Premio Lattes Grinzane a Murakami: la grande luce di un piccolo falò

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Foto Murialdo

Oggi 11 ottobre, assegnato ad Haruki Murakami il Premio Lattes Grinzane, per la sezione “La Quercia”. Una premiazione tenutasi all’interno della cornice del Teatro Sociale Giorgio Busca, sul suggestivo palco che separa l’ala vecchia del teatro da quella nuova del teatro.

I giurati, Gianlugi Beccaria, Valter Boggione, Vittorio Coletti, Rosario Esposito La Rossa, Giulio Ferroroni, Bruno Luverà, Alessandro Mari, Romano Montoni, Laura Pariani, Marco Vallora e Bruno Ventavoli, hanno ritenuto Murakami meritevole del riconoscimento per “la semplicità stilistica” con cui ha affrontato profondi temi esistenziali, per “la ricerca di sé nell’assurdità di un’esistenza alienata” e la capacità di toccare problematiche attuali del Giappone, nella cornice di un universo finzionale dai contorni enigmatici.

Figlio della controcultura della metà degli anni ’60, Murakami ha introiettato nella propria scrittura quel distaccamento da un rigorismo radicato con forza nella tradizione letteraria giapponese, approdando a una letteratura di maggiore consumo, non sempre tenuta in buona considerazione da una parte dei critici giapponesi. Ma al tempo stesso è stato capace di fornire un’immagine in qualche modo più veritiera del Giappone grazie alla spontaneità e alla sincerità con cui questa è stata riposta nella pagina stampata.

In occasione della premiazione, a oltre 40 anni dal suo primo romanzo, Murakami ha tenuto una lectio magistralis dal titolo “Un piccolo falò nella caverna“. Un’opportunità per raccontare alla platea gremita quello che succede dietro la sua penna. Le sue storie, racconta, nascono come delle improvvisazioni musicali, senza seguire alcun progetto precostituito: “scrivo quello che mi viene in mente, l’importante è che si tratti di cose che affiorano in modo del tutto spontaneo. Cose che emergono in maniera naturale dal profondo di me, come l’acqua sotterranea sgorga in superficie diventando una fonte”.

La storia grazie a questa spontaneità acquisisce una forza di persuasione tale da “far vibrare” i cuori dei lettori. Il tutto inizia con una prima e breve stesura di un racconto, un’immagine che, consegnata alla prosa, viene poi abbandonata, “riposta in un cassetto” per qualche tempo in attesa che questa “fermenti” e possa essere tradotta in una storia compiuta. A quel punto la storia uscirà quasi spontaneamente, sgorgando dall’inconscio dell’autore, e così facendo offrirà inevitabilmente uno scorcio di quella interiorità che l’ha consegnata all’esistenza.

Foto Murialdo

Quello di Murakami, come lui stesso rivela non è un narrare che si costruisce “nella tua testa secondo le leggi dell logica, ma che hai intuito e percepito col cuore“, che permette di recuperare quell’atto espressivo connaturato all’uomo, quella necessità di raccontare qualcosa, come facevano gli uomini primitivi, nelle caverne, attorno a un falò, per impegnare il tempo o più semplicemente per non sentirsi poi così soli e spersi al mondo. Qualcuno, è certo,vi riesce al meglio, altri peggio, ma, senza alcuna necessità di affermarlo, possiamo facilmente intuire dove si situi Murakami.