«La nostra zona, per fortuna, è stata toccata solo marginalmente: in gran parte delle Langhe si sono verificati pochi casi di Covid-19 per cui le attività imprenditoriali si chiedono perché debbano continuare a sottostare alle stesse condizioni dettate per le zone duramente colpite dal virus, però è più forte la volontà di dare il proprio contributo per lasciarsi alle spalle questa emergenza e tornare quanto prima a una situazione di normalità». Una considerazione improntata al realismo, non priva d’intraprendenza, quella con cui il presidente dell’Associazione commercianti di Alba, Giuliano Viglione, apre la chiacchierata con IDEA in merito al momento che il mondo del commercio albese sta vivendo.
Presidente, proviamo a fare una fotografia della situazione per quanto riguarda il commercio?
«Il settore no food, che dovrebbe riaprire il 18 maggio, ha subìto danni gravi, soprattutto il settore moda, ed è in attesa di una ripartenza nella consapevolezza che le mancate vendite della primavera sono da considerarsi “perdita secca” irrecuperabile. Servono aiuti mirati, liquidità fresca e a fondo perduto. Possiamo dire che un settore in positivo c’è ed è quello del commercio di generi alimentari. I negozi di vicinato, visto l’obbligo imposto di acquistare entro i confini del comune di residenza, sono stati in parte riscoperti e soprattutto si è tornati a considerarli per quello che sono. Vale a dire, oltre ad un luogo di approvvigionamento, anche un presidio sociale importantissimo. Molte persone hanno apprezzato il rapporto qualità-prezzo e il servizio di consegne a domicilio, particolarmente prezioso in questa circostanza. Non solo per i comuni piccoli, dove tante volte può rappresentare l’unico servizio, ma anche per le città. Per esempio se nel quartiere Moretta di Alba chiudessero tutti i negozi di vicinato, io sarei costretto a fare acquisti altrove. Si sarebbe sguarnito e depauperato un quartiere della città. Il coronavirus ha messo in risalto anche questi aspetti che probabilmente le amministrazioni dovranno tenere in conto. Vorrei ricordare che in altri Paesi sono stati chiusi i supermercati per abbattere il rischio di assembramento, mentre i piccoli negozi hanno potuto continuare a lavorare o comunque sono stati o saranno i primi a riaprire».
Vedere in queste settimane via Maestra così sgombra di persone che effetto le ha fatto?
«Negli ultimi anni abbiamo subìto un’evoluzione della rete di distribuzione, con flussi di acquisto sempre più spostati verso le zone periferiche delle città e alcune problematiche collegate alla presenza dei negozi nei centri storici, come gli affitti decisamente più alti. Vedendo via Maestra vuota mi sono detto che ero di fronte a una proiezione futura, perché è così che i centri storici diventeranno se non saranno ascoltate le richieste del mondo del commercio da parte delle amministrazioni comunali. Strade deserte comportano anche il deprezzamento del patrimonio immobiliare di un centro storico che, nel caso di Alba, è bellissimo e da sempre vocato al commercio».
Crede che alcuni dei cambiamenti legati all’emergenza sanitaria, come il forte impulso dato a consegne a domicilio e asporto, potranno caratterizzare anche il dopo coronavirus?
«Credo che la ripartenza consista nel riprendere a fare ciò che facevamo prima. Per fortuna, la nostra zona era contraddistinta da un qualificato livello di servizi e la consegna a domicilio veniva già comunque effettuata, anche se non era così evidente. Una modalità di cui hanno usufruito in particolar modo i negozi di vicinato i quali potranno continuare ad avvalersene in futuro».
Qual è la sua posizione e dell’Aca sul Bonus Piemonte (soldi stanziati a fondo perduto per bar, ristoranti, gelaterie, pasticcerie, saloni di bellezza e altre categorie, ndr)?
«Indubbiamente positiva, si tratta di liquidità concreta per il mondo della ristorazione, dei mercati e prossimamente anche per gli esercizi in sede fissa, tra le imprese più colpite dall’emergenza coronavirus. L’auspicio è che nessuna altra attività venga dimenticata dalle sovvenzioni. Ringraziamo la Regione che si è fatta parte attiva nel soccorrere le attività in questa grave crisi economica oltre che sanitaria in cui versa tutto il settore commercio. Rimaniamo in attesa, invece, che si concretizzino gli aiuti promessi dallo Stato, sotto forma di credito agevolato, che doveva anche essere “veloce”. In realtà siamo delusi perché così non è: i finanziamenti non sono immediatamente fruibili come promesso perché frenati dalla solita burocrazia statale e anche bancaria, che implica procedimenti assai più macchinosi di quanto invece assicurato».
Cosa si attende dalle istituzioni, a livello regionale e nazionale, per favorire un ritorno alla normalità?
«Ci attendiamo, virus permettendo, che vengano dati segnali positivi da parte dei vari livelli istituzionali, in modo che le persone possano gradualmente riappropriarsi della loro libertà e delle loro abitudini ante-coronavirus. Ciò deve naturalmente avvenire nel pieno rispetto di tutte le norme di sicurezza che potranno essere messe in atto per favorire il ritorno alla normalità, ivi inclusi gli eventuali test sierologici agli operatori»
Con quale spirito si aspetta verrà affrontato il futuro prossimo?
«La volontà tipica, da buoni albesi, è quella di reagire e superare questo triste momento, come avvenne per esempio 25 anni fa, in risposta all’alluvione. È nel nostro carattere farlo e sono fiducioso che ce la faremo: siamo capaci e abbiamo le risorse per reagire. È chiaro che dobbiamo metterci tutti assieme, pubblico e privato, per individuare le priorità da cui partire».
«Si sta vedendo l’importanza dei negozi di vicinato»
Il presidente dell’Aca Giuliano Viglione fa il punto sul mondo del commercio albese