Alba: guardare alla resistenza partigiana attraverso gli occhi delle donne (FOTO e VIDEO)

0
747

Il palazzo Banca d’Alba ha ospitato Mercoledì 27 Novembre la tavola rotonda organizzata dalla FIDAPA di Alba intorno al tema “le donne nella resistenza”. Sono stati chiamati a intervenire Daniele La Corte, giornalista, scrittore e autore del libro Resistenza svelata, la scrittrice Giovanna Zanirato, autrice del libro intervista Meghi, purtroppo assente per impegni lavorativi, e Margherita Mo “Meghi”, che fu staffetta partigiana e in questa occasione omaggiata di una targa commemorativa da parte dell’amministrazione albese.

A coordinare e orientare i vari interventi Donato Bosca, presidente onorario dell’associazione culturale Arvangia. Angioletta  de Giorgis, neo presidente della FIDAPA di Alba ha introdotto gli ospiti sottolineando come il ribaltamento del binomio donne e resistenza fornisca un interessante spunto di riflessione sul contemporaneo per parlare di resistenza delle donne, e affrontare così con ulteriori strumenti il tema dell’emancipazione femminile.

Le storie delle donne nella resistenza sono molte e differenti, ma radicate tutte nelle stesse motivazioni e negli stessi ideali. Nella maggior parte dei casi le partigiane hanno rivestito il ruolo di staffette, portando cibo, armi, messaggi ai vari nuclei armati di liberazione dislocati sul territorio, in altri casi hanno offerto protezione e cure ai partigiani bisognosi e in altri ancora hanno preso parte in prima persona alla lotta armata, contrastando il modello di una donna relegata all’ambiente domestico.

Molte pagarono con la vita e poche, purtroppo, ottennero un riconoscimento adeguato al loro impegno e ai loro sacrifici. Difficilmente avremmo potuto trovare tra loro delle fanatiche o delle guerrafondaie, erano donne semplici, nate e vissute nelle campagne, eppure tutte erano animate da un forte desiderio di libertà ed erano disposte a perdere tutto, anche la loro stessa vita, per vederlo realizzato.

La partecipazione alla resistenza ebbe per tutte le donne un’inevitabile risonanza, in un certo senso permise loro di uscire da uno stato di anonimato e omologazione e conquistare una più concreta presenza sociale, e si rivelò così una tappa fondamentale in un processo di affermazione di genere. Eppure il contributo femminile alla lotta di liberazione è passato spesso inosservato o non ha ricevuto la dovuta attenzione.

Complice sicuramente il loro ruolo in ombra, di supporto dietro le linee., una presenza costante che si muoveva ai margini delle operazioni di guerriglia, anche se si rivelò una presenza decisiva se considerata in una prospettiva d’insieme. Ma, per anni, anche colpa di categorie concettuali inadatte, figlie di un contesto culturale tradizionalista, restio a riconsiderare il ruolo della donna.

Non dobbiamo, come una certa cultura accademica eccessivamente politicizzata ha fatto negli ultimi anni, celebrare le donne solo perché capaci di lasciarsi alle spalle un ideale imposto da una società patriarcale per vestire i panni della femmina mascolina, cazzuta e guerrafondaia, che considera lodevole il solo esercizio della violenza. La resistenza di queste donne partigiane ci consegna piuttosto l’immagine di una donna capace di scardinare le convenzioni imposte, per operare una scelta libera e orientata unicamente dal proprio desiderio e dalle proprie necessità. Invece che sostituire delle categorie anacronistiche con altre, destinate a diventarlo, andrebbe piuttosto celebrata la libera singolarità asessuata, libera di scegliere la propria destinazione sociale.

La storia non è che un arazzo in cui si incontrano e si intrecciano numerosi fili, alcuni più visibili, altri nascosti in secondo piano, ma tutti essenziali alla costituzione dell’insieme. Ricostruire i fili bibliografici dei numerosi protagonisti, scomparsi o dimenticati, è oggi possibile grazie anche all’impegno di scrittori come La Corte e Zanirato, capaci di restituire storie che verrebbero altrimenti dimenticate, per riflettere ancora sul nostro passato e impedirci così di dimenticarlo.

Di seguito l’intervista a Daniele La Corte: