Le prime dichiarazioni rilasciate a “IDEA” dal nuovo Presidente della Regione Piemonte sono nel segno del cambiamento, anche dei riti della politica, di cui ha deciso di farsi portatore.
Si tratta di un impegno preciso e molto significativo, specie dalle parti della Granda che può solo suscitargli ulteriori simpatie: «Durante il mio mandato inizieremo a viaggiare sull’Asti-Cuneo completata e potremo curarci nel nuovo ospedale unico di Verduno. E aggiungo che, in occasione dell’apertura di queste due opere pubbliche, non organizzeremo inaugurazioni ufficiali in pompa magna. Caso mai, al contrario, dovremmo chiedere scusa ai cittadini per i quarant’anni di ritardo accumulati dall’autostrada e per gli oltre tre lustri di attesa per il nosocomio che, con lungimiranza, gli albesi e i braidesi hanno scelto di costruire per
garantire servizi sanitari migliori e più efficienti».
Intervistato per “IDEAwebtv” alla vigilia del voto, Cirio aveva peraltro garantito, smentendo le illazioni circolanti da alcune settimane, che il cantiere dell’Asti-Cuneo riaprirà entro l’estate, secondo quanto affermato dal Governo, giacché, come sostenuto da Roma e come confermato dal presidente uscente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, da lui interpellato, la soluzione adottata dall’Esecutivo guidato da Giuseppe Conte non necessita del via libera dell’Ue, bensì di una semplice comunicazione, smentendo così chi ha alimentato le polemiche più recenti.
Cirio, appena avuto la conferma dell’elezione, si è espresso con toni assai ecumenici, rendendo l’onore delle armi agli avversari sconfitti con un margine del tutto inatteso, ma soprattutto affermando di voler essere il presidente anche dei piemontesi che non l’hanno votato. Ma questo non gli ha impedito di promettere che, ancora per quanto riguarda le opere pubbliche, senza ombra di dubbio il Tav si farà.
Il vincitore, anzi il trionfatore delle elezioni regionali piemontesi del 2019 era partito un pochino azzoppato perché, mentre tanto il centro-sinistra quanto il MoVimento 5 stelle avevano presentato da tempo i rispettivi candidati alla carica di governatore, il centro-destra ha molto tardato a fare la scelta a seguito dei non nascosti dissidi interni.
Però alla fine Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno dato il via libera al nome suggerito da Silvio Berlusconi e, con il senno del poi, hanno di che esserne molto soddisfatti.
Nessun sondaggio si azzardava ad attribuire ad Alberto Cirio un vantaggio di quasi 15 punti percentuali e chi scrive può testimoniare come lui stesso, pur convinto delle propria potenzialità, ancora poche ore prima delle votazioni temesse il risultato elettorale, confidando in un vantaggio piuttosto risicato.
Non ultimo, induceva alla cautela l’ipotesi del “voto utile” secondo la quale, in modo sotterraneo, i pentastellati avrebbero gradito fin’anche favorendola nel segreto delle urne, l’affermazione di Sergio Chiamparino per impedire che il “caro” alleato nel Governo nazionale, vale a dire il Carroccio leghista, inanellasse un altro successo elettorale.
Lo scrutinio ha spazzato via ogni dubbio fin dagli “exit poll” che, per quanto poco credibili, davano il portabandiera del centro-destra in vantaggio di circa 5 punti. Poi le proiezioni, assai più attendibili, hanno iniziato a far crescere il distacco, sino a quell’abissale 15 per cento confermato dai dati reali.
Un altro atteggiamento senza dubbio gradito dai cittadini che sono andati a votare è quello in base al quale Alberto Cirio ha associato alle promesse elettorali l’indicazione del modo con il quale intende finanziarle. Maggiori, ingenti, fondi devono arrivare dall’autonomia regionale da contrattare con Roma e dai fondi comunitari di cui il Neopresidente è diventato grande esperto nei cinque anni passati fra Strasburgo e Bruxelles.