Iniziata con qualche minuto di ritardo la “sua” serata a causa di un imprevisto causa maltempo del suo aereo dalla Sicilia, Pino Maniaci, direttore di Telejato, ospite a Busca di Idee.Comunità, si è presentato sul palco con l’ironia che lo contraddistingue “Posso sedermi o è la sedia dello studio di Vespa?”.
A seguire, un uragano, qual è il direttore della televisione siciliana che ha sede a Partinico e che, nata nel 1989, è stata trasformata nella tv di riferimento dell’antimafia, nonostante le molte minacce subite dalla malavita e dalla criminalità organizzata negli anni. Ma anche tanta serietà a partire da una sua considerazione chiara: “In Italia nessuno parla di mafia e questo è inspiegabile, nonostante il fenomeno malavitoso si stia diffondendo in tutta la penisola, mescolandosi sempre più con la politica”. Del resto Telejato in questo senso dà una risposta: “Noi siamo la normalità, con le nostre inchieste, non dovremmo essere l’eccezione. Gli unici telegiornali in Italia ormai sono “Le Iene” e “Striscia la Notizia, che infatti hanno spesso collaborato con noi, portando a conoscenza del grande pubblico le nostre inchieste”.
A parlare per Pino Maniaci e la sua televisione, condotta quasi a livello familiare, oltre al sostegno di ragazzi provenienti da tutta Italia per svolgere uno stage giornalistico riconosciuto dall’Ordine dei Giornalisti italiano, sono soprattutto i video ed i servizi mandati in onda ogni giorno. Proprio alcuni di questi sono stati proiettati verso la fine della serata, divertendo il pubblico con quell’ironia che contraddistingue Telejato e che, in passato, aveva caratterizzato Radio Aut, la radio di Peppino Impastato, ucciso barbaramente dalla criminalità organizzata il 9 maggio 1978, come ricordato anche da Maniaci stesso: “Entrambi amiamo rapportarci in modo dissacrante con la mafia, per combatterla ridendole in faccia. Peppino, però, aveva anche un orientamento politico, che io non ho mai dato alla mia televisione, perché la mafia va combattuta a 360 gradi, essendosi infiltrata in tutti i gangli della nostra politica”.
Siciliano doc, sempre pronto alla battuta e al racconto grottesco, Maniaci ha allietato la platea del Teatro di Busca per circa due ore, lasciando però passare, tra una risata e l’altra, quelli che sono i messaggi veri, testimoniati dalla sua stessa esperienza di vita, che lo ha portato a subire diverse minacce dal mondo mafioso, fino ad un’aggressione fisica che lo ridusse in pessime condizioni e all’ultimo drammatico segnale “inviatogli” con l’avvelenamento e l’impiccagione dei due cani mascotte della televisione, fatti ritrovare da alcuni “nemici” dello Stato, che Pino combatte ogni giorno.
Una grande occasione per la cittadinanza buschese per dialogare ed entrare in contatto con chi ha fatto dell’antimafia uno stile di vita, pur conoscendone perfettamente le conseguenze, tra minacce, scorte e (clamorosi) voltafaccia da parte di chi dovrebbe combattere al suo fianco.
Carlo Cerutti