offese. La più celebre quella a Blake Livery che, spiega Flaa, le fece venire voglia di licenziarsi: l’attrice, che aveva appena annunciato d’essere incinta, rispose piccata a un complimento sul pancino («Guardati il tuo»), ma nel calderone sono finite anche altre celebrità. La risposta di Livery rimane comunque simbolica d’un malcostume diffuso e di una chiacchierata traumatica, anche perché l’immotivata replica andò a colpire una cronista che voleva solo essere gentile e che non avrebbe mai avuto alcun pancino non potendo avere figli. Certo, la star non poteva saperlo ma bastava un filo di gentilezza per evitare il problema. Non fu l’unico momento difficile durante il colloquio, ricapitò quando le domande sfiorarono la moda, tema inerente alla passione dell’attrice a al film da promuovere: la risposta fu che tutti volevano parlare di vestiti, ma chissà perché nessuno chiedeva di farlo agli uomini. «Ero lì per fare il mio lavoro, mi sentii sminuita e ignorata – il commento di Flaa -: continuai chiedendomi nella mia testa cosa avessi detto o fatto di sbagliato, mi chiesi addirittura se volessi mai più fare interviste del genere». Storia risalente al 2016, per il lancio di “Café Society”, film di Woody Allen, tornata a galla adesso per altro all’indomani d’un nuovo caso legato all’attrice: la promozione di “It Ends With Us”, l’ha trascinata, in estate, in un mare di polemiche, tacciata d’aver pubblicizzato con leggerezza, quasi si trattasse di una commedia romantica, una trama dura d’abusi domestici. Il video dell’intervista ha ottenuto quasi 6 milioni di visualizzazioni e Flaa ha anche messo in vendita delle magliette con la scritta «Essere gentili è gratis».
Vale anche per Bill Murray, che la fece aspettare inutilmente per cinque ore, o per Anne Hathaway che la lasciò di ghiaccio («canta tu») quando le fu chiesto, parlandosi d’un musical, di accennare qualche nota in una risposta: lei, però, ha mandato almeno dopo una lettera di scuse, ovviamente pubblicata con annotazioni d’apprezzamento. Non è solo vittima, Flaa: la sua scelta gronda d’autoironia e autocritica, e oltre a denunciare il galateo latitante tra le star, svela la banalità di talune sue domande. Di certo è una cronista libera, il timore d’essere tagliata fuori dai giri delle produzioni non la tocca, e figurarsi se può aver paura una professionista che ebbe il coraggio, cinque anni fa, di denunciare la Hollywood foreign press association per essere stata esclusa dalla giuria dei Golden Globes, e non per amor proprio ma per ribellarsi, in assoluto, a una scarsa inclusività.