“Si fa la guardia contro il morbo”! Così recita un “baffo” di scrittura all’interno della bella cappella di San Bernardino (XV secolo d.C.), in borgata Castello di San Michele Mondovì, sulla strada della Bicocca che collega San Grato a Niella Tanaro. Evidentemente nei periodi di pestilenza diventava sosta forzata di controllo e non di devozione, come gli odierni blocchi dei Carabinieri! Oggi è posto sui moderni percorsi turistici del “Landandè”, come dicono qui in dialetto quando ricominceranno a gironzolare liberi sui “Sentieri di altra Langa” dell’associazione di Briaglia.
Si, ma quando? C’eravamo ormai affezionati al “mantra” Km zero per il benessere nostro e del mondo quando ne nasce uno nuovo: R zero, il numero di riproduzione di base, insomma il numero di possibili contagi medi che ognuno lascia alle sue spalle, oggi purtroppo attorno a 2. Ma come facevano i nostri “ignoranti” avi Ligures? Li praticavano entrambi senza tanti problemi: Km zero e R zero! La globalizzazione c’era già e si chiamava “regionalizzazione” (Piemonte, Liguria, Provenza) e tutto girava più lentamente.
Le case erano naturalmente “sparse” per rallentare il contagio e le incursioni armate. Il toponimo lo troviamo in molte località delle nostre vallate cuneesi, fino al comune forse più sparso d’Italia: Roccabruna con 93 borgate di origine celtico-ligure in Val Maira. La filiera produttiva era super corta, confinata nel proprio orto o nella vallata, ma non solo! La Roa Marenca e le altre Vie del Sale assicuravano gli scambi di prodotti con la Liguria e la Pianura Padana. Dovremmo incominciare a pensare a un “Rinascimento turistico Km zero-R zero” (gli esperti dicono almeno R 0,5) per riscoprire queste case sparse e fermarci a degustare i sapori Km zero (almeno Km 50!). È un bel percorso che la Roa Marenca c’insegna ancora oggi in direzione della paura zero, sempre lenta-mente!
testo e foto di Roberto Croci