Ci scrive il Comitato Referendario sul teleriscaldamento: “Una telenovela in salsa cuneese”

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Riceviamo e pubblichiamo dal Comitato Referendario sul tema del teleriscaldamento a Cuneo.

 

Tutto cominciò quando un gruppo di cittadini ebbe un giorno la malaugurata idea di interessarsi del teleriscaldamento a Cuneo: un oggetto misterioso che una amministrazione comunale “illuminata “ aveva deciso, dopo anni di inutili parole, di offrire ai cittadini cuneesi – peraltro a loro insaputa – come “opportunità” per risparmiare sul riscaldamento delle proprie abitazioni e nel contempo per salvare 1000 (mille!) posti di lavoro in pericolo (!?)

 

Cominciarono con il chiedere all’Amministrazione che un’operazione di tale portata e di tale valore sociale non venisse timidamente portata avanti, nel chiuso delle commissioni in umile silenzio, ma che venisse illustrata con dovizia di particolari alla cittadinanza, affinché si rendesse consapevole del dono elargitole.
Fecero ricorso ad interpellanze, ordini del giorno, proposte di delibera, a tutti gli strumenti offerti dallo Statuto comunale per vincere l’inesplicabile ritrosia dell’Amministrazione, ma tutto fu vano di fronte alla sua irriducibile virginale timidezza.

 

Infine non restò che ricorrere all’arma estrema del referendum per consentire ai cittadini di abrogare il velo di riserbo che ammantava l’operazione portandone in piena luce il volto e la natura.
Ma ahimè, nuovi ostacoli insorsero sul cammino della verità: se lo Statuto della città consentiva fin dal 2008, doverosamente adeguandosi alla legge , di promuovere un referendum abrogativo, per una inspiegabile distrazione, l’amministrazione comunale – pur così attenta in altre circostanze – si era dimenticata di emanare il regolamento necessario alla sua attuazione, benchè un paio di solerti consiglieri di minoranza, con i loro puntuali richiami, fossero venuti in soccorso della sua smemoratezza. Si era dimenticata altresì di costituire la Commissione che avrebbe dovuto esaminare l’ammissibilità dei quesiti, che aveva deliberato dovesse essere formata addirittura da un magistrato/giudice di pace e un avvocato cassazionista (manco si trattasse di modifiche alla Costituzione…)

 

Fu presentato un ordine del giorno per approvare un nuovo regolamento, ma fu ritenuto troppo osé per essere discusso in Consiglio comunale e fu rimandato in Commissione; ma anche in questa sede prevalse la timidezza dei consiglieri che si presentarono solo in 4, di cui uno solo di maggioranza, e l’adempimento fu rinviato al successivo consiglio comunale.
Ma il colmo fu raggiunto quando l’Amministrazione, per mano del Segretario Generale, “candidamente” informava (con 3 settimane di ritardo) i cittadini proponenti che il presidente del Tribunale aveva comunicato di non poter indicare alcun nominativo tra magistrati e giudici di pace, in quanto i medesimi – come dovrebbe essere ben noto – non possono essere destinati ad attività estranee alla loro funzione al di fuori dei casi previsti dalla legge. Quindi, poichè anche l’ordine degli Avvocati non si era preso il disturbo di rispondere, il Segretario dichiarava in modo rassegnato che non era possibile nominare la Commissione, invitandoci a fissare un colloquio “per approfondire le questioni sollevate” .

 

Gentile Segretario, rendere effettivi i diritti garantiti dallo Statuto è compito dell’Amministrazione di cui lei fa parte. C’è poco da approfondire e molto da agire… e riteniamo che, considerato il suo ruolo e gli anni di “approfondimento” già trascorsi, lei sappia cosa fare senza aver bisogno di chiedere lumi a un’associazione di comuni cittadini. Un consiglio, però, glielo diamo: non serve una commissione di giudici e avvocati cassazionisti per valutare l’ammissibilità di un ordinario referendum locale. Esca sul suo pianerottolo e scoprirà che negli uffici della sua stessa amministrazione, magari poco valorizzate, ci sono tutte le competenze necessarie per analizzare e risolvere la questione nell’arco di un’ora. Si impegni dunque a predisporre, per l’approvazione nel prossimo Consiglio, le modifiche statutarie e regolamentari necessarie a rendere effettivo l’esercizio di un diritto, lasciando in pace i giudici e gli avvocati cassazionisti… oppure sarà chiaro che anche lei è vittima di questo senso di timidezza che impedisce alla città di essere “illuminata” tanto quanto lo è via Roma.

 

E siccome non tutti sono psicologi o poeti, e fra loro c’è anche qualche malpensante, non vorremmo che qualcuno equivocasse su questo naturale, consapevole e reiterato riserbo amministrativo, e lo chiamasse inadempienza ed omissione.

 

Il Comitato Referendario di Cuneo.