La cuneese Fabiana Dadone, 36 anni, è ministro della Pubblica Amministrazione da settembre dello scorso anno. Le abbiamo chiesto un primo bilancio in pieno effetto coronavirus.
Signora Ministro, che cosa è cambiato dopo l’ultimo discorso del premier Conte?
«Tutto il Paese ha piena consapevolezza dello sforzo e dell’impegno che stiamo mettendo in campo sia per ridimensionare la portata del virus con le misure varate, in attesa di avere la soluzione definitiva grazie a un vaccino, sia rispetto all’importantissima partita che stiamo giocando in Europa. Anzi, direi che stiamo tentando di salvare la stessa Ue da un destino di autodissoluzione per colpa di miopie ed egoismi».
Da parte dell’Europa c’è un atteggiamento più aperto e disponibile verso l’Italia?
«La pandemia sta colpendo tutti in modo gravissimo. Abbiamo visto una crescita di consapevolezza da parte di molti Paesi rispetto alle istanze poste dall’Italia. Naturalmente, la battaglia è ancora lunga, ma il Governo la gioca con forza e credibilità, sapendo che molte regole e molti calcoli fatti prima di questa crisi ora non hanno molto valore e che se non pensiamo insieme a soluzioni adatte, non ci sarà futuro roseo per nessuno».
Che cosa si può dire alle famiglie italiane che guardano alla fase 2 per ripartire?
«Ci sono diverse situazioni in Italia e purtroppo in zone come il Piemonte è ancora importantissimo tenere la guardia molto alta. È difficile immaginare una fase successiva uguale per tutti, bisognerà valutare i problemi dei singoli territori e comportarsi di conseguenza».
Come si può attenuare il sentimento di paura che molti vivono in questo momento?
«La paura può essere utile, esiste proprio per risvegliare in noi maggiore attenzione, ma non dobbiamo esserne dominati. La giusta dose di timore serve a farci rispettare le restrizioni, ma bisogna ogni giorno essere fieri dei progressi fatti e la situazione è sempre più sotto controllo».
I provvedimenti del Governo possono davvero aiutare l’Italia a superare la crisi?
«Lo stanno già facendo. Alcune stime dicono che senza le misure di contenimento avremmo avuto decine e decine di migliaia di morti in più. Anche sul fronte economico, stiamo iniettando risorse come mai in precedenza».
Finora però sono arrivati nelle tasche dei cittadini solo i soldi concessi ai comuni per le situazioni di prima necessità. Perché?
«L’Inps durante il ponte pasquale ha completato oltre un milione e mezzo di domande per i 600 euro, soldi che stanno andando nei conti correnti già dal 15 aprile».
Burocrazia: riusciremo a cambiarla?
«Lo stiamo già facendo. Io personalmente sto intervenendo su molti processi e la digitalizzazione crescente ci aiuterà in tal senso».
Lei ha parlato di reddito di emergenza a fianco di quello di cittadinanza: quali le differenze principali?
«Saranno diversi i criteri di individuazione della platea. Inoltre, il reddito di emergenza è per definizione un aiuto transitorio, pensato per far fronte al blocco attuale delle attività in molti settori».
Il concetto di reddito di cittadinanza sembra aver assunto un valore più evidente in questa fase difficile per molti.
«Pensi a quanti tra quelli che lo criticavano adesso hanno fatto “mea culpa” e pensi come staremmo senza di esso in questa fase. Resta aperta la riflessione, rilanciata anche da Papa Francesco, su un reddito di base universale, tema di cui il M5S discute da anni».
L’Italia ha fatto un salto in avanti nell’utilizzo dei canali digitali per scuola e lavoro. Che ne pensa?
«Ne sono orgogliosa, ho imposto lo smart working nello stupore generale e si è rivelato la salvezza per i servizi della pubblica amministrazione. Nella scuola abbiamo faticato anni per le lavagne interattive, mentre in pochi giorni abbiamo messo in pratica l’e-learning. È stupefacente».
I problemi del sito Inps nei primi giorni di apertura alle domande in favore dei lavoratori autonomi: perché?
«Perché sono arrivate 4 milioni di domande in pochi giorni. Se c’è qualcuno che sa mettere a punto un sistema capace di reggere senza alcun problema, ci contatti. Abbiamo bisogno anche dei miracoli».
Che cosa resterà dello smart working dopo l’isolamento?
«Mi piacerebbe mantenere un 30-40% del lavoro in smart working, credo sia una meta ambiziosa, ma alla nostra portata».
Prima e dopo il virus: c’era bisogno di più assunzioni nella Pubblica Amministrazione e ce ne sarà anche in futuro?
«Certo, serve più personale dopo anni di tagli, ma soprattutto dipendenti più formati e con competenze nuove, adatte a condurre la Pa nel futuro».
Come cambieranno le modalità dei concorsi pubblici?
«Le stiamo semplificando, accorciando i tempi e definendo i nuovi know-how che servono negli uffici pubblici».
Riprendere a lavorare rispettando il distanziamento e altre misure: come sarà possibile?
«Osservando regole e protocolli che in parte sono già stati definiti grazie alla collaborazione con la comunità scientifica. I datori di lavoro dovranno farsi trovare preparati».
Ci parli del suo legame con Cuneo: come è cambiato da quando ha assunto il suo prestigioso incarico?
«A Roma c’è chi mi ha definita campanilista, però vado fiera del mio territorio. Ora sono sempre lontana, ma solo fisicamente».