Torna l’allarme dei documenti falsi e con l’approssimarsi dell’estate e del lavoro nei campi e nelle vigne il nostro territorio è di nuovo meta di stranieri che, in cerca di un’occupazione, utilizzano documenti falsi per essere facilmente “arruolabili” nelle cooperative agricole.
L’ultima operazione sul fenomeno, in ordine di tempo, è stata l’operazione “Sole” , un’ attività condotta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Cuneo e della Compagnia di Alba coordinati dalla Procura della Repubblica di Asti, che ha permesso di denunciare oltre 200 “finti bulgari”, in realtà cittadini macedoni che fingendosi cittadini europei potevano spostarsi senza problemi e lavorare nel settore vitivinicolo tra Albese, Braidese e Canellese.
Il fenomeno dell’acquisizione di falsi documenti d’identità attestanti la cittadinanza bulgara soprattutto da parte di persone di nazionalità macedone ha assunto negli ultimi anni sempre maggiore rilievo. Tale sistema consente di acquisire, anche se fraudolentemente, lo status di cittadino comunitario senza la necessità di dover richiedere il permesso di soggiorno per la permanenza nel territorio nazionale.
In questo secondo trimestre dell’anno tale fenomeno ha coinvolto nuovamente il territorio astigiano, dove i Carabinieri del Comando Provinciale di Asti diretti dal Ten. Col. Pierantonio Breda, soprattutto nell’area canellese, hanno effettuato mirati servizi di controllo del territorio che hanno portato all’arresto di tre persone, due cittadini macedoni un cittadino albanese.
L’ultimo arresto è stato effettuato nei giorni scorsi dove un cittadino macedone 29enne, in Italia senza fissa dimora, sottoposto ad un normale controllo di polizia, ha esibito con estrema naturalezza un documento rilasciato dalle autorità bulgare. La contraffazione del documento, sebbene fosse stata eseguita con notevole precisione, non ha colto impreparati i militari dell’Arma che, grazie all’esperienza maturata negli anni, hanno notato alcune incongruità nella realizzazione del documento stesso.
Le successive verifiche effettuate tramite il Servizio di Cooperazione Internazionale di Roma e le Autorità Bulgare hanno dimostrato che il documento che i militari avevano tra le mani, relativamente al numero, corrispondeva ad un documento rubato ed intestato ad un altro individuo; pertanto, per il giovane, ritenuto responsabile del reato di “possesso di documenti di identificazione falsi”, si sono aperte le porte del carcere di Alessandria ove tuttora risulta essere ristretto dopo l’udienza di convalida dell’arresto.
c.s.