Con il suggestivo giallo “La Luna di traverso” inizia l’avventura letteraria della fossanese Chiara Negro

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Il romanzo “La Luna di traverso” segna l’esordio della fossanese Chiara Negro, penna agile e poetica che ha dedicato alla stesura del suo libro ben cinque anni: iniziata quasi per caso, l’avventura letteraria si è dipanata lentamente, con i tempi dettati dall’ispirazione e della perizia narrativa.

 

 

“La Luna di traverso” è un giallo che si snoda per 34 anni, su diversi livelli temporali e con un preciso e complesso intreccio di eventi e situazioni: nulla è lasciato al caso, ogni piccolo dettaglio contribuisce alla ricostruzione della trama e ogni tassello, alla fine, trova il suo posto nel mosaico generale. Lo stile dell’autrice, poi, alterna scorci lirici a una grande leggibilità, tutta tesa a rendere le sfumature psicologiche dei personaggi e a tessere con misurato senso del “thrilling” la trama. Numerosi sono i colpi di scena, i ripensamenti, i misteri svelati e quelli celati.

 

Niente è come sembra e, in una suggestiva notte illuminata dalla Luna, si compirà il destino della protagonista e di tutti i fili narrativi che da lei si dipanano. Per conoscere qualcosa in più riguardo al felice esordio letterario, abbiamo incontrato l’autrice e le abbiamo rivolto qualche domanda per i lettori di “IDEA”.

 

Partiamo da “La Luna di traverso”, pubblicato nel 2015 da “Araba fenice”. Come descriveresti ai nostri lettori il tuo libro? Cosa racconta?

 

«È un “noir” avvincente ambientato tra Langhe e Monferrato, in un territorio sospeso tra realtà e immaginazione, ricco di colpi di scena. Un giallo in cui, in una calda notte d’estate, si compie un delitto, svelato nel le prime righe
del libro. Seguono storie di vita quotidiana, di incontri e di abbandoni, di paesi amati e di momenti indimenticabili. Per tornare a quella calda notte d’agosto in cui una Luna di traverso rischiara la scena del delitto…».

 

Anche la copertina del volume, in qualche modo, è legata alla vicenda narrata.

 

«La copertina è un quadro che esiste per davvero. L’ha dipinto mia mamma. È un quadro rotto: se si guarda bene, infatti, si può notare che il vetro che è infranto. Così è tutt’ora. Il quadro, nella finzione del romanzo, è dipinto
dalla protagonista. È al centro delle ultime scene del libro. Rappresenta una Luna astratta che diffonde una luce argentea sui campi di grano. Da qui anche il titolo, “La Luna di traverso”: la Luna che illumina in modo discreto le fasi salienti del narrazione».

 

“La Luna di traverso” si muove fra vari generi letterari: “noir”, giallo, ma anche romanzo di formazione. Quale di questi aspetti prevale, secondo te? È un “mix” consapevole oppure è il risultato di un’istintiva creatività?

 

«Il romanzo nasce in una calda notte d’estate: mi svegliai di soprassalto per un rumore. Il rintocco della campana? Un soprammobile caduto? O chissà cos’altro… Iniziai così a scrivere il primo capitolo, cardine di tutto il romanzo. Il libro nacque così, per caso. Non c’era l’intenzione di scriverlo. Ma i personaggi iniziavano a presentarsi ogni sera. Procedevo con un incalzare lieve di eventi, un racconto a punti di vista alternati fra i due protagonisti, Anna e Marco. Ma, su tutto, l’ombra oscura di un assassinio, culmine narrativo della vicenda, colorandola di drammaticità».

 

Nel romanzo i luoghi, soprattutto le Langhe e il Monferrato, ma anche il mondo cittadino, hanno una particolare centralità. Cosa ci puoi dire su questo aspetto della tua scrittura?

 

«Sono originaria di Fossano e oggi risiedo a Monastero Bormida. Da qui i nomi di Fossanero e Monsano. Il romanzo prende vita, infatti, tra scorci suggestivi del paesaggio di Langhe e Monferrato, con un occhio al viale di Fossano, che in una sera d’estate diventano cornice perfetta per il primo bacio tra due persone che, da tempo, si inseguono, senza essersi mai davvero ritrovate. Ma ci sono anche menzioni a Torino, alla vita universitaria del personaggio di Anna che in seguito vi si recherà per lavoro presso un’a enzia pubblicitaria. Così come io ho studiato a Torino».

 

Quanto riconosci di “tuo” nel romanzo e quanto è “fiction”? Su quale piatto della bilancia “realtà/fantasia” collocheresti “La Luna di traverso”?

 

«Il romanzo non è autobiografico, altrimenti non l’avrei pubblicato. Però alcune esperienze vissute hanno influenzato alcuni capitoli. La mia esperienza universitaria a Torino e il lavoro nel “marketing” mi hanno dato gli
spunti per descrivere Anna, che tuttavia non sono io. Altri aspetti autobiografici sono la scelta del vestito dell’abito da sposa, e i personaggi di Ben e Amalia: il primo architetto che risiedeva a Calamandrana Alta e ora vive a
Cape Town, Amalia che gestiva il suo negozietto aperto sempre. Il resto è tutto fantasia».

 

Come è nata la voglia di trasferire su carta i tuoi pensieri? Hai qual che autore in particolare a cui ti sei ispirata?

 

«L’autore a cui mi sono ispirata è Gianni Farinetti, di Bra. I suoi gialli molto legati al territorio, che peraltro conosco molto bene, sono i migliori che io abbia mai letto. Non ho riconosciuto in nessun scrittore al momento la
forma che ho dato al libro: finire i capitoli negando quanto detto sopra, oppure disorientare il lettore con frasi che ricordino la fine della protagonista».

 

Enrico Maria Di Palma