«Fatto lo stesso errore che mai ho perdonato»

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Cara lettrice, mi rendo conto della difficoltà nell’accettare l’idea di essere diventata ciò che ha sempre disprezzato. In verità, non penso che sia una circostanza così rara, perché giudicare in maniera insindacabilmente negativa un comportamento altrui ci induce a ritenerci immuni dal ripetere l’errore. Invece, al contrario, in qualche modo ci predispone a ripeterlo.

Giudicare presuppone il ri­nunciare all’empatia con la persona che stiamo sottoponendo a valutazione. Ci induce a dire se quel comportamento sia sbagliato o meno. Però si finisce con il giudicare la persona e non l’atto in sé e il contesto in cui si è verificato. L’empatia serve per comprendere appieno lo stato d’animo altrui, sia che si tratti di gioia, che di dolore; è mettersi nei panni degli altri.

Evitare di farlo induce a pensare di essere più forti, migliori e quindi a ritenersi in grado di gestire meglio situazioni in cui, almeno ai propri occhi, il bene e il male sono nettamente divisi.

Si arriva spesso impreparati al momento in cui bisogna di­mostrare di saper fare la cosa giusta, a maggior ragione quando la cosa sbagliata non si presenta come così significativa.
Non ha tradito per un nuovo grande amore, ma per una piccola digressione sul tema, che pensava di poter controllare. Forse varrebbe la pena di far buon uso dell’empatia cercando almeno di mettersi nei panni del suo compagno (sempre che lei voglia proseguire il vostro rapporto, visto che non è chiaro).   Vivere facendo finta di nulla, ma con un pe­renne senso di colpa non sa­rebbe cosa buona e giusta per nes­suno. Dirglielo solo per scaricarsi la coscienza, risulterebbe allo stesso modo inutile.