Come vive il mondo dell’arte questo momento così delicato che stiamo attraversando? A quali rischi sta andando incontro il settore? E le vendite, la divulgazione specifica, l’organizzazione delle fiere e delle mostre, il collezionismo, i guru della critica e del mercato come supereranno l’impasse del lungo periodo di stasi che, certo, avrà strascichi non indifferenti?
Quotidiani, riviste specializzate, emittenti, social, filosofi e psicologi veri o improvvisati e chi più ne ha più ne metta discettano quotidianamente sui vari temi giungendo alle conclusioni più svariate e contrastanti nella speranza, anche qui, di trovare un “vaccino” debellatore della congiuntura negativa. Tutto normale in tempi di incertezza e di grandi paure fisiche e mentali. Varie e vaste le teorie analizzate negli ultimi tempi, ma una in particolare, emersa da una leggera seppur profonda riflessione di Franco Fanelli, vicedirettore de il “Il Giornale dell’arte” di Torino, è parsa molto pertinente e appropriata in ordine al tema: quasi una sorta di vaccino antivirale per operatori del settore arte appunto. In buona sostanza Fanelli, nei sei step del suo ideologico intervento stilato a mo’ di Manifesto consiglia, in primis agli artisti, di prendersi una vacanza dal lavoro poiché il mercato è fermo e la ripresa sarà problematica ed inoltre suggerisce di evitare di realizzare lavori che abbiano come temi il contagio, la contaminazione, la paura ecc. I
n giro ce ne sono già troppi e «francamente non se ne può più». Riferendosi poi ai giornalisti specializzati esorta i colleghi, e quindi anche se stesso, ad evitare di scrivere che «la privazione di inaugurazioni ed eventi farà del bene alla pura contemplazione delle opere. Intanto finché i musei e le gallerie saranno chiusi non sarà così facile visitare alcunché (a meno di non accontentarsi del surrogato digitale)» e se il tutto non si riprenderà… arrivederci alla pubblicità con triste fine da “clochard” degli interessati.
Agli organizzatori di fiere, poi, rammenta che potrebbero essere rimandati eventi come Miart (nella foto a lato, una delle passate edizioni), spostato a settembre e “ArteinNuvola” nonché, per la compresenza nella stessa stagione, Artissima e ArtVerona in Italia, Fiac a Parigi, Frieze a Londra e, forse, tutte le altre fiere estere. Del resto, conclude «Per quanto sanguinosi potranno essere gli effetti di un anno sabbatico per tutti, l’ipotesi non è da sottovalutare.
In Italia il Governo, pur correndo il rischio di una sollevazione popolare, ha sospeso persino il campionato di calcio e gli apericena». Fanelli incalza quindi anche i collezionisti di arte contemporanea ai quali consiglia «buone letture di storia dell’arte (poiché) tra Altamira e Vezzoli esiste una regione cronologica e culturale sterminata e per molti inesplorata». Quindi evitare di compulsare ossessivamente i portali specializzati in mercato dell’arte e impegnare il tempo che si sottrarrà ai gettonati viaggi da Dubai (annullata anche quella fiera) a Los Angeles, da Hong Kong (stop anche da quelle parti) ad Art Basel (che rischia forte) in approfondimenti culturali.
Infine ai filosofi del settore si suggerisce di astenersi da commenti di varia natura sull’attuale emergenza sanitaria. «Lasciate parlare e scrivere i medici e gli scienziati. All’arte avete fatto già troppi danni». E l’intervento chiosa con l’attualissimo mantra “Lavarsi frequentemente le mani”. Tra sana celia e triste realtà non resta peraltro che augurarci, come annunciato dal professor Roberto Burioni dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, che con l’arrivo del caldo si possa sperare anche in una mutazione del coronavirus un po’ rabbonita ed utile per una sana ripresa di vita quotidiana e di tutte le attività.
Giorgio Barberis