Patrizia Sandretto, fondatrice della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, con sedi a Madrid, Torino e Guarene, è una delle personalità più importanti del mondo dell’arte contemporanea.
Si è appena conclusa a Torino “Artissima”, che edizione è stata quest’anno?
«Di altissimo livello, come sempre un appuntamento imprescindibile per chi ama e vive l’arte contemporanea. Torino, in quei giorni, si trasforma in un crocevia di energie, idee e talenti: la città si riempie di curatori, artisti, collezionisti e appassionati da tutto il mondo, e questo crea un’atmosfera unica, vivace e internazionale. Artissima continua a distinguersi per la sua capacità di coniugare qualità e ricerca, offrendo una piattaforma dove artisti giovani ed emergenti possono trovare visibilità accanto ai grandi nomi già affermati. È proprio questa attenzione al nuovo, alla sperimentazione e al futuro che rende la fiera così speciale».
Quali sono i progetti ai quali sta lavorando ora?
«Nel 2025 la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo festeggia 30 anni, un traguardo importante che rappresenta non solo un percorso di crescita e di ricerca, ma anche una splendida avventura condivisa con i nostri pubblici. Per questo anniversario, stiamo lavorando a un programma ricco e articolato, che abbraccerà le sedi di Torino, di Guarene e di Venezia. Continueranno anche le collaborazioni a livello internazionale come la mostra a gennaio con opere della Collezione Sandretto Re Rebaudengo al Manetti Shrem Museum Uc Davis di San Francisco. Infine, stiamo lavorando a una pubblicazione che racconti i 30 anni della Fondazione».
Che cosa significa per lei la sede di Guarene e ha dei progetti in merito?
«La sede di Guarene ha per me un significato speciale, profondamente legato alle mie radici e alla storia della Fondazione. Palazzo Re Rebaudengo, nel cuore delle colline del Roero, è stato il nostro primo spazio espositivo, inaugurato nel 1997. È un luogo che rappresenta il dialogo tra passato e presente, tra arte contemporanea e un territorio ricco di storia e tradizione, e dove l’arte può essere vissuta in modo intimo e personale. Oggi, Guarene è molto più di una sede espositiva: è diventata un laboratorio aperto, un luogo di sperimentazione e incontro. Un progetto a cui tengo moltissimo è il Parco d’Arte sulla Collina di San Licerio inaugurato nel 2019, che vuole unire la bellezza del paesaggio delle colline del Roero, patrimonio Unesco, all’arte contemporanea. Qui gli artisti sono invitati a creare opere site-specific che dialogano con l’ambiente naturale e storico. Il Parco, a ingresso gratuito, non è solo uno spazio espositivo, ma un’esperienza immersiva, un’occasione per vivere l’arte in connessione con la natura. Nel 2025 presenteremo nuove mostre a Palazzo Re Rebaudengo e nuove opere al Parco».
È importante fare rete con altre istituzioni anche nel mondo dell’arte?
«Fare rete è fondamentale. L’arte vive di dialoghi e di connessioni, e le istituzioni culturali possono ottenere risultati molto più significativi quando collaborano, condividendo risorse, conoscenze e visioni. È per questo che nel 2014 ho promosso la creazione del Comitato Fondazioni Arte Contemporanea, un’alleanza tra le principali fondazioni italiane che operano in questo ambito. L’obiettivo del Comitato è proprio quello di favorire la collaborazione e di valorizzare il lavoro delle fondazioni in Italia, creando sinergie che permettano di sostenere meglio le giovani generazioni artistiche».
Cosa consiglia a chi vuole iniziare a collezionare opere d’arte?
«È importante costruire una relazione diretta con il mondo dell’arte: parlare con gli artisti, i galleristi, i curatori. Una collezione deve essere personale e riflettere chi la crea, ma per farlo bisogna conoscere bene ciò che si sta acquistando, capire il contesto e il messaggio delle opere. Allo stesso tempo, suggerirei di iniziare con prudenza, senza fretta. Non serve acquistare subito opere costose: si può iniziare con artisti emergenti, che spesso offrono visioni nuove e stimolanti. Infine, ricorderei sempre che collezionare arte è un impegno, anche etico: ogni scelta contribuisce a sostenere gli artisti e il sistema dell’arte. Collezionare significa entrare in un dialogo continuo con la creatività e il presente».
Quale preparazione deve avere un giovane che voglia lavorare nel mondo dell’arte?
«È fondamentale formarsi con attenzione: studiare storia dell’arte, ma anche discipline come sociologia, filosofia e materie scientifiche. Consiglio di visitare mostre, gallerie, musei, biennali e fiere, per conoscere non solo le opere, ma anche i contesti in cui vengono presentate. È altrettanto importante costruire una rete di relazioni: parlare con artisti, curatori, critici e collezionisti».
Qual è la sua opera d’arte preferita, quella in cui, in qualche modo, sente di identificarsi o che più la rappresenta?
«Questa è una domanda molto difficile, perché ogni opera della mia collezione ha un significato speciale. Ogni artista offre uno sguardo unico sul mondo, e in qualche modo tutte le opere rappresentano aspetti di ciò che amo e del modo in cui vedo la vita e l’arte. Se proprio dovessi indicarne una, forse sceglierei un’opera che parla di dialogo, di apertura e di connessione, perché credo che questi valori siano fondamentali nella mia vita personale e nel lavoro. Penso, ad esempio, alle opere di Maurizio Cattelan o di Cindy Sherman, artisti che sanno interrogare la realtà e provocare riflessioni profonde. Oppure ai lavori di Paola Pivi, che con la sua ironia e libertà mi ricorda quanto sia importante vedere il mondo con uno sguardo diverso, sempre curioso e mai convenzionale».