Riapre sabato 31 agosto la mostra “La Giada del Monviso. Dalla Montagna al centro dell’Europa di 7000 anni fa”. Allestita presso due saloni delle Antiche Scuderie della Caserma Mario Musso di piazza Montebello 1 a Saluzzo, l’esposizione è organizzata dal Parco del Monviso in collaborazione con la Regione Piemonte, la Città di Saluzzo, il Comune di Oncino, la Fondazione Amleto Bertoni, la Fondazione CRC e con la consulenza scientifica e tecnica del CAST – Centro di Archeologia Sperimentale Torino e del CeSMAP – Centro Studi e Museo d’Arte Preistorica di Pinerolo.
La mostra sarà visitabile il sabato e la domenica con orario continuato 10-18 fino a domenica 29 settembre. L’ingresso è libero. È possibile – per gruppi e scuole – la visita in altri orari previa prenotazione presso il Servizio Promozione del Parco (tel. 0175.46505 [email protected])
Nel primo periodo di apertura, dal 10 maggio al 16 giugno, la mostra ha ottenuto un grande riscontro da parte del pubblico: sono circa 2.000 i visitatori registrati, oltre a numerosi studenti delle scuole locali ai quali insegnanti e accompagnatori del parco hanno dato le necessarie spiegazioni per comprendere al meglio l’allestimento.
A inizio settembre sono previste escursioni e attività formative per insegnanti della scuola primaria e secondaria di primo grado, per scoprire le tecniche di lavorazione e l’ambiente che 7.000 anni fa fu il crogiolo della “pietra verde di Oncino”: giovedì 5 settembre è in programma a Saluzzo un workshop per conoscere la vita nel Neolitico e le tecniche di lavorazione preistoriche; venerdì 6 settembre escursione “sul campo” per osservare da vicino i luoghi di estrazione delle pietre verdi nei dintorni di Oncino.
Per il pubblico sono previsti invece tre appuntamenti: sabato 14 e domenica 29 settembre, nel normale orario di apertura, si terrà una dimostrazione di tecniche di lavorazione neolitiche a cura del Cast. Nel percorso della mostra sarà possibile osservare come gli uomini preistorici lavoravano e costruivano gli attrezzi e i materiali necessari per la vita quotidiana.
Domenica 15 settembre il Parco propone un’escursione nel Vallone di Oncino per conoscere i luoghi dove 7000 anni fa gli uomini estraevano e lavoravano la giada: un’occasione unica per capire quanto fosse difficile il lavoro di queste prime popolazioni umane. L’escursione è gratuita, ma è necessaria la prenotazione attraverso il form disponibile sul sito del Parco del Monviso (www.parcomonviso.eu).
L’iniziativa intende valorizzare un patrimonio archeologico locale, quello della “pietra verde” del Monviso, da riscoprire, tutelare e far conoscere poiché si tratta di un unicum a livello europeo. Nell’Europa di circa settemila anni fa, in epoca ancora preistorica, questa particolare pietra proveniente dalla zona di Oncino in valle Po e lavorata per creare asce rituali, ha percorso le vie commerciali del nostro continente poiché era ricercata come simbolo di potere e trascendenza.
A riprova di questo successo, vero e proprio “fenomeno globale” ante litteram, le asce del Monviso sono state ritrovate in contesti archeologici in Danimarca, in Inghilterra e in altre regioni del Nord Europa.
«Per tre millenni, nel mondo neolitico, il Monviso ha svolto un ruolo assai importante. Oggi il massiccio e le aree che lo circondano costituiscono un luogo di grande interesse per la ricerca archeologica europea…» ha scritto a proposito di questa vicenda il giornalista e storico Roberto Mantovani.
L’allestimento prevede anche un ampio salone dedicato alla vita nel Neolitico con isole tematiche dedicate agli aspetti di vita che gli archeologi sono riusciti a ricostruire e presentare ai visitatori.
Dino Delcaro, Presidente del Centro di Archeologia Sperimentale Torino, spiega il lavoro del CAST, portato avanti negli ultimi anni attraverso precise e pazienti “sperimentazioni sulle tecniche preistoriche di lavorazione delle pietre verdi e degli altri manufatti, che hanno permesso di scoprire le notevoli capacità dell’uomo neolitico”. Tutti gli esemplari presenti in mostra sono infatti stati realizzati utilizzando esclusivamente tecniche conosciute del periodo neolitico.
Il Parco del Monviso intende promuovere la conoscenza di questo patrimonio storico non solo in quanto bene culturale ma anche sotto il suo profilo turistico, favorendone una riscoperta che possa essere anche fonte di ritorno economico, naturalmente in armonia con le esigenze della tutela dei siti interessati, inseriti nel territorio protetto del Parco.
La valorizzazione del patrimonio archeologico presente nelle valli del Parco del Monviso può infatti essere una fonte di richiamo turistico, in grado di potenziare l’attuale offerta e aprire nuovi flussi, soprattutto intercettando un settore “di nicchia” come quello storico e archeologico.
Il Presidente del Parco del Monviso, Gianfranco Marengo, ricorda come la mostra «è un’opportunità unica per vedere l’ambiente di vita antico e come la pietra veniva lavorata. Una vera e propria immersione nella preistoria che permette di scoprire nel dettaglio come venivano creati e utilizzati gli utensili di uso comune in epoca preistorica e le prestigiose asce alpine, simbolo di potere e trascendenza e vero e proprio “fenomeno globale” del Neolitico.
Il progetto del Parco sulla “Giada del Monviso” si propone di tutelare e valorizzare l’importante sito archeologico di Oncino e le attività che si sono svolte agli albori della storia, un momento finora poco approfondito e che merita di essere conosciuto».
Un po’ di storia
Secondo quanto emerso dalle ricerche storico-scientifica svolte negli ultimi 15 anni, circa 7000 anni fa, nell’appartato vallone di Oncino, ad est del Monviso, veniva estratto e lavorato un raro minerale simile alla più nota giada cinese. A render suggestivo il ritrovamento è stata anche la scoperta che i manufatti in “giadeite” hanno poi viaggiato per migliaia di chilometri fino a raggiungere, come punti estremi, l’Irlanda, la Normandia, Danimarca e Bulgaria.
La scoperta iniziale è da attribuirsi ai geologi dell’Università di Torino – Franco Rolfo e Roberto Compagnoni – che fin dal 2003 localizzano sulla Punta Rasciassa, a circa 2.400 m di quota, il primo giacimento primario (cioè in sede non fluviale) di giadeite delle Alpi.
Dopo anni di studi – pressoché in simultanea con i colleghi italiani – anche l’archeologo francese Pierre Petrequin giunge allo stesso risultato e localizza anch’egli i primi blocchi massivi nel Vallone del Lenta, a monte di Oncino.
Il convegno, che è rivolto ad un pubblico vasto di “curiosi, scienziati ed appassionati” ha l’obiettivo di rilanciare l’attenzione sulla “pietra verde” e sulla storia del Neolitico nelle Valli del Monviso. Un periodo storico poco conosciuto e fonte di grande interesse, di cui molto è ancora da scoprire, soprattutto nell’area saluzzese.
c.s.