Home Attualità «Siamo viandanti vinti dalla tecnica senza più un’etica»

«Siamo viandanti vinti dalla tecnica senza più un’etica»

La lectio magistralis di Umberto Galimberti all’Auditorium dell’ospedale di Verduno dopo altri ospiti di prestigio come Massimo Recalcati, Vito Mancuso e Liliana Segre

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La sera prima era passato dal salotto televisivo di Corrado Augias, per la trasmissione di La 7 cioè “La torre di Babele”. Da lì a Verduno: il filosofo Umberto Galimberti venerdì è stato ospite dell’Ospedale Michele e Pietro Ferrero di Verduno dove, nell’Audito­rium gremito di pubblico, è andata in scena la sua lectio magistralis, dal titolo del suo ultimo saggio: “L’etica del viandante”, dove il viaggio è metafora della vita nel contesto allarmante del mondo attuale.
Le riflessioni di Galimberti, incalzanti e non convenzionali, hanno conquistato per circa due ore l’attenzione del pubblico prima di dare vita a un partecipato dibattito a conclusione dell’incontro.
Un evento andato sold out da diversi giorni che ha confermato l’interesse del territorio per i temi etici e filosofici: era già accaduto nel caso dello psicanalista Massimo Recal­cati, del teologo Vito Man­cuso e della senatrice a vita Liliana Segre. Il direttore della Fondazione Ospedale, Luciano Scalise, ha ripercorso le tappe degli eventi organizzati e dei progetti lanciati nel corso del 2024.
«Onorati di aver ospitato nuovamente un pensatore del calibro di Umberto Galim­berti – ha sottolineato il presidente Bruno Ceretto -. L’ap­puntamento con Galimberti è coinciso un passo importante verso la promozione della cultura e della bellezza all’interno del nostro ospedale, sempre più punto di incontro, di crescita e di benessere a tutto tondo».
Parlando di etica del viandante, Galimberti ha raccontato come la nostra società si sia consegnata interamente al dominio della tecnica. In età classica, l’uomo aveva già maturato la cultura del limite: «L’etica del limite è anche l’etica per cui i greci avevano incatenato il Dio della tecnica, che era Prometeo. Noi invece l’abbiamo scatenato. E oggi la nostra capacità di fare con la tecnica è enormemente superiore alla nostra capacità di prevedere gli effetti del nostro fare, quindi ci stiamo muovendo alla cieca», ha detto il professor Galimberti davanti alla platea di Verduno delineando una rilettura della storia dell’uomo fino ai giorni nostri.
Il risultato, oggi, è preoccupante perché «siamo diventati una forza geofisica, la più distruttiva. Questo come ef­fetto della cultura antropocentrica. Perché dominare la terra? Che cosa significava dominare la terra? Eseguire l’ordine di Dio “dominerai”. Però c’era la parola di Dio e c’era quindi un orizzonte di senso, ci si comportava secondo la parola di Dio. Questo incomincia a offuscarsi pressappoco nel ’600, quando nasce la scienza moderna. La quale scienza moderna inventa il metodo scientifico tutt’ora oggi in funzione: non dobbiamo fare come i greci che contemplavano la natura nel tentativo di catturarne le leggi. Dobbiamo fare un’altra operazione, noi umani uomini di scienza. Dobbiamo anticipare delle ipotesi, sottoporle a esperimento e se l’esperimento conferma le nostre ipotesi, assumeremo le no­stre ipotesi come leggi di natura». Ma il disagio dell’uomo moderno è ormai evidente. Galimberti cita l’esempio italiano: «Viviamo in un posto dove di solito c’è il sole, mangiamo bene. Parliamo molto. Parlare fa bene perché altrimenti bisogna parlare a pagamento con gli analisti. Però il 55% degli italiani usa psicofarmaci e se non bastano questi, c’è cocaina “à gogo”. Co­me effetto di questo: stress, insonnia, depressione, insicurezza in sé stessi, la sensazione di non essere all’altezza. Ma l’uomo ormai non conta più niente nei confronti della tecnica, conta solo nel funzionare come apparato».
E ancora: «L’economia è di­ventata luogo della decisione. Ma non è l’ultima istanza. Perché l’economia a sua volta per investire guarda le risorse tecnologiche, guarda le novità tecnologiche. E allora ap­partiene alla tecnica, il potere decisionale. Il problema però è che la tecnica non ha scopi, non dischiude orizzonti di senso. Non apre scenari di salvezza, non dice la verità. La tecnica funziona e il suo funzionamento è diventato globale. Sarebbe bene che si capissero queste cose, magari utilizzando quella bella di­stinzione che aveva fatto Pa­solini tra sviluppo e progresso. Lo sviluppo è un incremento, è un perfezionamento di strumentazione tecnica. Il progresso è un miglioramento delle condizioni umane. Le due cose non coincidono necessariamente. Anzi, non coincidono proprio».
Galimberti cerca di mettere sull’avviso i suoi interlocutori: «Non riusciremo a governarla, questa situazione. L’eti­ca va ancora peggio, se la politica va male».
Galimberti non sembra nutrire una visione ottimistica ma indica una strada: «Bisogna fare una politica cosmopolitica, una sorta di politica cosmica. Che non è impossibile fare. Perché se vogliamo di­fendere la terra, se vogliamo proseguire con l’etica planetaria di questa terra percorsa continuamente dal viandante che dà testimonianza della differenza della varietà, della cura di tutte le forme viventi, abbiamo bisogno di un’etica. Che non abbiamo mai attuato e che si chiama fraternità». E poi: «Si può eliminare il concetto di Stato, bisogna eliminare gli Stati. Altro che le nazioni. Perché se le ferite della terra mi interpellano come membro dell’umanità, non posso andare avanti con la logica dello Stato, con il modo di pensare dello Stato, italiani contro, francesi contro, tedeschi contro, non vado avanti. Il mercato non li vede proprio i confini degli Stati, perché per lui è possibile eliminarli. Le multinazionali non sanno neanche cos’è lo Stato. Al massimo è strumento per investimenti, se conviene, sennò si vende. La tecnica ha già oltrepassato gli Stati. Quando sento “nel 2035 dobbiamo arrivare a un certo grado di emissione di anidride carbonica”, ma voi credete davvero che ci arriviamo a queste date? Io non ci credo. E non è un disastro. Ma pensateci seriamente, smettetela con la cultura ottimistica di natura cristiana, perché il cristianesimo ha diviso il tempo in un passato che è male (il peccato originale), il presente è redenzione, il futuro salvezza. La scienza che viene contrapposta alla religione pensa nella stessa identica maniera: il passato è male e ignoranza, il presente è ricerca, il futuro è progresso. Siamo arrivati al cristianesimo laicizzato».