In questi giorni il percorso di gara della Winter Rescue Race è stato provato e approvato da una soccorritrice un po’ particolare: Katia Tomatis.
Per chi non la conosce, Katia è una volontaria del Soccorso Alpino e Speleologico Piemontese, ma soprattutto atleta di punta dello scialpinismo, rifugista e da poco meno di un anno mamma. Insomma, una che vive la montagna a 360°, da quando nel 2012 ha deciso di rinunciare al posto fisso in banca per dedicarsi anima e corpo alla carriera agonistica e alla gestione del rifugio Malinvern a 1836 metri nel comune di Vinadio (Cn).
Nel 2015 è diventata Nazionale di scialpinismo e nel 2018 ha ottenuto la sua vittoria più prestigiosa alla grande classica francese della Pierra Menta. Poi la gravidanza e la nascita della piccola Azzurra a marzo 2019 hanno imposto una pausa dall’attività agonistica ma non certo dalla montagna. Una settimana prima di partorire, Katia era ancora in giro con le pelli di foca e Azzurra ha trascorso la sua prima estate direttamente in rifugio.
Dallo scorso agosto ha ripreso seriamente l’allenamento nelle brevi pause che le rimangono dal lavoro vero, quello di mamma, presentandosi ai Campionati italiani in ottima forma con due eccellenti piazzamenti e promettendo scintille alle classiche di primavera. In una pausa dall’allenamento è stata ad Artesina per un sopralluogo del percorso della Winter Rescue Race insieme al direttore di gara Matteo Canova, tecnico di elisoccorso del Soccorso Alpino e Speleologico Piemontese e Guida alpina.
Abbiamo approfittato per fare due chiacchiere con Katia.
Innanzitutto da dove viene la tua passione per la montagna?
«I miei nonni erano veri montanari, i weekend e le estati con loro mi hanno segnata fin da piccola. Poi a 3 anni quando ho calzato per la prima volta gli sci è nata la passione per la neve. Infine nel 2012 in una notte ho deciso che non volevo più lavorare in banca ma prendere in gestione il rifugio Malinvern. Volevo vivere fino in fondo la mai passione».
Perché sei diventata anche soccorritrice?
«Poter essere d’aiuto a qualcuno fa parte della mia indole e poterlo fare nell’ambiente che più amo mi ha spinta ad affrontare il percorso formativo per entrare nel soccorso alpino. Tutto ciò è avvenuto prima del mio “cambio di vita” grazie a quello che sarebbe diventato mio marito, un soccorritore molto forte e preparato».
Cosa pensi della Winter Rescue Race?
«Far parte di un progetto così bello tra le montagne della provincia in cui vivo mi ha resa molto orgogliosa. Trascorrendo qualche ora con gli organizzatori a provare il percorso di gara ho potuto osservare la passione e l’impegno impiegati per la riuscita del raduno. È un appuntamento che merita davvero! L’aspetto che più mi attira va al di là della gara vera e propria: è la possibilità di incontrarsi con altri soccorritori di tutta Italia, confrontarsi ed esercitarsi con le manovre in ambiente. Sono curiosa di vedere come si combineranno il tempo della gara sci ai piedi con quello delle manovre che andranno eseguite prima di tutto in maniera corretta e sicura. D’altronde il fattore tempo per i soccorritori è fondamentale, può significare salvare una vita. Quindi l’idea di inserire la progressione con ramponi e piccozza, la calata in corda doppia, il trasporto del toboga e infine la ricerca in valanga in una competizione di scialpinismo è un esperimento molto interessante».
In tema di sicurezza che messaggio ti senti di mandare a tutti gli appassionati di montagna invernale?
«Innanzitutto venite a vedere la Winter Rescue Race! Potrete osservare all’opera i tecnici più preparati, “rubare” i loro segreti e festeggiare tutti insieme. Poi consiglio a tutti di frequentare un corso di scialpinismo serio in cui si impara l’utilizzo corretto degli strumenti per l’autosoccorso in valanga: pala, sonda, Artva e airbag. Non basta portarli nello zaino, bisogna imparare a usarli… bene!»