La favola moderna dei protagonisti Teresa e Lino che si innesta nella storia vera delle origini della Ferrero: così è nato “La fabbrica della Supercrema”, il libro delle Edizioni San Paolo, scritto da Luigi Ballerini, medico psicoanalista, ligure di Sarzana trapiantato a Milano, apprezzato autore di narrativa per ragazzi. È stato ospite della Fondazione Ferrero ad Alba nei giorni scorsi, il prossimo 19 novembre presenterà il testo anche alla Piazza dei Mestieri di Torino. «Volevo parlare di lavoro ai giovani di oggi – ha detto sul palco di Strada di Mezzo – ed ero appena stato ad Alba, c’era la ricorrenza dell’alluvione con cui parte la mia storia e della rinascita successiva, c’era anche la coincidenza della San Paolo, che condivide le stesse radici. Poi ho scoperto anche Mondo, la Miroglio e, insomma, ho capito che in questo territorio era successo qualcosa che valeva la pena di raccontare».
La finzione riguarda i giovani Teresa e Lino: «Due personaggi inventati, due operai di 17 anni che si muovono in un contesto vero. Ho pensato, quante Terese ci sono state? Mi piaceva rappresentare tutte le ragazze e tutti i ragazzi che poi sono diventati le donne e gli uomini che hanno lavorato qui. E dai volumi che ho potuto consultare grazie alla Fondazione, ho recuperato aneddoti e storie. Ho scoperto lungimiranza, cura e attenzione. I parroci si facevano garanti per le ragazze che venivano accompagnate in questo posto di lavoro, con il permesso delle mamme, in un luogo sicuro. C’è stata la Storia con la s maiuscola ma ci sono state anche le piccole storie delle persone. E queste mi hanno sempre interessato. Nel caso specifico ho pensato: quanto hanno contribuito queste donne alla rinascita, alla ripresa, in una società che usciva dalla guerra?».
Il racconto della Ferrero come esempio per i ragazzi: «Con la trama arrivo fino alla prima apertura all’estero, in Germania – spiega Ballerini – per dire ai ragazzi che questo è un modello vincente, cioè l’idea di internazionalizzazione che non toglie nulla. Non è come dire “abbiamo trasferito” ma è “abbiamo aperto” lasciando però il cuore qua. Per questo ho sviluppato la narrazione su dieci anni. Per me non è usuale, di solito una storia cronologicamente dura pochi mesi. Mi sono detto, ci riuscirò? Dai 17 ai 27 anni, anche i personaggi crescono. Così Sono arrivato fino all’apertura in Germania».
Lo scrittore ammette che «il lavoro legato alla documentazione è stato entusiasmante. La parte più affascinante, per me che mi sono occupato tanto di marketing, è stata scoprire l’idea alla base di tutto, quella di creare prodotti pensati per le persone. Fornire cioccolato a più basso costo, da affettare e da mettere in mezzo al pane, per fornire energie a operai e lavoratori. Qualcosa di straordinario. Lo sviluppo dei prodotti non si fa a tavolino ma deve partire dal bisogno delle persone. C’era già quell’idea, di fare felici le persone. Rispondendo a un bisogno con la creatività e la collaborazione dei lavoratori».
Ballerini dice che chi scrive fa spesso un errore, rivolgendosi ai giovani: «Raccontiamo a loro che la vita è solo piacere, in realtà nella vita c’è anche il dispiacere e dobbiamo imparare ad affrontarlo. C’è anche la morte ed è presente nel romanzo. Ma una cosa è importante: nei libri per ragazzi si può raccontare il dispiacere, ma sempre con un punto di luce finale. Non possiamo permetterci di deprimere queste nuove generazioni. Le cose possono andare male, ma c’è la possibilità di superare e ricostruire. Questo racconto parte con l’alluvione, fin dall’inizio è una storia di ripresa, in pochi giorni le persone si mettono insieme e ricostruiscono. È un grande messaggio di speranza».
E come è nata la copertina del libro? «Quando ho letto che in quel periodo la flotta di veicoli Ferrero era seconda solo all’Esercito italiano, ho pensato “ma è pazzesco”. E il Musone (versione commerciale della Fiat Topolino, ndr) era il volto riconoscibile che andava in giro, era uno spot continuo. Ecco perché l’ho reso protagonista. Lino fa la dichiarazione d’amore a Teresa, proprio sul Musone».
E al termine della presentazione del libro di Ballerini, il presidente di Ferrero spa e segretario generale della Fondazione Ferrero, Bartolomeo Salomone, ha ricordato i tempi in cui le auto dell’azienda di Alba passavano nei paesi di Langa e la gente diceva «è Monsù Ferrero», il fondatore si identificava con la “fabbrica della Supercrema” e la rappresentava perfettamente. «Quei dieci anni iniziali – ha aggiunto Salomone – furono decisivi e il valore del marchio oggi non è altro che la sommatoria delle promesse che Ferrero ha mantenuto, nel tempo, verso i consumatori».