Nasce a Laconi (oggi provincia di Oristano, precedentemente Nuoro, ndr) il 2 marzo 1943, Antonio Carnebianca, per tutti Nino. Una vita spesa per lo sport, per il Judo, per l’amore e la passione, quella vera, verso quest’arte marziale diventata ufficialmente disciplina olimpica a Tokyo 1964. Ma la “vera Olimpiade” Carnebianca l’ha fatta e l’ha vinta nella Granda, a Bra. Città in cui ha deciso di spostarsi.
Partiamo dalla sua terra d’origine, la Sardegna.
«Ho iniziato a fare judo a 9 anni, oggi ne ho 81. Ho sempre fatto judo nella mia vita e non so fare altro! Ho studiato in collegio dai Salesiani e mi hanno allevato i nonni, perché rimasi senza genitori. Un salesiano fu il mio primo insegnante di judo e mi ricordo di essermi recato, con lui, in una palestra di Cagliari. A 16 anni vinco il primo titolo italiano, a San Marino. Arrivò la prima chiamata della Nazionale Italiana. In Sardegna ci fu grande espansione per questo sport, però diventava complicato organizzare spostamenti e gli allenamenti a Roma. Non potevo permettermi una spesa così notevole. A 18 anni mi sono trasferito a Torino, ospite di amici. In Piemonte iniziò la mia carriera judoistica vera e propria. A Torino erano molto forti ed era una città strategica, a due passi da Francia e Svizzera. Fino ai 29 anni, ho militato in Nazionale. Mi sono ritirato e ho fatto tutto il percorso per diventare aspirante istruttore di judo. Con altri esami, sono diventato istruttore e (successivamente, ndr) maestro 4° Dan. Potrei continuare a ruota libera».
Siamo qui per ascoltarla.
«Ho ricoperto la figura di direttore tecnico per il Piemonte, poi docente federale con incarichi a Roma. Ho avuto l’onore di ricevere l’8° Dan. Sono maestro benemerito e responsabile di tutti i tecnici a livello italiano. Per le gare più importanti, mi chiamano per monitorare arbitri e insegnanti. Io sono un vero sardo e mi sento figlio della Sardegna, anche se vivo a Bra dal 1971. Però sono sincero, amo Bra come la mia Sardegna. Perché qui è come essere sull’isola, ho tanti amici sardi e piemontesi. Tutti gli anni, però, faccio ritorno in Sardegna dove mi convocano anche come docente. Ogni ritorno è come una rinascita. Sono l’unico, nella Granda, ad aver fatto l’Accademia, serviva per avere insegnanti tecnici altamente qualificati. Furono 7 mesi di percorso a Roma».
Perché Bra?
«Nel 1971 inaugurarono l’attuale palazzetto dello sport in viale Risorgimento e cercarono un judoka di spicco. Individuarono il sottoscritto. Ero l’unico atleta della Nazionale che gravitava in Piemonte. All’inaugurazione, come ospite d’onore, fui protagonista di una dimostrazione. Arrivò una bella proposta, per rimanere a Bra. Accettai ed eccomi qui! Bra mi è piaciuta e mi sono piaciuti i braidesi, fin dal principio. Mi sono fermato per insegnare Judo, dal 1971 ad oggi».
In seguito, nacque il Centro Judo Bra.
«L’ambizione di ogni judoka è quella di diventare cintura nera, di vincere i campionati, le gare internazionali. Ma è anche quella di diventare un tecnico. Il mio sogno è sempre stato di avere una palestra per poter insegnare e si è avverato. Ero partito come titolare della palestra di Judo in via Vittorio Emanuele II a Bra, poi mi trasferisco in piazza Carlo Alberto e in via San Rocco. Nel 2010 ho acquistato la palestra (nell’ex Brasport, oggi “Libellula Arena”, ndr). Il Centro Judo Bra, con esattezza, nasce nel 1971 e con l’aiuto di mia moglie Mimma Faramia. I miei figli Guido e Fabio mi stanno aiutando tanto. Io ho curato moltissimo l’agonismo, contiamo 180 iscritti. Siamo riusciti a far vincere gli Italiani a quasi 10 judoka, ma sono l’unico insegnante ad averlo fatto in provincia di Cuneo. I successi proseguono, naturalmente».
Il judo, per lei.
«A parole è impossibile descriverlo. In tanti pensano che sia violento, invece educa il fisico e la mente».
Prossimi step?
«Una gara importantissima il 10 novembre prossimo a Bra, organizzata da mio figlio Guido. A 29 anni, da campione, decisi di ritirarmi. Continuo a venire in palestra, a divertirmi con i più piccoli e ad insegnare. Ho girato molto l’Italia e il mondo per palestre e palazzetti, ora mi piacerebbe visitare, spostarmi e fare il turista».
Il figlio Guido: «In famiglia la stessa passione domenica 10 novembre tutti al palasport»
Guido Carnebianca, figlio di Nino, è in prima linea: «Mio papà è il presidente del Centro Judo Bra – dice -, io sono responsabile dei tecnici. In famiglia abbiamo la stessa grande passione. Domenica 10 novembre vivremo questo grande evento del Trofeo Judo Bra, al palasport di viale Risorgimento a partire dalle 8 e fino alle 18,30. In sinergia con la Federazione Fijlkam del Piemonte, il Comune di Bra, la Fondazione Crc, l’Aido e l’Unvs. Ragazzi, Bambini A e B e Fanciulli, saranno i protagonisti. Avremo la fortuna e l’onore di ospitare una delegazione della Nazionale Italiana Fispic (Federazione italiana sport paralimpici per ipovedenti e ciechi) che ha preso parte alle recentissime Paralimpiadi di Parigi. Abbiamo lavorato tanto, da mesi, per questa kermesse. Sappiamo che sarà un momento di alto livello sportivo. La delegazione si confronterà con i ragazzi e sarà a disposizione del pubblico presente. Prevediamo un afflusso di circa 2.000 persone, nel nome dello sport, del judo e della nostra città di Bra».