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Il poeta Flavio Vacchetta a Savigliano presenta la sua nuova silloge “Per Aspera ad Astra”

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Si intitola “Per Aspera ad Astra” (ed. Il Cielo Stellato 2023), con un’opera dell’amico Franco Blandino in copertina, l’ultima silloge che il poeta Flavio Vacchetta, in arte Vachis, presenterà sabato 16 novembre alle ore 15 presso il salone San Filippo a Savigliano con intervento e letture di Paolo Dompé, il saluto di Antonio Scommegna, presidente dell’associazione “Clemente Rebora”, e gli intermezzi musicali dell’istituto Fergusio.
Vacchetta, che si definisce un poeta visionario, ha pubblicato con numerosi piccoli editori e, in collaborazione con UAI, ha fondato l’Unione Astrofili Benesi.
È un affabulatore sanguinetiano, un autentico giocoliere della parola poetica, legato al sovrannaturale e al trascendente, dallo stile breve, ermetico, alluso, criptato ma denso di significato con dentro la vita vera. Franco Piccinelli, Barberi Squarotti, Remigio Bertolino, Giuseppe Conte e altri hanno inciso sulla ricerca poetica di Vachis.

“Il mondo poetico di Vacchetta – afferma Sandro Gros-Pietro – è qualcosa di molto più grande di quanto appare sulla pagina, perché è condizionato da una materia oscura che il lettore non può leggere nel testo ma di cui avverte la presenza”.

Come mai dopo quarant’anni di banca hai scelto di scrivere poesia?
Io non l’ho scelta; è lei che ha scelto, forse indegnamente, me. Il motivo non lo conosco e credo non lo saprò mai. Il tutto si è verificato in tempi tali da non permettermi di pensarci in modo adeguato. Ormai sono trent’anni.

Credi che la tua passione per l’astronomia abbia avuto un peso?
Temo di sì. Stare, ore e ore, al telescopio nel silenzio della notte credo abbia influenzato la poesia a penetrarmi, forgiarmi, venirmi a galla per poi esplodere proprio come fanno le galassie, aggredendomi con dolcezza e affascinandomi con dolore.

Che cosa è l’Astropoesia?
Ho scritto versi su stelle e cosmo e qualche critico l’ha definita una nuova corrente, appunto “Astropoesia” pubblicata anche in lingua francese.

Credi in Dio?
Ci spero molto.

Alcuni tuoi versi toccano la sacra scrittura…
Sì, è un argomento che mi affascina. Spesso, per trovare pace, leggo passi dal Vangelo (Antico Testamento ndr). E sovente vengo ispirato come se, dall’alto, qualcuno mi suggerisse che cosa scrivere.

Che analogia c’è tra poesia e Vangelo?
La poesia, come il Vangelo, non chiede di essere capita ma ci implora di lasciarle spazio.

Che cosa intendi per poesia e mondo visionario del tuo amato cosmo?
Una sorta di confronto tra l’umano e il divino, tra terra e cielo, tra buio e luce.

E, in tutto ciò, la funzione del poeta?
Quella di legare i due mondi, di gettare un ponte: un collegamento possibile.

La situazione della poesia nella Granda? È Granda anche la poesia?
In provincia ci sono poeti, anche giovani, molto validi. Purtroppo non vengono presi nella giusta considerazione. La ragione forse sta nel fatto che, in modo erroneo, la poesia viene considerata di élite, un genere non per tutti.

Come nasce la poesia in Vachis?
Attraverso l’ispirazione. Sia in casa che fuori devo avere a portata di mano carta e penna per esprimere in quel momento, non un minuto prima né uno dopo, la mia gioia pena la dimenticanza. Poi, senza alcuna correzione, riporto il foglio delle emozioni sul computer.

Non sei tentato di correggere?
No perché l’emozione, che provo in quel preciso istante, così è nata e così deve andare a morire sulla carta.

Ma per te, che cosa è la poesia?
È silenzio, nel quale Lei prende forma attraverso le parole. La poesia dice quelle cose che altrimenti non si potrebbero dire.

I tuoi ingredienti per crearla?
Il silenzio, la musica classica e la notte.

La terapia poetica, l’effetto lenitivo e taumaturgico vale per il poeta, ma anche per il lettore?
Me lo auguro! Ho sempre sperato che, attraverso i miei versi, le persone possano trarre giovamento, sentirsi un po’ meno sole nella condivisione dell’umano vivere.

Quale è il concetto portante di “Per Aspera ad Astra”?
Che dalle mie amate stelle mi arrivi la luce per affrontare le asperità della vita.

A cura di Fiorenza Barbero