Home Articoli Rivista Idea «lo show delle Atp tutto da raccontare e non c’è solo Sinner»

«lo show delle Atp tutto da raccontare e non c’è solo Sinner»

Federico Ferrero commenterà l’evento torinese per Sky: «Da non perdere le gare della coppia Bolelli-Vavassori»

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«Da Jannik Sin­­­ner mi aspet­to solo una cosa: che vinca, davanti al suo pubblico che è pronto a festeggiarlo». Da domenica ci sarà anche una voce della Granda a raccontare le Atp Finals in diretta su Sky, dalla Inalpi Arena di Torino. È quella del telecronista Federico Ferrero, classe 1976, originario di Alba. Per lui, che da più di 25 anni segue in televisione i principali tornei di tennis, è la prima volta a commentare la competizione in cui si sfidano gli otto migliori giocatori al mondo e le otto coppie più forti del doppio. Pro­seguirà fino alla finale del 17 novembre, quando lo scorso anno aveva trionfato il campione serbo Novak Djokovic contro Sinner (3-6, 3-6).

Ferrero, che gare saranno quelle delle Finals di quest’anno?

«Come sempre, spettacolo pu­ro. Questo è un torneo imprevedibile, diverso da tutti gli altri. Inizia con un doppio girone da quattro tennisti (o quattro coppie, per il doppio). In tutte le altre competizioni, c’è una regola fondamentale: continua a giocare solo chi vince, se perdi vai a casa. Qui non è così e, a volte, si creano degli scenari inaspettati».

Sinner è il vero favorito?
«Arriva da numero uno al mondo, sulla carta è il più forte. Jannik è cresciuto tantissimo in questi anni. Sembra avere un solo punto debole: il sistema immunitario. Anche nei giorni scorsi ha avuto qualche acciacco, pare per un vi­rus. Ma sta lavorando sodo per arrivare a Torino nella miglior forma possibile».

La sconfitta del 2023, in finale con Djokovic, rischia di essere per lui un precedente difficile da lasciarsi alle spalle?

«Ogni gara e ogni torneo sono una cosa a sé. Mi sembra che il ricambio generazionale sia ormai compiuto, rispetto alla “triade” Federer, Nadal, Djo­kovic. Novak, l’anno scorso, ha vinto le Finals e 3 dei 4 Grandi Slam: Roland Garros, Us Open e Australian Open. A Wimbledon è comunque arrivato in finale. Adesso anche lui pare aver mollato un po’ la presa».

Carlos Alcaraz può impensierire Sinner?
«È un campione anche lui. Rende meno, però, sulle su­perfici veloci. E quella dell’I­nal­pi Arena è velocissima».

Quale tennista potrebbe stupire con delle vittorie inattese?

«Si sfidano gli 8 migliori al mondo, sono tutti campioni. Zverev, però, a mio avviso viene a volte sottovalutato. Ha già vinto le Finals (2018 e 2021, ndr), ma mai un Grande Slam. Potrebbe essere il suo momento. Poi penso anche a una coppia».

Gli azzurri Simone Bolelli e Andrea Vavassori? Quest’anno saranno a Torino anche loro.
«Esatto. Non partono da favoriti, ma possono fare bene. Il doppio è una disciplina spesso poco considerata, ma molto spettacolare. Non bisogna perdersi le loro gare».

La qualificazione alle Finals anche di Bolelli e Vavassori dimostra il grande momento che sta attraversando il tennis italiano. Da sport d’élite sta diventando pop?
«Non dobbiamo illuderci che sia così in tutto il mondo. In generale, gli spettatori del tennis sono spesso un po’ attempati. In Italia, grazie ai risultati dei nostri nuovi campioni, si respira un’aria diversa. È bello vedere così tante persone avvicinarsi a questo sport».

Parliamo di lei. Come si sta preparando per commentare le Finals?
«Per fare una buona telecronaca serve tanto studio. Ri­guardo le gare vecchie, leggo statistiche e aneddoti. Bisogna dominare tante informazioni, saper fare confronti. Poi, in genere, non dici l’80% delle cose che sai».

Anche i silenzi, in una telecronaca, sono importanti. Giusto?
«Sono quasi più importanti delle parole. Non dobbiamo parlare in continuazione, non siamo noi in cabina di commento i protagonisti. Fare sfoggio di nozioni è inutile e noioso. Bisogna mettersi al servizio della partita, fornire chiavi di lettura credibili e aiutare lo spettatore, non confonderlo».

Mentre commenta, guarda la gara dal campo o dallo schermo?
«Dipende da dove è posizionata la nostra cabina. È sempre meglio guardare il campo, ma non in tutti gli impianti la visuale è ottima. Poi ci sono tante circostanze da considerare. Ricordo una telecronaca difficilissima al Roland Garros. Eravamo posizionati dietro le ultime file, ma molti spettatori si giravano continuamente a guardarci. Non è così facile parlare con gli occhi puntati addosso».

Durante le pause gare, l’Inalpi Arena diventa una grande discoteca, con tanto di dj e musica dal vivo. Le piace questa dimensione per gli eventi tennistici?
«È un modo per avvicinare il pubblico più generalista. Può essere utile a coinvolgere gli spettatori, ma non bisogna esagerare. La nostra disciplina ha delle liturgie precise e non vanno violate. Il silenzio non è un vezzo, ma l’unico modo per permettere ai campioni di concentrarsi e godersi lo spettacolo del loro gioco».

Anche la Granda sta reagendo bene agli stimoli delle Finals torinesi?
«Nell’ultimo anno, anche grazie ai successi di Sinner, il tennis gode di una luce particolare. Ho la sensazione che anche nel Cuneese il numero degli appassionati e l’entusiasmo di chi assiste alle gare sia in crescita. È un bel segnale, per dare nuova linfa alla nostra disciplina».

Ha già in mente cosa dire al microfono prima di affrontare una telecronaca?
«La telecronaca non può essere scritta a tavolino. Tanto dipende dal contesto, dall’atmosfera che si respira, dall’istinto. Studierò ancora per prepararmi, poi non avrò copioni. Sarà anche per me la prima volta a commentare le Finals. Non vedo l’ora di iniziare».

Articolo a cura di Luca Ronco