Prove di dialogo tra i costruttori edili della provincia di Cuneo ed il Viceministro della Giustizia Enrico Costa oggi nella sede di Confindustria Cuneo, dove il Consiglio direttivo di Ance Cuneo ha illustrato al parlamentare monregalese la difficile situazione che sta vivendo l’edilizia provinciale e ha indicato allo stesso tempo alcune possibili vie d’uscita.
“L’edilizia è il comparto che in generale sta pagando di più per la crisi in atto – ha esordito il presidente di Ance Cuneo, Filippo Monge-, ma non si capisce come mai i Governi degli altri Paesi abbiano investito sul mattone per favorire la ripresa mentre l’Italia sia intervenuta soprattutto in altri settori, badando ad una politica dei facili
consensi anziché ai reali bisogni: da troppi anni in Italia manca una vera politica industriale. Gli appalti per i lavori pubblici sono scomparsi e quando ce ne sono le aziende si perdono nella burocrazia. Nella Granda rappresentiamo più di duemila lavoratori edili, abbiamo le dimensioni di una multinazionale, eppure i posti di lavoro persi nell’edilizia non fanno audience come la chiusura di una grande azienda”.
Inquadrato il contesto generale a livello provinciale, il confronto si è spostato sui problemi più urgenti che i costruttori edili hanno urgenza di risolvere. “Non abbiamo bisogno di grandi opere – hanno spiegato gli imprenditori -, anche perché tanto poi difficilmente le aziende edili della provincia potrebbero realizzarle. Ciò che chiediamo sono tante opere medio-piccole, l’ordinaria amministrazione, che è il nostro pane quotidiano e che ci permette di sopravvivere.
Per fare un esempio, la manutenzione ordinaria dei 3.600 km di strade provinciali richiederebbe almeno 30 milioni euro all’anno, che diventano 100 milioni se consideriamo tutta la rete stradale provinciale. Eppure da anni non si fanno interventi e oltre ad avere le strade in uno stato disastroso, ora sono necessarie molte più risorse per rimediare”.
“Non è possibile che per un permesso di costruire a Cuneo bisogna aspettare 3 anni e che ne servano 2 per rinnovare la concessione di una cava – hanno continuato -. Oppure non ha senso che la procedura negoziata venga vista come un privilegio da concedere, quando è nata proprio per tutelare e agevolare il territorio. E cosa dire
del progetto 6.000 Campanili, nato per assicurare ricadute alle imprese ma che in realtà ha portato lavoro alle aziende che non lavorano sul territorio? Ci sembra evidente che ci sia qualcosa che non funziona”.
“Quello di oggi è stato per me un momento di apprendimento molto utile per toccare con mano la realtà locale, i problemi del territorio – ha commentato il Viceministro della Giustizia Enrico Costa -. Nei prossimi giorni uscirà un secondo bando in continuità con il Progetto 6.000 Campanili, con l’auspicio che questo contribuisca di dare un po’ di ossigeno al comparto. La realtà della Granda, per ciò che riguarda le imprese edili, è molto diversa rispetto ad altri territori: da noi le imprese sono di dimensioni medio piccole, molto spesso a tradizione familiare, ed in questo periodo soffrono le difficoltà finanziarie degli Enti locali che programmano sempre meno interventi di opere pubbliche”.