«Possiamo rendere le crisi d’impresa quasi fisiologiche»

Il viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, al convegno dei commercialisti di Alba

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L’auditorium del Centro Ricerche “Pietro Ferrero” ha ospitato, sa­bato scorso, la 31esima edizione del Convegno Nazionale organizzato dall’Associazione Albese Studi di Diritto Com­merciale e dal Consiglio Na­zionale dei Dottori Com­mercialisti e degli Esperti Contabili, sul tema “Il codice della crisi tra opportunità colte e occasioni perdute: bilancio di una riforma”. Sono stati approfonditi i diversi aspetti relativi alle recenti integrazioni al decreto legislativo n. 136/2024 che ha apportato diverse modifiche al codice della crisi d’impresa. Tra queste le novità riguardanti la disciplina della composizione negoziata e le relative modalità di accesso, il ruolo dell’esperto, il sistema di allerta precoce e il rapporto tra banca e impresa. Tra i relatori, dopo i saluti del sindaco albese Alberto Gatto e del governatore Alberto Cirio, anche il viceministro della Giustizia, Fran­ce­sco Paolo Sisto, che ha approfondito le nuove misure del codice e l’impatto sulle aziende: lo abbiamo incontrato per IDEA.

Quali risultati pratici può portare il nuovo codice della crisi dell’insolvenza?
«Quale risultato ha già portato, direi, anche se certamente siamo ancora in una fase di sperimentazione. Il codice della crisi d’impresa ridisegna completamente il percorso dei rapporti fra economia, impresa e staff e prova a scrivere delle regole più moderne. Queste consentono all’impresa di seguire una logica diversa, non più per quanto riguarda intervenire sull’insolvenza irreparabile, ma per provare a prevenire l’insolvenza stessa con degli “alert” che siano in condizioni di dire al pubblico, ma soprattutto al privato, alla stessa impresa, quali sono i segnali patologici e come si può rimediare con una terapia di carattere preventivo. Questo per dire che cambia completamente la prospettiva. Eravamo abituati a “ghigliottinare” l’impresa in difficoltà, adesso cerchiamo di evitare che quell’azienda vada alla ghigliottina».

E con strumenti come questo si può uscire poi dalla crisi, ovvero si può andare oltre?

«Certo, c’è la composizione negoziata della crisi d’impresa in cui il professionista verifica se un’azienda in difficoltà è in condizioni di poter tornare sul mercato più forte di prima. Il professionista acquista un ruolo di grande rilevanza. Io dico sempre che diventa una sorta di punto di incontro tra pubblico e privato. È un professionista privato, ma ha un compito pubblicistico nel new deal di questo governo: non più pubblico buono, privato cattivo. Proviamo a dire che il privato, quando rispetta le regole va a braccetto con il pubblico e quindi anche il pubblico si rafforza grazie all’apporto significativo di un privato che si comporta correttamente».

Quindi questo può essere un mezzo per fare un passo in avanti nella collaborazione fra pubblico e privato?

«Per un “cartello” pubblico-privato che però ha come presupposto il rispetto delle regole, se qualcuno non le rispetta poi non va bene. Ed è chiaro che è messo fuori da qualsiasi forma o possibilità di collaborazione e sinergia. La composizione negoziata comincia a funzionare. Ha avuto un momento di difficoltà iniziale, adesso invece ci sono tanti esempi, soprattutto nel mercato medio alto. Ecco, bisogna cercare di portarla un po’ più giù. Affrontare la composizione negoziata è come andare dallo psicologo. Qualche volta qualcuno pensa che si vada dallo psicologo perché non si sta bene, invece magari dallo psicologo si va anche perché si vuole stare meglio. Ecco, diciamo che la composizione negoziata dovrebbe superare questo gap, questo stigma. Ecco, per esempio anche il ceto bancario dovrebbe comprendere che chi va in composizione negoziata non è che ci va perché ha perso tutto l’appeal di stare sul mercato, ma ci va per stare meglio sul mercato».

Serve anche un cambio di mentalità?

«Se noi entrassimo in questa logica potremmo addirittura affermare che, come si dice dalle mie parti, “sotto il guasto viene l’aggiusto”. Si potrebbe pensare a questo».

Intanto ci sono anche esempi concreti, al convegno si è parlato del rilancio del marchio Robe di Kappa e dell’operazione Miroglio-Trussardi.

«Sì, infatti. Ci sono degli esempi concreti già molto importanti, diciamo che il trend non è ancora quello che noi desideriamo, però siamo sulla buona strada».

Conosce il territorio cuneese dal punto di vista industriale? Cosa ne pensa?

«C’è poco da conoscere, è uno dei territori più importanti d’Italia e d’altronde, grazie al mio ottimo rapporto con il presidente Cirio, è uno dei nostri punti di riferimento, ci mette nelle condizioni di conoscere dettagliatamente qual è la situazione. Sono convinto che proprio in questi territori, con il tessuto così intenso, così fondamentale per l’economia, questi strumenti abbiano una particolare rilevanza. Possono addirittura, in un certo senso, stabilizzare i fenomeni patologici, cioè renderli quasi fisiologici: quella che si chiama fisiologia patologica. Credo che si arriverà poi a questo, le patologie praticamente saranno veramente rare e ce ne saranno molte invece risolte, anzi risolvibili e spesso risolte».
In mattinata c’erano stati anche gli interventi del presidente del Consiglio nazionale del Notariato, Giulio Biino e un ricordo del compianto avvocato Gino Cavalli da parte del professor Oreste Cagnasso, presidente dell’Associazione albese studi di Diritto Com­merciale. La relazione introduttiva di Luciano Panzani, già presidente della Corte d’Ap­pello di Roma, ha in pratica avviato i lavori che hanno visto intervenire poi proprio il viceministro Fran­cesco Paolo Sisto. In tarda mattinata Marco Boglione ha invece ripercorso le tappe del “turnaround” di Robe di Kappa, il brand di abbigliamento con sede a Torino pienamente rilanciato a livelli internazionali con l’intervento di BasicNet. La tavola rotonda sul tema “Strumenti di composizione della crisi e dell’insolvenza: quale futuro?” ha concluso la giornata albese, che è stata realizzata grazie anche al sostegno di Intesa Sanpaolo e Ferrero.